Prefazione – J.S. Mill, La Libertà
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/01/1925
Prefazione – J.S. Mill, La Libertà
John Stuart Mill, La Libertà, Gobetti, 1925, pp. 3-6
In tempi di mortificazione dello spirito, quando, per fiaccare le voci dei ribelli, si assevera dai dominatori l’unanimità del consenso interno, necessaria affinché la patria vigoreggi e sia rispettata dallo straniero, giova rileggere i grandi libri sulla libertà. Apro l’Areopagitica e leggo le seguenti parole che Giovanni Milton scriveva nel 1644:
«Quando una città è assediata e bloccata, quando i suoi fiumi navigabili sono corsi dal nemico e questo fa scorrerie ed assalti, fino quasi sotto le mura e nei sobborghi – il fatto che il popolo sia, più che in altri tempi, preoccupato di riforme, e disputi, ragioni, legga, inventi e discorra di cose sulle quali prima non si soffermava, è la dimostrazione del suo contentamento e della sua fiducia nei governanti ed è cagione che i cittadini dispregino bravamente e giustamente il nemico, quasi come in mezzo ad essi fossero numerosi i forti spiriti, costruiti a somiglianza di colui il quale volle acquistare a pieno prezzo il terreno su cui Annibale era accampato mentre si accingeva ad assediare Roma. Le discordie interne sono il vivo e promettente presagio di felici successi e di vittoria. Come, se in un corpo il sangue è pronto e lo spirito puro e vigoroso non solo per quanto tocca le facoltà vitali, ma anche per quelle razionali, noi possiamo concludere che il corpo medesimo è saldamente costituito e ben disposto; parimenti quando un popolo è così vivacemente acceso da poter non soltanto difendere la propria libertà e sicurezza, ma da gettarsi sui più saldi e sublimi argomenti di controversia, esso non ci appalesa degenerato né rilasciato verso una fatale decadenza, ma capace invece di spogliarsi della vecchia e rugosa spoglia corrotta sì da sopravvivere ai dolori presenti e crescere nuovamente in giovinezza, entrando nelle gloriose vie della verità e della virtù prosperosa».
«Io vedo» – continua il poeta del Paradiso perduto – «nella mia mente una nobile e potente nazione che si drizza come l’animo forte dopo il sonno ristoratore e scuote le chiome invincibili; la vedo come un’aquila la quale rinnovi la sua potente giovinezza ed infiamma i suoi occhi fermi al raggio del sole del meriggio, affinando la stanca vista alla fontana medesima della luce celeste; mentre con vano rumore gli uccelli timidi e quelli i quali amano il crepuscolo, svolazzano attorno a stormi, stupefatti al portamento dell’aquila e nel loro invidioso cicaleccio pronosticano un’era di scismi e di discordie».
Il breve libro sulla Libertà di Giovanni Stuart Mill si ripubblica in veste italiana in un momento nel quale il diritto di critica, di non conformismo, le ragioni della lotta contro l’uniformità hanno urgente bisogno di riaffermarsi. Come osserva l’autore nella sua Autobiografia il saggio sulla libertà lungamente meditato, e quasi in ogni frase scritto e riscritto, col consiglio della moglie, parecchie volte dal 1854 in poi, prima di essere pubblicato nel 1860, è quasi il libro di testo di una verità fondamentale: l’importanza suprema per l’uomo e per la società di una grande varietà di tipi e di caratteri e di una piena libertà data alla natura umana di espandersi in innumerevoli e contrastanti direzioni. «Se una particolare dottrina raccoglie attorno a sé la maggioranza dei cittadini ed organizza le istituzioni sociali e le azioni umane a propria immagine, l’educazione imprime il nuovo credo sopra le nuove generazioni ed a mano a mano acquista la medesima forza di compressione esercitata a lungo dianzi dalle credenze di cui la nuova dottrina ha preso il posto».
Il fascismo, sotto un certo rispetto, è il risultato della stanchezza che nell’animo degli italiani era cresciuta dopo le lunghe e rabbiose lotte intestine del dopo guerra ed è un tentativo di irreggimentazione della nazione sotto a una sola bandiera. Gli animi anelavano alla pace, alla tranquillità, al riposo e si acquetarono alla parola di chi prometteva questi beni.
Guai però se dalla naturale aspirazione a liberarsi dalla bestiale guerra civile in che era degenerata tra il 1919 ed il 1921 la lotta politica in Italia si cadesse senza contrasto nel conformismo assoluto al vangelo nazionalistico imposto dal fascismo! Sarebbe la morte della nazione. Colla abolizione della libertà di stampa, colla compressione della libertà del pensiero, con la negazione della libertà di movimento e di lavoro in virtù dei bandi e del monopolio delle corporazioni, il paese è risospinto verso l’intolleranza e la uniformità. Si vuole imporre con la forza l’unanimità dei consensi e delle idee perché si afferma necessario difendere la verità contro l’errore, il bene contro il male, la nazione contro l’antinazione.
A queste proposizioni mortificatrici, che già Milton reputava funeste, il saggio del Mill oppone la giustificazione logica del diritto al dissenso e la dimostrazione della utilità sociale e spirituale della lotta. È necessario rileggere la dimostrazione che il Mill dà dei seguenti immortali principi: «La verità può diventare norma di azione solo quando ad ognuno sia lasciata amplissima libertà di contraddirla e di confutarla. – È doveroso non costringere un’opinione al silenzio, perché questa opinione potrebbe essere vera. – Le opinioni erronee contengono sovente un germe di verità. – Le verità non contraddette finiscono per essere ricevute dalla comune degli uomini come articoli di fede, senza alcuna comprensione del loro fondamento razionale. – La verità, divenuta dogma, non esercita più efficacia miglioratrice sul carattere e sulla condotta degli uomini». Sillabo, conformismo, concordia, leggi regressive degli abusi della stampa sono sinonimi ed indice di decadenza civile. Lotte di parte, critica, non conformismo, libertà di stampa preannunciano le epoche di ascensione dei popoli e degli Stati.
Gli anni di forzato consenso da cui stiamo faticosamente uscendo hanno fatto nuovamente apprezzare agli italiani il diritto ed il vantaggio della discordia. Essi sentono che la libertà non è semplice strumento ma fine comune dal cui raggiungimento dipendono gli altri fini civili politici e spirituali della vita. Ma, forse, questa è ancora più un sentimento che una convinzione profonda. Il saggio del Mill, che i nostri vecchi prediligevano, ritorna dunque dinnanzi agli italiani nel giusto momento dell’ansiosa ricerca del fondamento e dei limiti dell’idea della libertà.