Prefazione – Bresciani-Turroni, Introduzione alla politica economica
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/01/1942
Prefazione – Bresciani-Turroni, Introduzione alla politica economica
Costantino Bresciani-Turroni, Introduzione alla politica economica, Einaudi, 1942, pp. 13-16
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L’Autore di questo libro non ha bisogno di essere presentato agli studiosi i quali in Italia ed all’estero si occupano di studi economici e statistici. Per gli studi compiuti sulla distribuzione dei redditi, sulle relazioni tra prezzi correnti e prezzi futuri, sull’influenza dei contratti a termine sui prezzi, sulle relazioni fra prezzi e sconto in periodo di breve durata, durante i cicli economici, e in lunghi periodi, sulle previsioni economiche, sulle verificazioni induttive della teoria dei pagamenti internazionali, sulle relazioni tra il raccolto e il prezzo del cotone egiziano ed altri molti che qui non accade di menzionare tutti, egli salì presto in fama, sicché talune tra le maggiori università italiane lo chiamarono a far parte del loro corpo accademico. Ora egli insegna a Milano, dopo una lunga dimora al Cairo, dove, col consenso del governo italiano, diede gran lustro alla nuova università nazionale fondata dal re Fuad.
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Un suo libro sul marco tedesco, apparso dapprima negli Annali di economia e ripubblicato in rinnovata veste in inglese col titolo di The economics of inflation segna una pietra miliare nella storia delle inflazioni monetarie. Vi si aggiunge ora questo nuovo libro, il quale riassume e riduce a sistema il pensiero prima esposto in saggi di riviste e volumetti come quelli in Mitteleuropa e sulla Politica commerciale dell’Italia pubblicati all’epoca della grande guerra. Se dovessi indicare in breve quello che a noi pare il carattere distintivo del libro per il pubblico colto, adopererei invece di «divulgazione» la parola «signorilità ». In fondo, dire di un’opera che essa è «di divulgazione» è affermare che l’opera è superflua per il tecnico competente, ed ha per il laico solo il vantaggio di riassumere i risultati che altri ha ottenuto con ragionamenti propri più rigorosi e con dimostrazioni originali.
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Quando invece dico che il libro di Bresciani è improntato a signorilità voglio significare che esso è il frutto di un pensiero suo, non il riassunto del pensiero altrui, ma che, pur essendo il risultato di lunga meditazione, è volutamente offerto in modo accessibile anche al pubblico colto. Scrivere un libro per specialisti è impresa che molti possono tentare; solo a pochi è dato di dettare pagine alle quali il critico specialista non può muovere rimprovero di condiscendenza alcuna alle esigenze dei laici e che ciononostante consentono all’uomo colto di penetrare ben addentro nel segreto del ragionamento economico. Sono convinto che ciò riesca a Bresciani quasi senza sforzo per una felice conformazione del suo cervello. Laddove in tanti libri di economica moderna occorre fare sommo sforzo per intuire vagamente concetti semplici, Bresciani risolve con spontaneità problemi complicati con ragionamenti semplici. La politica economica è divenuta, da quando malauguratamente fu in Italia fatta oggetto di un insegnamento particolare, repulsiva per l’impegno che i suoi cultori si presero di elevarla al grado di scienza al pari dell’economia pura. Impegno insulso; ché le scienze non nascono dall’essersi istituite cattedre o dal volere creare una teoria intorno ad un certo gruppo di problemi.
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Bresciani non si impaccia di questioni oziose, buone a far perder tempo ad insegnanti ed a studenti; non applica schemi teorici di moda ai problemi correnti; non si industria ad inquadrare i problemi vitali dell’economia contemporanea in uno schema dichiarato suo; non indaga se la politica economica sia una scienza pura od applicata, se i suoi principi siano politici od economici, o più l’uno che l’altro, non scomunica coloro che hanno forse un’idea diversa dalla sua di quella scienza, non afferma neppure che essa sia una scienza, né manifesta l’orrore che i puri hanno per coloro i quali capitano ad esporre i loro concetti in forma precettistica. Alieno dal discutere siffatte questioni oziose, le quali ingombrano i trattati scolastici, Bresciani entra invece senz’altro «in medias res» trattando dei problemi economici concreti che oggi si discutono nei congressi di governo e nelle assemblee legislative, nelle adunanze di interessati e nella pubblica stampa, partendo dalla discussione dei problemi generali – e vorrei esortare i lettori non adusati a meditare accuratamente il capitolo introduttivo, ed, occorrendo, a ritornarvi sopra ogni tanto durante la lettura del libro – e da questi passando via via a quelli più particolari purché siano problemi di sostanza, effettivamente esistenti ed importanti.
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Fa della politica, e come potrebbe non farla, trattandosi di discutere per lo più provvedimenti di intervento dello Stato nelle faccende economiche? ma ne fa coll’animo staccato dell’economista il quale, finché rimane tale, assume gli ordinamenti voluti dal legislatore come un dato di fatto, un punto di partenza e con tocco leggero si chiede quali furono in passato, quali probabilmente saranno gli effetti di quel decreto, di quella legge, di quella norma, singola, di quel sistema di politica economica. Quando loda, la lode si riassume nel dimostrare che i mezzi adottati dal legislatore per raggiungere un dato effetto sono congrui, rispondenti al risultato voluto.
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Quando critica, la critica consiste nel mettere in chiaro che i parecchi fini voluti contemporaneamente dal legislatore sono contraddittori e mutuamente si escludono, ovvero che i mezzi sono disadatti al raggiungimento del fine voluto o atti a raggiungere invece un fine diverso od opposto. Non sottopone a giudizio i fini voluti dai legislatori; esamina criticamente la possibilità della loro attuazione contemporanea ed i loro risultati. Dopo avere lungamente creduto anch’io che ufficio dell’economista non fosse di porre i fini al legislatore, bensì quello di ricordare, come lo schiavo assiso sul carro del trionfatore, che la Rupe Tarpea è vicina al Campidoglio, che cioè, qualunque sia il fine perseguito dal politico, i mezzi adoperati debbono essere sufficienti e congrui; oggi dubito e forse finirò col concludere che l’economista non possa disgiungere il suo ufficio di critico dei mezzi da quello di dichiaratore di fini; che lo studio dei fini faccia parte della scienza allo stesso titolo dello studio dei mezzi, al quale gli economisti si restringono.
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Ma debbo riconoscere che lo studio della congruenza dei mezzi ai fini e della coesistenza logica dei fini è, in confronto dell’altro, della dignità ed accettabilità dei fini, di gran lunga più arduo e certo altrettanto moralmente alto. I maggiori avanzamenti nella difficile costruzione di quella scienza dei mezzi limitati esistenti in confronto ai fini molteplici e illimitati che ha preso il nome di scienza economica, non furono compiuti dai veri indifferenti. Costoro sono sempre pronti ad offrire al politico il quale vuole raggiungere un fine o parecchi fini, forse a vicenda contrastanti, il sussidio di ragionamenti capziosi o parziali o sottaciuti.
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Solo chi profondamente sente il bene o il male proprio di certi fini è giunto alla dimostrazione scientifica piena della congruenza o della incongruenza dei mezzi all’uopo scelti. Appunto perché le dimostrazioni date da Bresciani della logica congruenza dei mezzi ai fini sono in sommo grado rigorose, appunto perché l’analisi logica dei vari tipi di politica economica compiuta da lui appare intieramente scevra da qualsiasi, pur lontanissimo, spunto di critica partigiana ed unicamente intesa alla ricerca del vero, appunto perciò il libro che qui si presenta è anche opera di bene e pienamente attua la sentenza del conte Camillo di Cavour: «l’economia politica è la scienza dell’amore della patria».