Opera Omnia Luigi Einaudi

Verso la soluzione

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 03/03/1902

Verso la soluzione

«La Stampa», 3 marzo 1902

 

 

 

A Roma si sono iniziate e seguitano le discussioni fra il Governo ed i delegati del Riscatto ferroviario. Noi, che fin dal giorno in cui la questione pareva giunta allo stadio acuto avevamo detto che si perdeva il tempo a discutere tra Governo e Società dell’organico e delle altre domande operaie senza ascoltare uno dei maggiori interessati, ossia il personale, non possiamo non compiacerci vivamente che si sia pensato a seguire questa via, che è l’unica ragionevole ed atta a condurre a risultati soddisfacenti.

 

 

In verità è difficile comprendere il motivo per cui si sia tardato tanto per arrivare a questo punto. Quando fra l’affittavolo di un fondo ed i contadini che lo lavorano sorge una questione riguardo alla misura del salario, l’affittavolo, per giungere ad un componimento, non si riduce a discorrere della cosa col proprietario del fondo stesso, ma discute massimamente coi contadini, cercando di persuaderli che egli può soddisfare i loro desiderii solo entro certi limiti e non più. Invece per le ferrovie i concessionari dell’esercizio volevano discutere la questione esclusivamente collo Stato, proprietario. È vero che lo Stato aveva il diritto di essere interrogato e di intervenire per le conseguenze che l’organico può esercitare sul rendimento della sua azienda dopo il 1904, ma non poteva dirsi che lo Stato potesse da solo rappresentare i ferrovieri, i quali, a difendere i propri interessi, avevano creato delle organizzazioni autonome.

 

 

Né le Società potevano trincerarsi dietro la pregiudiziale che esse non potevano riconoscere le organizzazioni dei loro dipendenti, poiché in fatto le avevano riconosciute ricevendo memoriali e rispondendo ai loro delegati. Questa fissazione, che non è propria solo delle Società ferroviarie, ma è comune a molti industriali, di non voler discutere a paro a paro con i propri dipendenti, non accresce per nulla il principio di autorità, e tende a trasformare le questioni tra capitale e lavoro da questioni di massima in questioni di puntiglio.

 

 

Non accresce per nulla il principio di autorità, poiché questo non rimane menomato se, dovendosi rivedere un contratto di lavoro, sia l’imprenditore che l’operaio ne discutono liberamente ed alla pari i patti. Il giorno dopo, conchiuso il nuovo contratto, ciascuno ripiglia il proprio posto, e gli uni comandano mentre gli altri obbediscono, come accade in ogni azienda bene ordinata. Trasforma invece le vertenze da questioni di principio in puntigli; poiché da una parte e dall’altra si finisce per tenere più alla forma che alla sostanza della cosa. E, come sempre, gli animi si irritano e si allontana la possibilità di una definizione pacifica.

 

 

L’avere invitato i ferrovieri a discutere col Governo dei loro interessi fu dunque un atto che parrà ai più giovevole a ricondurre la pace turbata nell’industria dei trasporti. Spesso un atto di deferenza torna più utile alla pacificazione degli animi che non una concessione sostanziale. Il fatto che il Governo, dopo averli militarizzati, si indusse a trattare coi rappresentanti dei ferrovieri darà a costoro un legittimo sentimento di compiacenza, e li renderà maggiormente inclini a discutere con pacatezza il pro ed il contro delle loro domande.

 

 

Si racconta che quando lord Rosebery, allora primo ministro dell’Inghilterra, fu chiamato arbitro in un gigantesco sciopero nelle miniere di carbone, abbia facilitato assai il raggiungimento di un’amichevole intesa tra imprenditori ed operai invitandone i rappresentanti ad uno splendido banchetto nel suo storico palazzo e facendo, a uomini venuti su in origine dal fondo nero delle miniere, la medesima accoglienza che avrebbe fatta a dei lords suoi pari. L’uomo è fatto così: male tollera di essere, sia pure velatamente, considerato come in una posizione inferiore, ed ascolta invece volontieri la parola di chi rispetta, anche nelle forme esterne, la persona da cui per caso si è separati da divergenze di vedute.

 

 

Un primo buon frutto possiamo frattanto già constatare di queste discussioni con la rappresentanza dei ferrovieri. Costoro, discutendo, si sono accorti che la bisogna era lunga e complicata, che i punti controversi e difficili erano molti; e si sono persuasi che era umanamente impossibile di definire ogni cosa con soddisfazione reciproca, anche lavorando molto, in pochi giorni; sì che hanno già aderito all’idea di prolungare la scadenza dell’ultimatum, il quale, come tutti sanno, scadeva il 4 marzo.

 

 

E così questa data, che tanti, malgrado l’ancora di salvezza della militarizzazione aspettavano con un certo timore, ora non incute più spavento; ed è sperabile che prima che scada la nuova data prefissa le parti si siano messe d’accordo od almeno si siano accordate su una nuova proroga.

 

 

In questo modo si trattano gli affari; non rimanendo armati gli uni contro gli altri, osservandosi in cagnesco e corrispondendo solo con missive; ma assidendosi attorno ad un tavolo comune e vagliando cifre, fatti e documenti.

 

 

Oggi non si può ancora dire che la questione sia stata risoluta, e che l’Italia possa dormire in pace completamente sicura. Forse si dovranno ancora superare gravi difficoltà, e le discussioni dovranno ancora prolungarsi prima di venire ad un intesa completa.

 

 

Ma un notevole passo è stato fatto; al che importava metterlo nel dovuto rilievo.

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