Un esempio di legislazione nazionalizzatrice sulle forze idrauliche.
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/10/1898
Un esempio di legislazione nazionalizzatrice sulle forze idrauliche.
«La Riforma Sociale», ottobre 1898, pp. 967-973
Negli ultimi anni la utilizzazione delle forze idrauliche ha compiuto giganteschi progressi, grazie specialmente alla dimostrata possibilità di trasmettere le forze a distanza. Molte cascate d’acqua, le quali prima erano abbandonate nelle gole delle nostre Alpi, divennero d’un tratto utilizzabili con profitto.
Le domande di concessione si moltiplicarono e la legislazione vigente del 1888 si rivelò in molti punti disadatta e difettosa. È recentissima la circolare del ministro dei lavori pubblici, Afan de Rivera, diretta a riservare allo Stato la disponibilità delle più importanti forze idrauliche; e sono note le polemiche sostenute dall’Afan de Rivera contro la Direzione delle ferrovie meridionali sulla “Nuova Antologia”, e le vivacissime proteste sorte da parte dei ceti industriali e di pubbliche rappresentanze contro una norma, la quale, sotto pretesto di riservare le forze d’acqua a beneficio della futura trazione elettrica, vietava ad intraprendenti ed audaci industriali di utilizzare con profitto dell’economia nazionale una forza motrice finora trascurata. Il Ministro dei lavori pubblici ha nominata una Commissione incaricata di studiare le modificazioni da apportarsi alle leggi ed ai regolamenti vigenti; ed è sperabile che i lavori della Commissione conducano a buoni risultati. Frattanto non mi è parso inopportuno di riassumere brevemente i concetti fondamentali della nuovissima legislazione sulle forze idrauliche adottata da uno Stato il quale coll’Italia ha sotto questo rispetto alcuni punti di rassomiglianza.
La Provincia di Ontario nel dominio del Canada è, come l’Italia, affatto provvista di carbone; e per questo motivo si è trovata finora in un manifesto stato di inferiorità, di fronte alle altre Provincie canadesi ed agli Stati Uniti, rispetto allo sviluppo delle sue immense risorse minerarie ed industriali.
L’Ontario possiede numerosissime cascate e fiumi a declivio rapido i quali oramai possono essere utilizzati colla trasmissione a distanza. I materiali greggi per molte industrie si trovano in immediata vicinanza: segherie, fabbriche di mobili, di carta di legno, di fiammiferi potrebbero sorgere e combinare l’abbondanza della materia prima col buon mercato della forza motrice. Miniere che ora giacciono intatte perché la tenuità della ricchezza in minerale puro consente solo una bassa spesa di lavorazione, potrebbero essere ultimate con profitto e fortuna. Gli immensi depositi di minerale di ferro a basso grado che si trovano al nord del Lago Superiore e sulla Seine sono spesso situati in vicinanza di cascate d’acqua capaci di fornire forze di centinaia e migliaia di cavalli ad un costo relativamente tenue.
Altre industrie, come lanifici, cotonifici, mulini e fabbriche di prodotti chimici potrebbero sorgere nei luoghi più convenienti per lo smercio ed ottenere facilmente la forza necessaria colla trasmissione elettrica.
La importanza straordinaria assunta dalle forze idrauliche per l’avvenire industriale ed economico dell’Ontario dopo le nuovissime scoperte nel campo della trasmissione a distanza, ha indotto il Governo a studiare disposizioni consentanee ai bisogni nuovi e conformi ai principii oramai radicati in tutte le colonie anglosassoni, rispetto alla concessione di quelle che si possono considerare come ricchezze naturali aventi carattere di monopolio: miniere, forze, acque e foreste, terreni.
I principii di questa nuova legislazione sono inspirati alle massime diffuse con tanta fortuna e tanto entusiasmo da Enrico George: le ricchezze naturali non devono essere monopolizzate da privati, ma devono essere riservate alla nazione. Se le miniere, le acque, le foreste e le terre sono concesse in assoluta proprietà a privati cittadini, non tarda a costituirsi una classe proprietaria, il cui unico intento non è già di utilizzare le forze messe a sua disposizione, ma bensì di estorcere il massimo canone possibile (“rendita di monopolio e differenziale”) ai veri imprenditori e lavoratori desiderosi di applicare capitale e lavoro alle forze gratuitamente donate dalla natura all’uomo. Siccome non è assolutamente possibile impedire il sorgere della rendita, siccome il monopolista di una ricchezza naturale esigerà sempre per la sua cessione il massimo prezzo possibile, così si attribuisca alla nazione intiera la proprietà delle ricchezze naturali.
Essa, unico monopolista, cederà l’uso delle ricchezze medesime agli imprenditori ed ai lavoratori temporaneamente ed in compenso di un canone corrispondente all’utilità che pei concessionari hanno le ricchezze cedute. La nazione in tal modo verrà a godere della rendita di monopolio e differenziale che ad essa sola spetta, perché essa sola, e non i singoli individui, è la rappresentante legittima delle collettività umane che si susseguono di generazione in generazione nel godimento dei beni gratuiti della natura. Le classi imprenditrici e lavoratrici troveranno d’altra parte con questo sistema un più vasto campo all’estrinsecazione delle loro energie che non sotto il regime della assoluta proprietà privata. Esse pagheranno alla nazione un canone per l’uso temporaneo delle ricchezze naturali ma il canone non sarà maggiore di quello che dovrebbero inevitabilmente pagare alla classe proprietaria; ed inoltre minori saranno le imposte che lo Stato dovrà far gravare sulle industrie e sui commerci, perché ad una parte delle spese pubbliche si potrà sopperire col ricavo dei canoni. Né qui si fermano i vantaggi della nazionalizzazione delle forze naturali. I privati proprietari concedono l’uso delle loro ricchezze monopolistiche soltanto quando la cessione sia conveniente, e sono indotti spesso a tenerle lontano dal mercato per farne aumentare il valore; di qui la speculazione accaparratrice che imperversa in tutti i paesi nuovi e che ora anche in Italia si esercita con accanimento rispetto alle forze idrauliche; di qui il costituirsi di giganteschi monopolii privati che diventano una minaccia perenne alla prosperità nazionale ed all’indipendenza dei poteri pubblici. La nazione invece, unica proprietaria e monopolista delle forze naturali, può concederle temporaneamente a vilissimo prezzo ai veri imprenditori collo scopo di far sorgere numerose e fiorenti industrie, salvo poi ad aumentare il canone fino al punto massimo economicamente possibile, quando, alla scadenza del primo periodo di affitto, le industrie siano costituite su salda base, i capitali, non più timidi come all’inizio, si accontentino di un tenue compenso, e la crescente popolazione reclami un allargamento delle funzioni dello Stato possibile solo con un corrispondente aumento delle entrate pubbliche[1] (1).
A questi principii fondamentali: impedire l’accaparramento da parte di speculatori, concedere con rapidità e facilità l’uso temporaneo delle forze idrauliche ai veri imprenditori ed industriali, riservare allo Stato la proprietà e la rendita delle acque pubbliche, si inspirano la legge approvata il 17 gennaio 1898 dal Parlamento dell’Ontario (“An Act respecting Water Powers”, 61 Vict. chap. 8) ed il regolamento adottato da un Order in Council del Luogotenente – Governatore in data 21 giugno 1898[2].
La legge è brevissima; in un unico articolo dà facoltà al Commissario delle terre della corona di riservare allo Stato, nella vendita dei terreni, le forze d’acqua insieme con un’area adiacente bastevole per erigere costruzioni ed impianti, e col diritto di aprire ed usare le strade necessarie per usufruire le forze d’acqua. Il Commissario potrà compilare un regolamento dove siano indicate le condizioni di vendita od affitto e di utilizzazione delle forze idrauliche. In virtù di questa legge fu emanato un regolamento, il quale si applica a quelle forze idrauliche che hanno almeno una potenzialità di 150 cavalli nelle condizioni normali e medie di basso livello d’acqua.
La forza idraulica insieme col terreno adiacente necessario per la costruzione di canali, tunnels, serbatoi, edifici industriali, ecc., per la utilizzazione dell’acqua costituisce una proprietà autonoma e separata dai circostanti terreni ed è regolata dalle norme che ora si espongono.
Chi desidera ottenere una concessione di forza idraulica deve presentare al “Department of Crown Lands” il piano compilato da un Ontario Land Surveyor munito delle seguenti indicazioni:
- a) La situazione delle forze idrauliche chieste, e la descrizione del terreno adiacente necessario per i lavori;
- b) L’altezza della caduta o rapida, il volume d’acqua nelle condizioni medie di alta e bassa venuta, la potenzialità stimata in cavalli vapore, l’altezza delle dighe o dei ripari che si intende costruire, e l’aumento nel livello dell’acqua che sarà probabilmente cagionato dai suddetti ripari o dighe;
- c) La natura e la situazione dell’industria, impianto o manifattura a cui è destinata la chiesta forza d’acqua, ed il numero dei cavalli che il postulante intende utilizzare entro due anni ed entro cinque anni;
- d) Il piano di utilizzazione della forza idraulica, coll’indicazione dei ripari, dighe, tunnels, sifoni, acquedotti, pozzi ed altre costruzioni od impianti, il costo stimato, e il modo di usare o trasmettere le forze coll’energia diretta, l’elettricità o l’aria compressa, ecc.;
- e) Il terreno od i terreni che sarebbero inondati od in altro modo danneggiati dall’innalzarsi del livello dell’acqua o dalla costruzione dei ripari, dighe, acquedotti, sifoni od altri lavori.
Il Commissario delle terre della Corona ha il diritto di richiedere misure, piani, descrizioni, livelli, schizzi ed ogni altra informazione che a lui sembri necessaria per bene valutare la domanda, il tutto a spese del postulante. Così pure non si potrà procedere alla costruzione dei ripari, dighe, tunnels, acquedotti, sifoni, canali, pozzi ed altri lavori senza che i piani siano stati in precedenza approvati dal Commissario.
Il postulante dovrà fornire le prove della sua situazione finanziaria e della sua capacità ad utilizzare la forza chiesta; le prove dovranno essere tali da soddisfare della veridicità dell’asserto il Commissario delle terre della Corona.
Tutte queste disposizioni, insieme con altre che vedremo poi, hanno per iscopo di assicurare lo Stato proprietario delle forze d’acqua che queste non saranno concesse ad uno speculatore desideroso unicamente di rivendere con guadagno l’ottenuta concessione, ma bensì ad un vero e proprio imprenditore. Seguono le norme relative alla concessione della forza.
Questa è sempre temporanea. L’affitto dura dieci anni, col diritto di rinnovo per un ulteriore periodo di dieci anni, se i patti sono stati osservati, e col diritto ad una seconda rinnovazione per venti anni a quelle condizioni ed a quel canone che saranno prescritti dalle leggi e dai regolamenti del tempo. La rendita dovrà essere pagata ogni anno anticipatamente nella somma fissata dal commissario.
Il diritto del concessionario è dunque limitato alla durata massima di quarant’anni. L’intiero periodo è poi diviso in varie parti in modo che non adempiendosi alle condizioni del contratto, possa questo essere risolto, ed inoltre possa essere aumentato il canone qualora il valore d’uso della forza d’acqua sia accresciuto per le mutate e più prospere condizioni economiche del paese.
Norme particolareggiate regolano l’esercizio della concessione d’acqua. Se un postulante desidera utilizzare non più della metà della forza chiesta, il commissario può concederla, riservandosi il diritto di concedere ad altri la rimanente metà insieme colle necessarie aree adiacenti. La concessione delle forze d’acqua non potrà diminuire o danneggiare il diritto legale dei proprietari di boschi di far discendere la legna lungo i fiumi o torrenti. L’affittuario non potrà impedire od ostruire la navigazione di nessun fiume, torrente o corpo d’acqua navigabile e dovrà provvedere alla costruzione di canali, passaggi, ecc., per sormontare i lavori da lui eretti.
Il concessionario dovrà utilizzare, entro il periodo indicato nel contratto di affitto, almeno la metà della forza ottenuta e dovrà utilizzare la residua parte entro un ulteriore periodo indicato pure nel contratto. Esso dovrà permettere che altri usi la parte della forza idraulica da lui inutilizzata e non necessaria per la sua industria o manifattura. Le condizioni della sub-concessione saranno stabilite di comun accordo fra l’affittuario ed il terzo richiedente; non accordandosi le parti, il governatore con un “Order in Council” fisserà le condizioni in guisa definitivamente obbligatorie per le parti. Anche questa norma ha per iscopo d’impedire l’accaparramento delle forze idrauliche da parte di una classe proprietaria a danno degli industriali desiderosi di utilizzarle. A rendere difficile l’accaparramento si aggiunga che il concessionario, il quale non possa o non voglia eseguire il contratto di affitto o tardi a pagare il canone annuo dopo novanta giorni dalla scadenza, è senz’altro dichiarato decaduto da ogni diritto. Del pari, se dopo iniziata l’utilizzazione della forza idraulica in tutto od in parte, il concessionario trascurasse di trarne prò per un anno continuo sia a proprio vantaggio che dei suoi clienti, il governatore potrà dichiarare il contratto d’affitto nullo e risoluto, a meno che il concessionario provasse la negligenza essere dovuta a forza maggiore.
È evidente che le norme ora esposte garantiscono a sufficienza agli industriali di ottenere l’uso delle forze idrauliche ad un equo canone senza dover passare attraverso le forche caudine degli accaparratori e per un tempo sufficiente (40 anni) ad ammortizzare tutto il capitale d’impianto. Lo Stato ottiene lo scopo di sviluppare prontamente le risorse del paese ed è sicuro che il meccanismo della concorrenza gli attribuirà l’intiero valore di monopolio delle acque pubbliche. Se uno solo è il postulante, il canone è fissato dal commissario delle terre della Corona secondo equità e secondo i dati precisi e scientifici fornitigli sulla importanza della forza chiesta; se i postulanti sono parecchi il commissario ha facoltà, non l’obbligo, di mettere la forza d’acqua all’incanto per attribuirla al maggior offerente. È questa una via di mezzo fra il sistema del diritto del primo postulante od inventore ed il sistema dell’incanto, e la lata discrezione lasciata al commissario in questo argomento, come pure le ampie facoltà attribuitegli in genere se potrebbero riuscire pericolose in contrade a tipo di burocrazia onnipotente e corrotta, non possono essere fonte di inconvenienti laddove sono ignote le accuse di immoralità ai pubblici ufficiali e dove è vigilante e continuo il controllo della pubblica opinione.
Il concessionario, come appare da tutto il contesto della legge, non è assoluto proprietario della forza d’acqua, ma solo usufruttuario “pro tempore”, e deve perciò restituire la forza ottenuta in buone condizioni alla fine del periodo d’affitto.
A tale intento una clausola del contratto impone che l’affittuario durante il periodo d’affitto mantenga in buone condizioni e ripari efficacemente tutti i ripari, dighe, tunnels, acquedotti, sifoni, canali, pozzi ed altre costruzioni e lavori necessari per utilizzare la forza idraulica; gli vieta di danneggiarli o distruggerli in tutto od in parte, in guisa che la loro utilità non sia menomata per nulla alla fine del contratto.
Allo spirare della locazione la forza idraulica ritornerà allo Stato e ridiventerà di sua assoluta proprietà come se l’affitto non fosse mai stato concesso, insieme con tutti i ripari, dighe, tunnels, acquedotti, sifoni, canali, pozzi ed altre costruzioni o lavori eretti dal concessionario e tutti gli edifizi e le terre comprese nell’affitto. Il concessionario avrà unicamente il diritto di asportare le macchine da lui impiegate per utilizzare la forza idraulica entro un tempo ragionevole da fissarsi dal commissario delle terre della Corona. Spirato il termine concesso senza che l’esportazione abbia avuto luogo, il macchinario diventerà proprietà dello Stato.
A molti sembrerà ragionevole la decadenza de]l’affittuario dal diritto d’uso della forza idraulica; ma la confisca senza compenso di tutte le costruzioni ed opere compiute coi capitali dell’affittuario apparirà eccessiva ed ingiusta. Eppure lo Stato ha con tale norma seguito, ed a ragione, il sistema adottato nei paesi anglo-sassoni da tutti i proprietari privati, i quali pensano che nessuna norma di giustizia venga lesa e nessun interesse legittimo danneggiato, quando l’affittuario è avvertito fin dall’inizio della locazione che allo spirare del periodo prestabilito il proprietario rientrerà in possesso non soltanto del nudo suolo, o delle miniere o della cascata d’acqua, ma anche di tutti i miglioramenti operati da lui colla sua intelligenza e coi suoi capitali. L’unica conseguenza si è che l’affittuario farà in modo di ammortizzare durante il periodo d’affitto tutto il capitale d’impianto e corrisponderà allo Stato un canone diminuito in corrispondenza dei maggiori gravami a lui imposti dall’obbligo dell’ammortizzazione.
Colla reversione allo Stato dei miglioramenti compiuti dall’affittuario, questi non rimane menomamente danneggiato e nel tempo stesso viene tolto l’adito ad ogni contesa sulla possibilità o meno di conciliare i diritti dello Stato proprietario della forza idraulica e del privato proprietario dei miglioramenti. Dannosa laddove il periodo dell’affitto è troppo breve per permettere l’ammortizzazione intiera del capitale d’impianto, la confisca dei miglioramenti invece non solo è norma di buona e saggia amministrazione del patrimonio pubblico, ma è eziandio stimolo potente per indurre i concessionari ad ammortizzare rapidamente i capitali d’impianto, condizione precipua di successo in tempi nei quali la scienza rinnovella continuamente i procedimenti tecnici di tutte le grandi industrie progressive.
Le norme ora esaminate della legislazione sulle forze idrauliche dell’Ontario forse non possono, senza accurate modificazioni, applicarsi in tutti i paesi dove si sente il bisogno di regolare opportunamente l’uso di una così preziosa ricchezza naturale; ma i concetti fondamentali che presiedono alla legislazione di un paese nuovo come l’Ontario meritano di costituire il fondamento della legislazione dell’Italia, anch’esso paese quasi nuovo sotto il rispetto dello sfruttamento delle cascate d’acqua.
La tutela delle forze idrauliche nell’interesse nazionale potrà forse essere in Italia il primo atto di resipiscenza contro l’infausta politica che nel periodo di formazione dello Stato italiano ha sperperato, sotto colore di favorire l’iniziativa individuale, il magnifico nostro demanio terriero a vantaggio unicamente del latifondismo neghittoso e con danno grave delle popolazioni di campagna prive dei diritti d’uso sulle terre comunali ed ecclesiastiche, ed invano allettate dalla illusione di acquistare e di conservare la proprietà assoluta della terra fecondata dal sudore di generazioni dei loro antenati.
[1] Cfr. gli scritti del George e la ricchissima letteratura americana ed australiana sull’argomento. In Italia è notevole sopratutto l’incompiuto lavoro di UGO RABBENO: “La questione fondiaria nei paesi nuovi”. – Torino, Bocca, 1898. Sulla “nazionalizzazione delle miniere” ho scritto un capitolo in un lavoro sulla “Rendita mineraria” di prossima pubblicazione nel quarto volume della quarta Serie della “Biblioteca dell’Economista”, dove sono discusse anche le modalità e le difficoltà di attuare l’idea nazionalizzatrice.
[2] Vedi il testo della legge e del regolamento in “Seventh Report of the Bureau of Mines of Ontario”. “Third Part”. (“Thomas W. Gibson Water. Powers of Ontario” pag. 251 – 56), Toronto, Warwick Bro’s and Rutter, 1898. I rapporti dell’Ufficio delle miniere (giunti ora al settimo volume) e dell’Ufficio delle Industrie (di cui se ne sono già pubblicati quindici) della provincia di Ontario nel Canadà costituiscono, specie per l’intelligente opera dei direttori signori “Archibald Blue” e “C. C. James”, una preziosa fonte di fatti economici relativi a quella, interessantissima fra tutte, regione del dominio canadese.