Trent’anni di risparmi postali (1876-1905)
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 06/01/1908
Trent’anni di risparmi postali (1876-1905)
«Corriere della sera», 6 gennaio 1908
Il servizio delle casse postali di risparmio ha oramai un’importanza eccezionale nel nostro paese. Non sono alcune decine e nemmeno alcune centinaia di milioni che la minuta gente italiana ha depositato alle casse postali; ma è una cifra che da quasi tre anni ha superato il miliardo per le sole operazioni ordinarie ed aspira a raggiungere rapidamente culmini ben più elevati. Al 31 luglio 1907 i depositi ordinari giungevano ad 1 miliardo e 307 milioni di lire, a cui si dovevano aggiungere 17 milioni di depositi giudiziali. È una somma ingente, la quale ha consentito all’on. Carcano di prevedere nella sua esposizione finanziaria una disponibilità tra depositi nuovi e interessi capitalizzati di più di un miliardo e mezzo dal 1 gennaio 1908 al 31 dicembre 1918 e di fare calcoli fondati sul loro impiego. Per lo Stato le casse postali, assorbendo il piccolo risparmio delle campagne e dei minori borghi, sprovveduti di banche e di casse autonome, sono di aiuto grandissimo, perché evitano ad esso ed insieme alle Provincie ed ai Comuni di fare emissioni sul mercato di titoli di debito ferroviario o per opere pubbliche locali. Nei momenti di crisi finanziaria, Stato ed Enti locali dovrebbero pagare il denaro ad un interesse elevato ed è per essi una vera fortuna poter ricorrere ai depositi delle casse postali, corrispondendo un interesse mitissimo che oggi tocca appena il 2.64%.
Importa dunque seguire più davvicino di quanto non sia consentito dalle notizie sommarie ora ricordate il movimento del risparmio postale.
Disgraziatamente l’ultima statistica annuale, pubblicata di questi giorni, si riferisce non al 1906, come sarebbe stato ragionevole sperare, ma appena al 1905. È il solito ritardo che dobbiamo lamentare nella pubblicazione delle statistiche nostrane e ne scema il valore, che è spesso grandissimo per la diligenza con cui esse sono compilate. Malgrado ciò la statistica delle Casse postali italiane del 1905 è tuttavia oltremodo interessante.
Quintino Sella quando istituì questo servizio non avrebbe immaginato forse che sarebbe passato da 15 impiegati nel 1876 a 411 nel 1905, da 1989 a 5991 uffici autorizzati, da 141.736 a 6.388.786 operazioni annuali, da 61.350 a 5.527.322 libretti in corso (oltre a 4.063.010 libretti ultimati, estinti e smarriti). L’incremento delle somme depositate, ritirate e residue non fu meno notevole. Nel primo anno della istituzione del servizio (1876) si fecero depositi per lire 3.709.357,04 a cui si aggiunsero L. 32.782,02 di interessi capitalizzati; in tutto L. 3.742.139,06 da cui detraendo L. 1.298.735,03 di rimborsi, si otteneva un meschinello fondo di lire 2.443.404,03 residue alla fine dell’anno. Nel 1905, passato un trentennio preciso, tutte le cifre sono ingigantite. I depositi dell’anno giungono a L. 545.697.922 a cui si aggiungono lire 26.153.401 di interessi capitalizzati, formando una somma totale di L. 571.851.323. I rimborsi essendo stati di L. 486.939.926, l’eccedenza dei depositi sui rimborsi è nell’anno di L. 84.911.397, i quali aggiungendosi alle eccedenze di tutti gli anni decorsi, fanno sì che i depositi residui alla fine dell’anno siano giunti ad 1 miliardo, 68 milioni e 384.660 lire. Oggi siamo già arrivati al di là dei 1300 milioni, come osservammo sopra; ma già il risultato ottenuto in 30 anni di penetrazione del risparmio postale nel paese era davvero magnifico.
Sul miliardo e 68 milioni esistenti al 31 dicembre 1905 nelle casse postali 753 milioni e 697 mila lire risultavano da depositi propriamente detti, mentre 314 milioni e 686 mila lire provenivano dalla capitalizzazione dei mitissimi interessi – del 3% dal 1876 al 1878, del 3.50% dal 1879 al 1886, del 3.25% dal 1887 al 30 giugno 1895, del 3% dal 1 luglio 1895 al 31 dicembre 1897, del 2.88% dal 1 gennaio 1898 al 30 giugno 1901, e del 2.76% dal 1 luglio 1901 al 30 giugno 1904 e del 2.64% dal 1 luglio 1904 in poi – pagati dalle casse postali. Tanto è grande la virtù del risparmio da mettere insieme coi centesimi e colle lire non ritirate a fine d’anno le centinaia di milioni!
Vario è il contributo che danno le regioni d’Italia al risparmio postale.
La Lombardia al 31 dicembre 1905 aveva depositato solo 93 milioni contro i 208 del Piemonte ed i 104 della Liguria; ma la tenuità relativa della cifra agevolmente si spiega colla mirabile organizzazione della Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde, che ha disseminato di succursali ed agenzie tanta parte degli industriosi e ricchi borghi lombardi. Il Veneto aveva un risparmio postale di 42 milioni, l’Emilia di 28, le Marche di 10, l’Umbria di 5, la Toscana di 63, il Lazio di 185, gli Abruzzi di 26, le Puglie di 35, la Basilicata di 21, la Calabria di 32, la Campania di 90, la Sardegna di 23, e la Sicilia di 92 milioni di lire. Notisi che le regioni centrali e meridionali danno un contributo al risparmio postale maggiore, tenuto conto della ricchezza, delle regioni settentrionali. Qui Casse autonome di risparmio, Banche potenti, Istituti di credito popolare rivaleggiano colle Casse postali nell’attirare i depositi medi e piccoli; mentre nelle regioni ove difettano gli organi del credito, meglio si esplica l’azione feconda dello Stato. Si noti ancora che le regioni nelle quali nel 1905 fu più rapido l’incremento dei risparmi non sono quelle settentrionali (Piemonte 5.58% di aumento sull’anno precedente, Lombardia 3.90, Liguria 6.84, Veneto 3.08) ma alcune meridionali, coma la Sardegna, col 10.61%, la Basilicata col 16%, le Puglie coll’11.09%, l’Umbria coll’11.49%, trascurandosi, per la sua situazione singolare, il 27.77% del Lazio. Erano gli effetti di quelle rimesse degli emigranti italiani all’estero, effetti che si intensificarono nel 1906 e nel 1907 e sono giunti a tal segno da costituire fondi cospicui nelle casse postali di borghi rurali, prima poverissimi, del mezzogiorno.
Confortante è a questo riguardo l’aumento delle operazioni compiute per conto d’italiani residenti all’estero. Nel 1890, anno in cui si incominciò questo servizio, i libretti emessi furono 87 con un credito alla fine dell’anno di L. 72.846. Nel 1905 i libretti emessi erano 43.634 su cui si fecero nell’anno depositi per L. 37.452.242 e si ordinarono rimborsi all’interno per L. 3.671.730 ed all’estero per L. 836.880, ossia in tutto per L. 4.508.611. Sommando l’eccedenza dei depositi sui rimborsi avutasi nel 1905 con quelle cospicue degli anni precedenti, il credito degli italiani residenti all’estero giungeva alla fine dell’anno alla bella cifra di 117 milioni e 46 mila lire. Da altra fonte si ricava che nel 1906 e nel 1907 il progresso in questo ramo continuò stupendo, sì che al 31 luglio 1907 i risparmi postali degli italiani all’estero giungevano a 207 milioni e 697 mila lire.
Scarsi invece furono i risultati della raccolta dei risparmi nelle scuole ad opera dei maestri. Nel 1876 si erano fatte 89.541 operazioni raccogliendo 32.048 lire; e si era giunto ad un massimo nel 1888 con 833 mila operazioni e 548 mila lire raccolte. Dopo d’allora, attraverso ad oscillazioni varie, cominciò la discesa, arrivandosi nel 1905 appena a 130.281 operazioni e 175.112 lire raccolte. Sia che i maestri elementari non sappiano o non si curino più di insegnare ai loro piccoli alunni la virtù del risparmio (vi erano 4536 i maestri raccoglitori nel 1904 e discesero a 3347 nel 1905), sia che gli alunni amino meglio depositare direttamente i loro denari alla posta, sia che preferiscano alcuni iscriversi alla Cassa nazionale di previdenza, o all’opera dei maestri facciano concorrenza le casse rurali, certo è che gli alunni d’oggi dimostrano poca propensione per questa maniera di risparmiare e mettere a frutto le loro piccole risorse.
Per amministrare un miliardo e 68 milioni di depositi occorrono spese rilevanti che in Italia ammontarono nel 1905 a 2.874.620 lire. Il direttore generale nota nel suo rapporto che l’Italia è forse il grande paese in cui le spese di amministrazioni sono relativamente più tenui; poiché si spendono soli 27 centesimi per ogni 100 lire di depositi, mentre la Bulgaria ne spende 32, la Francia 37, la Gran Bretagna 34, i Paesi Bassi 39, la Svezia 47, l’Ungheria 48, l’Austria 45 e soltanto il Belgio con 20 centesimi, e la Rumenia con 17 sono più economici di noi. Ma anche da noi la spesa unitaria va crescendo, poiché era solo di 24 centesimi e mezzo nel 1901. Oltre alle spese di amministrazione, il servizio dei risparmi costò L. 13.550,40 per tramutamenti di rendite, L. 1.523.367 di spese eventuali, che non si sa cosa siano ma devono essere spese davvero straordinarie, se nel 1902 toccarono appena 21 lire, L. 3.874.840 di imposta di ricchezza mobile sugli interessi ai librettisti, L. 166.274 di imposta sugli utili e L. 26.288.735 di interessi ai librettisti. Alle spese totali in L. 34.741.388 si contrappongono L. 39.737.837 di reddito lordo dei capitali depositati nelle casse; sicché l’utile netto del servizio si residua a L. 4.996.447. Questa somma rilevante fu distribuita così: L. 1.498.934 al fondo di riserva, che raggiungeva al 31 dicembre 1905 la cifra di L. 16.263.272 per i depositi ordinari, L. 494.097 al tesoro dello Stato e finalmente L. 3.003.415 alla Cassa nazionale di previdenza degli operai.
Così il risparmio degli umili va soprattutto a vantaggio degli umili; e gli utili delle casse postali che avrebbero recato uno scarsissimo beneficio individuale se distribuiti direttamente ai depositanti, contribuiscono a formare il fondo delle pensioni agli operai vecchi ed invalidi. Sono 21 milioni e 58 mila lire che le Casse postali hanno sinora versato a questo nobile fine; e non è questo uno dei minori vantaggi della istituzione postale che oramai distende i suoi rami su tutta l’Italia.