Sulle statistiche agrarie italiane
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/02/1899
Sulle statistiche agrarie italiane
«Rivista critica del socialismo», febbraio 1899, pp. 162-164
L’Avv. Malatesta-Covo ha fatto nel primo numero della “Rivista Critica” un diligente studio sui dati offerti dall’Annuario statistico relativamente alla produzione agraria italiana. Egli è giunto alla conclusione che l’agricoltura regredisce sotto tutti gli aspetti.
La conclusione sarebbe desolante se fosse basata su dati esatti; ma così non è. È noto a quelli che se ne devono occupare, come i dati sulla produzione agraria raccolti dalla Direzione generale di agricoltura e sunteggiati nell’Annuario statistico meritino una scarsissima fede ed anzi debbano essere affatto ignorati se si vogliono avere notizie esatte. Del resto gli Annuari del 1892 e del 1895 dicono abbastanza chiaramente quanto grande sia la incertezza delle notizie in essi raccolte.
La ragione ne è semplicissima. Fino al 1895 il Ministero diramava delle circolari che le Prefetture inviavano ai Sindaci e che questi facevano riempire dai segretari comunali. I segretari hanno molte cose da fare, e riempivano le schede ad occhio e croce, sbagliando, quando volevano essere esatti, del 50 o del 100 per cento e talvolta in certi casi fenomenali di negligenza e di ignoranza del 100 per 1. Si aggiunga che non sempre gli sbagli erano involontari e dovuti ad ignoranza o trascuratezza, ma erano voluti per il timore diffuso dappertutto che le statistiche chieste dal Governo siano i prodromi di nuove imposte. Io conosco un paese dove sistematicamente il segretario ribassava dove della metà, dove dei tre quinti o dei tre quarti i varii prodotti del luogo in previsione della catastazione prossima. Se si pensa che un ragionamento identico sarà stato fatto da tutti i suoi colleghi, si potrà comprendere la ragione di certe cifre ridicolmente basse e lontane dalla verità.
Questi gli errori, quando i segretari comunali corrispondevano, ma nel 25-30 per cento dei casi alle continuate sollecitazioni della prefettura essi rimanevano sordi. Ed allora un impiegato della prefettura riempiva bravamente i vuoti e mandava le schede a Roma. Una somma di dati erronei non può rappresentare la verità. La Direzione generale dell’agricoltura ne era tanto persuasa che nel 1896 il servizio delle statistiche agrarie fu sospeso ed i dati relativi agli anni 1896 e 1897 che figurano nell’Annuario 1898 per qualche prodotto principale risultano da indagini fatte dalla Direzione suddetta per mezzo dei Direttori delle scuole e delle stazioni agrarie e di valenti agricoltori.
Per chi abbia qualche famigliarità colle campagne, il supporre che per le alcune centinaia di amici dell’agricoltura che fanno i corrispondenti statistici gratuiti, possano riescire a fornire dati esattamente corrispondenti alla verità è un assurdo. Al più i dati dell’Annuario rappresentano la media del luogo dove si trova il corrispondente.
È una verità un po’ mortificante per noi, ma è certo che in Italia non esiste statistica agraria. Noi non possiamo dire in base ai dati ufficiali se si sia progredito o regredito in fatto di produzione.
Per quel che vale, la impressione corrente nel mondo agricolo è che i progressi siano stati negli ultimi anni notevoli, e se ne vadano compiendoli quelli ancora maggiori.
In questo momento mi capita sotto gli occhi il numero del gennaio 1899 dell’Agricoltura Subalpina, pubblicazione dell’Ufficio Agrario Provinciale di Cuneo, dove uno dei più valenti agricoltori della Provincia, Sebastiano Lizzone, scrive: “fra le numerose statistiche che fanno il giro dei giornali ve ne ha una che pare creata apposta per deprimere, umiliare gli agricoltori.
È quella che indica la produzione annua del grano in Italia, che alcuni pretendono in diminuzione sia complessivamente, sia nella quantità media per ettaro. Ora, dopo l’introduzione degli aratri perfezionati, dopo le migliorie dei sistemi colturali, se non generalizzate, certo assai diffuse, e più dopo l’impiego continuamente crescente dei concimi chimici, è impossibile che la produzione generale non sia aumentata. Che se è costante l’importazione di frumento estero, ciò deriva dal miglioramento dell’alimentazione del popolo; e se fra gli agricoltori proprietari sono più stridenti i lagni, egli è che più intenso è il desiderio del benessere contrastato dall’aumento delle spese e della voracità dell’esattore”.
Ciò che il Lizzone dice per la provincia di Cuneo e per il grano, altri dicono ogni giorno sui giornali agrari per altre provincie ed altre culture.
Basta ricordare i progressi enormi dell’agricoltura piacentina e friulana, dove le medie della produzione granifera per ettaro tendono non ai 9 ettolitri per ettaro, come vorrebbero farci credere le statistiche ufficiali, ma ai 30, per persuaderci che lo stato dell’agricoltura nostra, se non è del tutto roseo, non è nemmeno di colore così oscuro, come lo dipinge il Malatesta-Covo.
Certo le impressioni dei discorsi e delle escursioni possono condurre a generalizzare troppo. Ma gli sbagli saranno sempre minori che non con le illazioni tratte dalle statistiche ufficiali.
Dalle statistiche alcuni pretendono cavare troppe cose, mentre altri credono che non servano a nulla. La verità sta nel mezzo. Le statistiche dicono poche cose sicure a chi le investiga con pazienza e con criterio. Ed il primo criterio e più importante nell’uso delle statistiche si è la necessità di sottoporle ad una critica rigorosa prima di servirsene. Gli storici prima di accingersi a fare la storia, fanno la critica delle fonti; se il Malatesta avesse fatto la critica delle fonti delle statistiche da lui adoperate, probabilmente non avrebbe scritto il suo articolo o l’avrebbe scritto in modo molto diverso.