Recensioni – Giugno 1940 (Riv. Stor. Eco)
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/06/1940
Recensioni – Giugno 1940 (Riv. Stor. Eco)
«Rivista di storia economica», V, n. 2, giugno 1940, pp. 130-35
Luigi Bottini: “Cenno storico su la R. Accademia dei georgofili di Firenze dal 1765 al -1929”. Tip. Mariano Ricci, Firenze, 1931. Un vol. in ottavo, 96 pp. S. i. p.
“Catalogo delle memorie e comunicazioni scientifiche contenute negli atti accademici della R. Accademia dei georgofili a tutto il 1933”. A cura del “Deposito edizioni” Firenze, 1934, Un vol. in ottavo, 6 n. n., 164-I n. n., pp. s. i. p.
“Catalogo del Giornale agrario toscano”. Tip. Mariano Ricci, Firenze, 1936. Un vol. in ottavo, 213 pp. S. i. p.
“La mezzadria negli scritti dei georgofili (1873-1929)”. vol. terzo della “Biblioteca di cultura per i rurali”. G. Barbera, Firenze, 1935. Un vol. in ottavo, VIII-277 pp. L. 20.
Poiché nel quaderno di giugno 1938 di questa rivista fu annunciato il primo volume della raccolta, intrapresa dal marchese Luigi Bottini, degli scritti pubblicati tra il 1833 ed il 1872 dagli accademici georgofili intorno alla mezzadria, qui si annuncia il secondo nel quale si contengono scritti venuti alla luce tra il 1873 ed il 1929 intorno al medesimo problema. E si aggiunge l’elenco di altri scritti che prima e poi furono composti dal benemerito segretario agli atti della antica accademia fiorentina allo scopo di illustrare la storia di questa e di fornire agli studiosi l’elenco per autori degli articoli pubblicati fino al 1933 nelle cinque serie degli atti accademici e quello per materie degli studi usciti sul “Giornale agrario toscano”, che dal 1827 al 1865 venne alla luce sotto gli auspici dell’accademia. I volumi sono un prezioso strumento di ricerca per quanti intendono studiare le vicende dell’agricoltura e della economia agricola in Toscana nel tempo corso dalla fondazione dell’Accademia nel 1753 ad oggi. La silloge di scritti sulla mezzadria contiene scritti di uomini insigni come il marchese Luigi Tanari, il prof. Gerolamo Caruso, il barone Sydney Sonnino, il conte Francesco Guicciardini, l’avv. Pier Francesco Serragli, il prof. Giuseppe Tassinari ed il dott. Bernardino Petrocchi. Il Bottini, che la compilò, la distinse in tre parti: la mezzadria e la crisi, la mezzadria ed i moti sociali dal 1873 al 1914, la mezzadria ed i problemi dal 1914 al 1929; e ad ognuna fece precedere una succinta notizia intorno all’occasione delle memorie ed ai dibattiti che esse promossero.
Arrigo Serpieri: “La stima dei beni fondiari”. G. Barbera, Firenze, 1939. Un vol. in 8, VIII-314 pp. L. 30.
“Costi, rendimenti, imposte nell’agricoltura”. Barbera, Firenze, 1939. Un vol. in ottavo, IX-198 pp. L. 30.
“Corso di economia e di politica agraria”. Primo. “L’agricoltura nell’economia della nazione”. G. Barbera, Firenze, 1929. Un vol. in ottavo, XVI-582. L. 80.
I due primi volumi, settimo ed ottavo della “Biblioteca di cultura per i rurali”, pubblicata sotto gli auspici della Accademia dei georgofili, raccolgono scritti, venuti alla luce dal 1901 in poi, i quali lasciarono traccia profonda nel campo degli studi di estimo e di economia rurale. Se queste discipline sono oggi assai diverse da quelle che erano al Principio del secolo, gran parte del merito è del Serpieri. Volendo riassumere questo merito in breve sentenza direi che, laddove sino alla fine del secolo scorso le scienze dell’estimo e dell’economia rurale erano cresciute in modo autonomo e discutevano problemi di valutazione, di costi, di reddito e di capitalizzazione su schemi contabili o ragioneristici, da quando il Serpieri vi pose mano si osserva un avvicinamento progressivo e continuo ai metodi, agli schemi ed ai concetti della scienza economica generale. Oggi, quelle due scienze o discipline o specializzazioni esistono tuttora; ma il lettore economista non ha più la sensazione di trovarsi in un mondo diverso da quello che gli è famigliare. Sente parlare di costi e di prezzi di mercato, di servigi dei beni di consumo e di beni durevoli, di servigi produttori, di capitalizzazione dei redditi, di saggi di interesse e di frutto, di fini della stima non più in termini strani, ma col linguaggio proprio dei Fisher, dei Pantaleoni e dei Pareto. L’unificazione del metodo di ricerca e del contenuto dei concetti cardinali è il contributo maggiore dato dal Serpieri all’avanzamento delle discipline economico-agraria a lui predilette. Appunto perché egli partì da premesse tratte dalla teorica generale economica, il Serpieri conseguì risultati non dimenticabili nei problemi particolari da lui toccati. Piace vedere riprodotti nelle due sillogi saggi dispersi in effemeridi non facili a ritrovare. Alcuni di questi saggi, come quelli su “La terra e l’imposta” e “Le imposte sui redditi forestali e il nuovo ordinamento tributario” stanno esercitando vantaggiosa influenza sulla legislazione catastale e sulla sua odierna messa in atto.
Il terzo volume, che qui si annuncia, fa seguito ai “Principii di economia politica corporativa” pubblicato dal S. alcuni anni fa e vuole essere l’applicazione dei principii generali alla economia agraria studiata come parte integrante dell’economia nazionale. Al punto di vista della presente rivista è segnabile in particolar modo l’introduzione, magnifica sintesi dello sviluppo storico dell’agricoltura italiana dal primo medio evo, attraverso l’epoca feudale, quella dei comuni e l’evo moderno, sino ai tempi nostri.
Ugo Giusti: “Lo spopolamento montano in Italia”, relazione generale, con una introduzione geografia del prof. A. R. Toniolo. Roma, 1938. Un vol. in ottavo, XXV-251 pp. L. 30.
“Aspetti di vita rurale italiana”. Relazione riassuntiva delle monografie di famiglie agricole, Roma, 1940. Un vol. in ottavo, 118 pp. L. 18.
Si annunciano queste due relazioni del Giusti, le quali riassumono i risultati di due imponenti indagini condotte dall’Istituto nazionale di economia agraria. Il Giusti ha compiuto il lavoro affidatogli con scrupolo sommo, sicché lo studioso il quale voglia approfondire i due problemi dello spopolamento montano e del modo di vivere dei coltivatori della terra in Italia, troverà una guida sicura in questi due volumi, in quelli che in essi sono riassunti e negli altri molti che vi sono citati. In materia aperta alle divagazioni sentimentali, il Giusti discute e conclude con spirito scientifico. Ecco la conclusione del capitolo nel quale egli riassume le proposte-varie, spesso frammentarie-messe innanzi per combattere lo spopolamento montano: sgravi fiscali, premi alla montagna, incoraggiamenti alle industrie alpine, all’artigianato folcloristico ed artistico, ricomposizione dei fondi frammentati, estensione della bonifica integrale ecc.: “L’attuazione pratica dei rimedi sopra accennati, e particolarmente di quelli per i quali si richiedono provvedimenti legislativi, esigerà certamente di definire da un punto di vista giuridico territori e attività che verrebbero a godere di eventuali vantaggi in seguito alla adozione dei provvedimenti medesimi. Le indagini svoltesi sul territorio compreso grossolanamente sotto il nome di regione agraria di montagna segnalano infatti la esistenza di zone spesso finitime in condizioni fondamentalmente diverse per ogni riguardo e condizioni pure diverse di gruppi di popolazione conviventi sullo stesso territorio…. Appare dunque assolutamente indispensabile che esperimenti svolti razionalmente in diverse zone e su piani regolatori accuratamente studiati, siano fatti precedere alla applicazione generale di misure delle quali altrimenti si ignorerebbe portata ed effetti”. Sapiente conclusione, da additare ad ammaestramento degli inquirenti sociali.
Mario Bandini: “Agricoltura e crisi”. G. Barbera, Firenze, 1937, Un vol. in ottavo, 265 pp. L. 25.
È il quinto volume della “Biblioteca di cultura per i rurali” pubblicata sotto gli auspicii della Accademia dei georgofili e qui si annuncia a cagione del criterio storicistico al quale si informa la trattazione. L’A., infatti, in seguito ad accurata critica, rimane scettico rispetto alle teorie o schemi astratti in base ai quali si vogliono spiegare i cicli economici in generale e quelli agricoli in particolare. Le affermazioni intorno all’esistenza di cicli produttivi agrari (tipo Jevons, Moore, Beveridge ecc.), di cicli secolari (Kondratieff, Kuznets), le spiegazioni tratte dall’esistenza di date istituzioni giuridiche, economiche e sociali, e quelle cavate dalle teorie evolutive e strutturali (Schaffle, Brentano, Sering, Abel) lo lasciano scettico, Resta l’indagine storica. Le vicende cicliche dell’economia agricola devono essere storicamente interpretate in rapporto ai fattori che di volta in volta le hanno determinate nella successione dei tempi. I grandi progressi nella tecnica e nei mezzi di trasporto verificatisi a partire dalla seconda metà del secolo scorso, cadendo in un mondo dominato dal libero scambio, rivoluzionarono prezzi costi e produzione. La reazione protezionistica accentuatasi dopo il 1880 tornò a spingere il pendolo economico verso l’opposto limite. La guerra ruppe l’equilibrio che alla lunga s’era formato; ed alla guerra succedettero fasi opposte di libertà di scambio e di rinnovato esclusivismo nazionalistico. Il Bandini, alieno, come dicemmo, dalle spiegazioni schematiche le quali, sulla base di alcuni pochi fattori, vorrebbero estrapolare nell’avvenire tendenze che si verificarono in passato, riafferma la preminenza della spiegazione storica. La quale non si ripete mai; ma non è contrastante alla spiegazione teorica. I fatti storici infatti da sé non dicono nulla e debbono essere di volta in volta gerarchicamente collocati nel giusto piano alla luce di una teoria atta ad illuminarli. Teoria, la quale non deve essere schema appiccicaticcio, ma logica appropriata ai fatti che si tratta di spiegare.
Giovanni Lorenzoni: “Dal diario di viaggio di un sociologo rurale attraverso la Sicilia” (1933). S. A, T. E., Ferrara, 1937. Un vol. in ottavo, 72 pp. S. i. p.
“Trasformazione e colonizzazione del latifondo siciliano”. Cya, Firenze, 1940. Un vol. 76 pp. L. 10.
Ci limitiamo ad annunciare questi due brevi scritti del Lorenzoni, di cui abbiamo ampiamente discusso nel quaderno del dicembre scorso la relazione finale dell’inchiesta sulla piccola proprietà coltivatrice formatasi nel dopoguerra in Italia. I lettori sanno che il Lorenzoni è scrittore vivo pittorico entusiasta. Il diario di viaggio e la memoria sul latifondo siciliano sono ottima preparazione ad intendere l’impresa di trasformazione iniziata ora nella grande regione interna della Sicilia.
Salvatore Esposito De Falco: “L’ammasso del grano”. F. Raimondi, Napoli. 1940. Un vol. in ottavo, 149 pp. L. 10.
Studio descrittivo-storico sugli ammassi del grano e tentativo di costruire una teoria di essi.
“Annali dell’osservatorio di economia agraria per l’Emilia”. Vol. quinto. F. Lega. Faenza, 1938. Un vol. 886 pp. L. 100.
Dopo una introduzione sulle “premesse di teoria corporativa” di Giuseppe Tassinari, professore di economia e politica agraria nella Università di Bologna e direttore dell’osservatorio annesso alla cattedra, si leggono nell’imponente volume studi su piante industriali che hanno particolare importanza nell’agricoltura della pianura padana: Luigi Perdisa scrive della bietola da zucchero, Giovanni Proni sulla canapicultura ed Attilio Todeschini sulla cultura del pomodoro in Emilia. Il Proni chiude con un saggio sul costo di produzione in agricoltura. Come di altri scritti di economia agraria annunciati nel presente quaderno, si dà qui la mera notizia del volume, trattandosi di materia non strettamente attinente agli scopi della rivista. Una impressione è lecita: che l’economia agraria sia il campo nel quale, per l’insegnamento del Serpieri e del Tassinari, ha meglio fruttificato la applicazione dei metodi di ricerca derivati dalle teorie economiche che per intenderci si possono dire dell’equilibrio economico. Un giudizio sui risultati conseguiti è prematuro; certo ci si trova dinnanzi ad uomini che, con serietà di intenti, tentano di dare un contenuto di valori concreti empirici a concetti astratti, come quelli di imputazione, costi congiunti, elasticità, correlazione fra prezzi di un prodotto e dei suoi succedanei ecc. ecc. Si ha la sensazione di muoverci in un terreno che, se forse non condurrà alla scoperta di nuove leggi scientifiche aventi valore generale, potrà giovare come stimolo a ritornare sopra ai principii noti per integrarli e perfezionarli. Su questo terreno, gli economisti generici, che si limitano a manipolare concetti astratti, a ficcare a viva forza i dati dei problemi correnti in schemi noti, con risultati spesso puramente verbali, paiono oggi sopravanzati dagli economisti agrari, almeno in Italia. Perché? Che nel campo agricolo ci siano maestri chiamati Serpieri o Tassinari, ha per fermo un gran peso; ma proprio non c’è altro?
Antonio Fossati: “Pagine di storia economica” (1815-1860). Giappichelli, Torino, 1940. Un vol, in ottavo, 273 pp. L. 36.
Il libro, ben costrutto, provveduto di sommari analitici, di indice dei nomi e degli autori, di un elenco delle abbreviazioni più usate e delle opere più comunemente usate, corredato di un’appendice contenente i prezzi medi mensili dal 1815 al 1860 del frumento, del barbariato, della segala, delle fave, della meliga, della biada, dei fagioli e del riso, è una raccolta di saggi diversi, non però scuciti perché si intrattengono tutti intorno al Piemonte economico dal 1814 al 1860; il primo ed il quinto (con la conclusione) dando un quadro dell’economia e della finanza piemontesi al momento della restaurazione e nel tempo carlalbertino; e quelli centrali della politica granaria e annonaria durante le crisi di carestia le quali funestarono il Piemonte, specie nel 1816-17. C’è una continuità nella politica economica piemontese dal 1814 al 1848; dal cocciuto e tradizionalista Borgarelli ai ministri illuminati di Carlalberto, sono solleciti tutti, con risultati diversi, del benessere del popolo e specialmente di quello minuto. Vittorio Emanuele primo scrive il 21 novembre 1816 al “caro Borgarelli”: La situazione nella quale si trovano i ducati di Savoia e Genova per riguardo alle sussistenze, cresce di molto le inquietudini che già avevo pel resto dello stato”; e gli ordina di istituire un Congresso (commissione) permanente il quale adotti “immediatamente un piano per assicurare che in tutti gli stati di terraferma vi siano sufficienti ed adatte derrate per la sussistenza delle popolazioni, stabilire de’ lavori pubblici in varii punti dello stato e procurare agli abitanti inabili i mezzi di sussistere, con adottare quelli più economici pel loro sostentamento” Il congresso si adunò, discusse sui mezzi di procurarsi le somme necessarie per l’acquisto dei grani e per i lavori pubblici, istituì una “società annonaria” la quale doveva emettere un prestito di 6 milioni di lire, ma racimolò solo 2.427.000 lire, con cui acquistò grani, ma non li distribuì tutti, essendo stata sopravanzata da più rapide iniziative private, progettò lavori, ma non fece tempo ad eseguirli, essendo sopravvenuta la buona stagione con i soliti urgenti lavori agricoli e finì di liquidare con perdite non piccole le provviste residue di granaglie, rivendendole ad un membro della società privata, che era stata sua concorrente nell’avvisare ai mezzi di far venire dall’estero granaglie. Un altro episodio che il Fossati acconciamente illumina è quello dei ripetuti tentativi che, fin dal 1836, Carlalberto fece per abolire la “tassa” o calmiere del pane, col pieno consenso del ministro De l’Escarene, ma frammezzo ad opposizioni numerose, di interessi acquisiti e di abitudini antiche, a complicazioni derivanti dalla esistenza di diritti di banalità, o monopoli di mulini della Città di Torino e di diritti di macina e ad ostacoli improvvisi di scarsi raccolti che rendevano pericoloso l’esperimento della libertà in un momento di rialzo di prezzi. Toccò al Giulio ed al Cavour di riporre nel 1846 sul tappeto ed attuare nel 1851 la graduale abolizione del calmiere del pane. Contributo notevole dunque, dopo quelli fondamentali del Prato, questo del Fossati alla conoscenza dei problemi economici del risorgimento italiano.