Pubblicità o segreti per gli accertamenti tributari
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 08/11/1919
Pubblicità o segreti per gli accertamenti tributari
«Corriere della Sera», 8 novembre 1919
Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), vol. V, Einaudi, Torino, 1961, pp. 512-514
«Signor direttore,
Ho seguite con attenzione le polemiche intorno alla natura e alla misura degli oneri da imporsi sulla ricchezza ed ho notato che il ministero si preoccupa giustamente di rendete l’esazione del contributo meno disagevole che sia possibile nella legittima speranza che le facilitazioni ad eseguire il pagamento indurranno i contribuenti ad essere più veritieri nelle loro dichiarazioni giurate.
Ma, a mio avviso, converrebbe che il governo tenesse presente e studiasse anche quello che io chiamerò il lato morale della cosa giacché molti, sebbene animati da spirito patriottico, sebbene desiderosi di concorrere a risarcire la pubblica jattura economica, non amano per mille ed una ragioni mettere in piazza i segreti della loro ricchezza, e certe suscettibilità, che il più delle volte non hanno soltanto una ragione sentimentale, debbono essere rispettate.
S’immagini che gazzarra succederà nel mondo di coloro che percepiscono assegni alimentari quando sapranno l’esatto ammontare della fortuna degli alimentanti, s’immagini che coraggio prenderanno a dilapidare i figli di famiglie dissipatori, quando siano rotti i cauti coperchi della ricchezza paterna! E non sto ad aggiungere che, specialmente nel ceto commerciale e industriale, vi possono essere, e per certo vi sono, continui e molteplici motivi di tenere in penombra le cifre della propria ricchezza.
Ora, il costringere tanti contribuenti a fare una dichiarazione giurata e bollata e pubblica dell’ammontare della loro fortuna può recare gravi pregiudizi, assai più gravi del sacrificio economico, che l’amor di patria saprà attenuare: per cui, si dovrebbe pensare ad una forma che, apprezzando certi ritegni e certe suscettibilità, risparmiasse ai dichiaranti di far palese al pubblico il loro stato finanziario e patrimoniale.
In primo luogo se ne avvantaggerebbe grandemente l’erario perché si toglierebbe di mezzo un insieme di motivi che potrebbero consigliare mendaci dichiarazioni, in secondo luogo si rispetterebbe quel certo pudore finanziario, per cui un antico proverbio ammoniva: chi fa vedere il danaro, fa vedere il cervello!
Parmi che un rimedio potrebbe essere anche questo: porre le dichiarazioni sull’entità della ricchezza individuale sotto la tutela del segreto d’ufficio e vietare il rilascio, per qualsiasi motivo a qualsivoglia persona che non sia lo stesso dichiarante, di qualunque certificato.
Questa è una mia modesta idea: altri potrà suggerire forse migliori e più adatti espedienti.
Dr. CARLO DE BLASIS
La lettera che qui sopra si pubblica ha il mio consenso pieno, senza alcuna riserva. È lecito rimanere dubbiosi e magari oscillanti tra i due diversi sistemi che sono adottati a proposito della pubblicità delle dichiarazioni e degli accertamenti tributari: il sistema che si può chiamare italiano, perché non conosco altro paese dove sia adottato fuori dell’Italia, ed il sistema generale, usato fuori. Il sistema italiano è quello della pubblicità da darsi ai ruoli dei contribuenti, cosicché tutti possono conoscere redditi e patrimoni altrui. L’idea madre di questo sistema è che il controllo pubblico giovi alla scoperta delle frodi e sia quindi una garanzia necessaria per il fisco. L’ho creduto anch’io per qualche tempo; ma mi sono persuaso che si tratta di garanzia puramente illusoria. In pratica, la pubblicità dei ruoli giova soltanto a quei contribuenti maliziosi, i quali vogliono cercare nei ruoli esempi di concorrenti o conoscenti meno tassati per trarne motivo ad invocare dagli agenti delle imposte un ribasso dei propri accertamenti. In pratica, ripeto, la finanza ha solo subito dei danni da questa pretesa garanzia della pubblicità.
I danni crescerebbero a dismisura ove si mantenesse la pubblicità per le nuove imposte sul reddito globale e sul patrimonio. Molti contribuenti, i quali sarebbero disposti a dire la verità al funzionario finanziario, sono letteralmente terrorizzati dinanzi alle conseguenze che la loro probità potrà avere per essi e che in parte sono descritte nella lettera suggestiva del De Blasis. Il «Corriere» citava alcuni giorni fa una lettera ricevuta da contadine del milanese, spaventate all’idea di far sapere i loro risparmi ai mariti aventi abitudini poco econome. Quanti padri desiderano che i figli non conoscano la fortuna paterna prima che l’età, l’esperienza, la famiglia non abbiano loro insegnato il valore del denaro? Quanti gelosi rapporti familiari e di affari e di lavoro non riposano sul segreto?
Queste considerazioni sono talmente perentorie che nei paesi dove le imposte sul reddito e sul patrimonio sono meglio ripartite e più redditizie, il segreto è scrupolosamente osservato. In Inghilterra, in Germania, negli Stati uniti, non esiste pubblicità di ruoli e le frodi fiscali sono di gran lunga meno gravi che in Italia. In Inghilterra, anzi, lo scrupolo del segreto è spinto tanto in là che ogni contribuente ha diritto di ricusare l’agente delle imposte e le commissioni locali e di chiedere di essere tassato da commissioni speciali delle imposte sedenti a Londra. Eppure l’Inghilterra è il paese dove l’imposta sul reddito funziona da più lungo tempo e meglio!
L’opinione del De Blasis merita dunque di essere vivamente appoggiata ed accolta. Contrari ad essa possono essere soltanto i soliti «democratici» che si pascono di vento e di frasi fatte. L’interesse più evidente della finanza è di assicurare in ogni modo il cittadino che la confessione del vero fatta ad essa non potrà produrgli altro danno fuorché il pagamento dell’imposta.
Naturalmente il segreto è condizionato ad una buona magistratura tributaria, ad un severo metodo di accertamento, a severe sanzioni contro i contravventori. Se si abbandona questa via maestra, ogni sorta di buffonerie è permessa. Fra le altre, anche quella della pubblicità dei ruoli.
Va da sé, che l’attuale sistema di recapitare gli avvisi di accertamento e di pagamento in fogli aperti, consegnati nelle portinerie dei contribuenti, è uno scandalo inaudito, che dovrebbe essere fatto cessare al più presto. Nessun avviso d’accertamento, nessuna bolletta di pagamento dovrebbe essere considerata valida, se non consegnata in busta chiusa. Come sia invalso l’attuale sistema dei fogli aperti non si sa davvero comprendere. Ma ancor meno si comprende come l’abuso incredibile tante volte denunciato, possa ancora durare.