Prefazione – Lezioni di politica sociale
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/01/1949
Prefazione
Lezioni di politica sociale, Einaudi, Torino, 1949, pp. XV-XVIII
Il presente volume fu dettato nell’anno 1944 quando l’Autore dimorava in Svizzera ed è il risultato dell’insegnamento da lui tenuto in quel paese.
La prima parte, di introduzione generale sul mercato economico, fu scritta per invito del «Comitato italiano di cultura sociale» allo scopo di fornire una traccia o testo, che servisse di norma agli incaricati di impartire le lezioni di speciali corsi di educazione civica i quali furono tenuti nei duecento campi nei quali erano albergati circa ventimila italiani rifugiati nella ospitale Svizzera fra il settembre e il novembre del 1943 allo scopo di sottrarsi al servizio dell’invasore. Altri rifugiati contribuirono con sommari intitolati Fede nell’avvenire, Sommario di un cinquantennio, Il cittadino e lo stato, La nazione nel mondo, L’economia regolata; toccò all’autore di compilare il capitolo su “Il mercato ed i prezzi” che qui si ristampa a guisa di introduzione.
La parte seconda è il rendiconto stenografico delle lezioni dettate dall’autore nel semestre di primavera del 1944 nei due campi universitari della Università di Ginevra e della Scuola di ingegneria di Losanna a studenti italiani iscritti nelle facoltà di giurisprudenza, scienze economiche ed ingegneria. A quei corsi collaborarono, ciascuno per la propria materia, professori svizzeri e professori italiani rifugiati in Isvizzera.
La parte terza contiene la materia delle prime lezioni del corso che l’autore doveva tenere nel semestre invernale nella medesima Università di Ginevra. Allo scopo di agevolare la compilazione delle dispense fino dall’inizio dell’anno scolastico, l’insegnante aveva messo per iscritto la materia delle prime lezioni. Risulta da una annotazione che il corso doveva iniziarsi con la trattazione del «concetto e dei limiti dell’uguaglianza nei punti di partenza», che qui si riproduce; proseguendo poi con la discussione di alcuni altri problemi fondamentali di politica sociale, determinati dalla importanza assunta nella economia contemporanea dai prezzi di monopolio o quasi monopolio (cartelli, consorzi, trusts ecc.); dalle modificazioni indotte dalla pubblicità nella domanda dei consumatori; dalla mancata coincidenza del risparmio e degli investimenti (crisi economiche); dalla estensione dei servizi pubblici gratuiti o semigratuiti. La partenza dalla Svizzera avvenuta nel dicembre 1944 di un gruppo di insegnanti e uomini politici italiani per invito del governo di Roma impedì che il corso avesse inizio e che la stesura delle lezioni continuasse oltre la materia delle prime lezioni.
Essendo ora le lezioni riprodotte così come furono dettate o preparate, si notano nel testo parecchie ripetizioni, nate da ciò che le diverse parti riguardavano un pubblico diverso (dirette a soldati la prima parte ed a studenti universitari la seconda e la terza) e momenti diversi di insegnamento. Ma si preferì non togliere le ripetizioni, allo scopo di non rimaneggiare un testo volutamente serbato nella stesura originaria.
La lontananza dalla suppellettile libraria esistente in Italia e la difficoltà di consultare nella Svizzera il necessario materiale bibliografico spiega perché le citazioni, ad eccezione di alcuni libri in lingua francese, siano fatte a memoria. Anche qui si preferì serbare la forma originaria, tuttoché talvolta approssimativa e quindi particolarmente invisa all’autore, del quale forse è nota la avversione a riferimenti bibliografici abbondanti ed inesatti.
È anche superfluo avvertire che gli esempi in lire e franchi si riferiscono al livello dei prezzi esistente nel 1944 ed al ricordo che l’autore aveva dei prezzi correnti in Italia nel 1943. Il richiamo che talvolta si legge tra parentesi a lire 1914 potrebbe facilitare, con l’uso di un moltiplico forse non inferiore a 300, la conversione approssimativa in lire attuali.
Dovrebbe essere inutile avvertire che il tipo del ragionamento adottato nelle presenti lezioni come in tutte le altre scritture dell’autore è sempre quello ipotetico: se noi supponiamo che esista una certa premessa, deriva da essa questa o quella conseguenza e non mai quella precettistica: è desiderabile, è bene, è comandato da qualcuno operare in questo o quel modo. Soltanto il primo tipo fa parte della scienza; laddove dovremmo riservare il secondo al territorio della morale o della politica. D’altro canto, la ripetizione continua nel parlare di forme a tipo ipotetico è, fa d’uopo confessarlo, estremamente fastidiosa per insegnanti ed ascoltatori; sicché può accadere che il discorso, invece di normativo, appaia talvolta inteso a dar consigli o precetti. Giova sperare che il lettore voglia, mentalmente, sostituire alla apparenza precettistica la sostanza ipotetica, introducendo la riserva tacita sempre presente del se noi supponiamo che. La riserva della presenza ipotetica prende in qualche caso la forma del: chi non voglia; seguendone che chi non voglia A deve volere invece B o C. Ad esempio, accade in qualche caso, particolarmente nella parte terza, leggere: chi non voglia il tipo di società collettivistico e, cionondimeno, per ragioni le quali non hanno nulla a che fare con la scienza economica, ma invece molto con la morale, con il costume, con la politica, con la stabilità sociale, reputi necessario evitare le conseguenze degli estremi di uguaglianza perfetta o di disuguaglianza troppo notabile nelle condizioni economiche tra uomo e uomo, epperciò ritenga vantaggiosa una certa uguaglianza nei punti di partenza, deve reputare logica questa o quella condotta del legislatore. Risulta da certi appunti che i paragrafi da 129 a 150 dovevano essere, e per le circostanze accennate sopra non furono, riscritti allo scopo di spiegare più ampiamente le ragioni, d’indole sovratutto morale e politica, per le quali non si riteneva desiderabile il tipo di società anzidetto; quel che monta è che, posta quella premessa, il ragionamento successivo sia logico. Compito della scienza non è di inculcare una fede; ma di insegnare il metodo di osservare i fatti (economici od altri) e di ragionare correttamente intorno ad essi. Perciò qualcuno stupirà che lo scrittore di queste pagine, volutamente semplici ed in qualche parte popolari, non abbia predicato quel verbo liberistico di cui lo si dice banditore; intrattenendosi invece quasi esclusivamente sui problemi attinenti alle limitazioni della libertà d’azione economica e sociale dell’uomo. Non poté predicare nessun verbo, né liberistico né comunistico, perché da più di duecento anni, da quel 1734 nel quale Cantillon scrisse l’Essai, la scienza economica studia le leggi le quali regolano le azioni degli uomini, e non fa prediche.