Paesi ricchi e paesi poveri
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/01/1954
Paesi ricchi e paesi poveri
Il buongoverno. Saggi di economia e politica (1897-1954), Laterza, Bari, 1954, pp. 185-186[1]
Alfredo Lisdero, Luigi Einaudi, el hombre, el científico, el estadista, Asociacíon Dante Alighieri, Buenos Aires, 1965, pp. 63-65[2]
Non ha consistenza l’opinione volgare secondo cui gli Stati Uniti possono far tante cose e fra l’altro mutuare miliardi di dollari all’Europa, perché posseggono molti dollari, molto frumento, molto carbone, molto cotone, molto ferro, molto petrolio, molto ben di Dio d’ogni fatta, tanto ben di Dio che è una vergogna se lo facciano pagare, invece di regalarlo per niente ai miserabili europei affamati di vettovaglie, combustibili e materie prime. Non è conforme al vero la sequenza: prima dollari e poi possibilità di mutuare altrui i dollari; ma è invece vera l’inversa sequenza: prima meritare di ricevere da altri i dollari a mutuo; poi i dollari che vengono e finalmente i dollari venuti possono essere rimutuati a più alto prezzo a chi li aveva prodotti. I dollari che si dice siano mutuati dagli Stati Uniti all’Europa sono (così dimostra l’«Economist» di Londra del 10 dicembre 1927) quelli stessi che, fuggendo dall’Europa avevano cercato rifugio sicuro presso oltreoceano.
Prima ed al fondo di ogni ricchezza materiale esiste un fattore morale. I genovesi ed i veneziani non dominarono per secoli il commercio del Mediterraneo e del Levante perché fossero ricchi. Che ricchezza v’era su per le rocce sterili del genovesato o sulle palafitte della laguna veneta? Ma vivevano su quelle rocce e tra quelle lagune uomini laboriosi, tenaci, ardimentosi i quali acquistarono potenza e nel tempo stesso ricchezza, cacciando di seggio i bizantini, pur tanto più ricchi, più dotti, viventi in paesi più feraci ed ameni, con le materie prime del tempo a portata di mano. La culla della ricchezza americana non è stata nelle regioni del sud, ricche di cotone, nelle pianure centrali feconde di frumento, nelle terre a carbone, a ferro od a petrolio. Fu negli stati della Nuova Inghilterra, nelle inospiti pietrose contrade poste tra New York e i confini del Canada, dove la terra non dà messi, perché la roccia affiora dappertutto, dove le foreste vengono a stento, dove non ci sono miniere di nessun minerale, dove mancava tutto salvo l’energia indomabile dell’uomo. Gli uomini della Nuova Inghilterra contano, per ricchezza individuale, tra i primi degli Stati Uniti e si trovano in capo fila tra le genti le quali hanno saputo sfruttare le ricchezze naturali degli Stati Uniti. La regola con la quale si formano i dollari è questa: mettete un presuntuoso, un incapace, un chiacchierone, un genialoide vicino ad una miniera d’oro e l’oro resterà sottoterra ed il presuntuoso, ecc., ecc., morirà di fame, accusando l’avarizia altrui della propria mala fortuna. Mettete un osservatore, un laborioso, un volontario deciso a non lasciare invano fuggire le occasioni su una roccia, e su quella roccia sorgerà una città, le galee di tutto il mondo vi recheranno altri uomini laboriosi, materie prime e capitali, e da quella roccia e dalle contrade vicine verranno fuori frumento, cotone, ferro e ogni immaginabile grazia di dio.
Esistono in Europa miniere di ferro ricchissime in Francia, in Svezia, in Spagna, in Inghilterra; vi sono miniere di carbone in Westfalia, in Russia ed ancora in Inghilterra; terre nere a grano di gran lunga superiori a quelle americane, in Russia e in Ungheria; praterie e marcite ,inarrivabili in Olanda e in Lombardia; terre meravigliose per frutteti, agrumeti, giardini a fiori in Italia, in Spagna, nel mezzodì della Francia e tante altre possibilità esistono da emulare, in campi appropriati, e superare gli Stati Uniti.
Affinché da tutto ciò si ricavi assai più di quel molto che già se ne ottiene, affinché l’Europa ridiventi il centro del mondo economico, bisogna che i suoi uomini innanzitutto abbandonino il culto dell’oro e delle ricchezze materiali e diano pregio all’integrità di carattere, all’onestà, alla giustizia, al lavoro eseguito con intelligenza, con passione, con senso del dovere. Da sole, senza dubbio, l’elevazione morale e l’intelligenza creatrice non bastano; ma, se queste ci sono, dollari e resto verranno da sé.