Nessun controllo sulle banche e sulle società anonime. Imposta sugli utili con esenzione delle riserve
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 15/03/1925
Nessun controllo sulle banche e sulle società anonime. Imposta sugli utili con esenzione delle riserve
«Corriere della Sera», 15 marzo 1925
La smentita ufficiale
Questa mattina, presso il Presidente del Consiglio, si adunavano dopo le ore 11 il ministro dell’Interno Federzoni e il ministro del Tesoro on. De Stefani. È da ritenere che in questi colloqui sia stata esaminata la situazione determinatasi nelle Borse e, per riflesso, negli ambienti finanziari in seguito ai recenti decreti ministeriali.
È anche possibile che in questa riunione sia stato esaminato un memoriale di cui fa cenno stasera Agenzia Economica e Finanziaria, la quale dice che «nella riunione tenutasi a Milano dai rappresentanti delle maggiori banche di credito ordinario è stato deciso di far presente al Governo la difficile situazione in cui si trovano i mercati finanziari, e i danni che ne possono derivare alla situazione economica del Paese».
Qualche ora dopo la riunione, evidentemente come effetto di essa, l’Agenzia Stefani diramava il seguente comunicato:
«L’Agenzia Stefani è autorizzata a dichiarare che le voci diffuse di pretese intenzioni del Governo a riguardo dell’ordinamento e di nuovi organi statali di controllo delle banche e delle società anonime e di ulteriori provvidenze sul mercato dei titoli non hanno alcun fondamento.
«Nell’intento, invece, di conferire una sana ed utile sincerità ai bilanci delle società anonime e di aiutare il rafforzarsi della compagine economica delle nostre imprese industriali, commerciali e bancarie, il Governo, accogliendo un voto intensamente manifestato, è venuto nella determinazione di migliorare il regime tributario delle società per azioni nel senso di assoggettare alla imposta di ricchezza mobile i soli utili distribuiti con le esenzioni delle riserve».
La smentita ufficiale alle dicerie assurde le quali avevano avuto corso nelle Borse italiane, è rigida e definitiva, sì come era stata invocata su queste colonne. Auguriamoci che nessuno ritorni a mettere in circolazione voci selvagge, le quali non possono non essere gravemente pericolose al credito pubblico.
La notizia positiva che il comunicato dà intorno al proposito del Governo di tassare i redditi distribuiti delle società anonime e in accomandita per azioni, con esenzione delle riserve, avrebbe certamente esercitato quindici giorni or sono un’influenza ottimistica sul mercato dei valori. Nelle presenti condizioni scompigliate delle Borse, l’effetto sarà forse meno accentuato. Non è questo, del resto, l’aspetto più interessante del provvedimento. Nel giudicarlo faccio astrazione del momento e del mezzo legislativo con cui lo si vorrà attuare: se il disegno di legge o il decreto-legge. In verità, il provvedimento faceva già parte del disegno Meda ed era già entrato a far parte del sistema nostro legislativo col decreto-legge Tedesco. Ma, per la prorogata e poi sospesa applicazione del decreto-legge Tedesco, gli articoli 21 e 26 del disegno di legge Meda non erano mai stati compresi tra quelli che Fon. De Stefani aveva trasformato in decreti-legge particolari sui diversi punti che i disegni Meda-Tedesco-Soleri abbracciavano nel loro complesso. Ora è venuto il loro turno; ed è certo che quando il ministro delle Finanze li tradurrà in vero e proprio disegno di legge, i concetti informatori del nuovo regime di tassazione delle società per azioni dovranno riportare il consenso del Parlamento per la loro intrinseca bontà.
Il regime sinora vigente tassava le società per azioni, al pari di ogni altro contribuente industriale o commerciale, sul reddito prodotto. Il che portava a fastidiosissime contestazioni, perché il reddito prodotto e guadagnato è una quantità teorica praticamente indeterminata. Il guadagno è più o meno rilevante a seconda che si stimano più o meno le scorte di magazzino, gli ammortamenti, i deperimenti, gli accantonamenti per crediti inesigibili ecc. D’ora innanzi le società saranno invece tassate sui redditi distribuiti. Le società saranno libere di mandare palesemente qualunque somma a riserva; e queste non saranno tassate. Se ne gioverà la sincerità dei bilanci, perché gli amministratori non avranno più interesse a nascondere gli utili, ma potranno palesemente mandarli a riserva, sicuri che la finanza non li tasserà se non nel giorno in cui dalle riserve si faranno prelievi per distribuirli agli azionisti. La finanza non ne sarà danneggiata, perché quanto più cresceranno le riserve tanto più le società si fortificheranno e potranno distribuire, col tempo, larghi utili agli azionisti.
È chiaro che la legge provvederà a evitare qualunque possibilità di danno ingiusto all’erario e qualunque doppia tassazione disponendo, così come facevano i disegni Meda-Tedesco, che:
- siano tassati non solo i dividendi pagati agli azionisti, ma anche qualunque somma distribuita sotto qualsiasi titolo o denominazione ai soci, amministratori o terzi;
- siano tassate le somme distribuite sotto forma di azioni nuove gratuite o di aumento gratuito del valore nominale del le azioni esistenti;
- siano invece esenti le somme che, sebbene distribuite, fossero già state tassate dall’imposta sui terreni o sui fabbricati, o dalla stessa imposta di ricchezza mobile, o derivassero da redditi per legge esenti da imposte;
- siano del pari esenti le somme pagate ai soci a titolo di rimborso di capitale, eccetto che si rimborsasse una somma in eccedenza di quella effettivamente versata dagli azionisti.
Gli studi che pratici valorosi come il compianto Sabbatini, il Geisser ed altri dedicarono ai problema, sono del resto così noti e particolareggiati che il problema può dirsi nella dottrina esaurientemente definito. Non mancava alla riforma invocata da tempo che la sanzione del legislatore.