L’incoraggiamento allo sciopero nei servizi pubblici
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 18/03/1920
L’incoraggiamento allo sciopero nei servizi pubblici
«Corriere della Sera», 18 marzo 1920
Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), vol. V, Einaudi, Torino, 1961, pp. 715-716
Trascriviamo da una lettera di un funzionario delle ferrovie di stato:
«Durante l’ultimo sciopero ferroviario, per ordine del ministro dei trasporti, fu affisso in tutte le stazioni ed impianti ferroviari un manifesto nel quale, fra l’altro, è detto: Sono promossi di diritto a macchinista i fuochisti che durante lo sciopero e per la durata di esso hanno funzionato da macchinista.
In circolari riservate, telegrammi, ecc., si raccomandava ai funzionari di dare la massima diffusione al manifesto e di porre bene in evidenza al personale interessato quale vantaggio poteva ottenere nella carriera prestandosi a disimpegnare in quelle difficili circostanze le pericolose funzioni di macchinista.
Orbene, oggi sono pervenute istruzioni riservate dalla direzione generale tali da costituire una revoca di fatto dell’impegno preso dal ministro. Il fatto, gravissimo, avrà almeno due conseguenze ugualmente gravi: in primo luogo di aumentare, se è possibile, la tracotanza e l’indisciplina del personale già scioperante, che canterà su tutti i toni questa sua nuova vittoria per dimostrare che colle minaccie e colle violenze tutto si può ottenere da un’amministrazione debole; in secondo luogo di togliere la volontà, in occasione di un futuro immancabile sciopero, anche ai migliori di prestarsi ad un servizio ingrato e che, alla stregua dei fatti, sembra non riesca neppure gradito a chi presiede all’amministrazione, la quale, cessato il bisogno, getta così allegramente a mare chi, con alto senso di dovere, tale servizio ha prestato».
La nuova circolare della direzione generale delle ferrovie ha gettato nella costernazione quei funzionari i quali durante lo sciopero s’erano adoperati a persuadere i più volonterosi agenti a prestare l’opera loro. Essi si sono portati spesso mallevadori della serietà delle promesse fatte dal governo nell’ora del pericolo; ed oggi si veggono compiutamente esautorati di fronte ai dipendenti a cui hanno fatto promesse che oggi il governo non vuole mantenere.
Preparazione migliore ad un nuovo sciopero ferroviario non si saprebbe immaginare. L’amministrazione ha quasi vergogna della resistenza opposta ed ha vergogna di coloro che l’aiutarono nella resistenza. Si ammette che la solidarietà di classe sia un sentimento più alto e più nobile della solidarietà nazionale, del civismo politico; e si riconosce che coloro i quali difesero la società abbiano ad essere messi al bando dal gruppo, a cui appartengono, e privati del diritto di lavoro e di vita.
I ministri ed i direttori generali, i quali si adattano, sotto le minaccie del sindacato dei ferrovieri, a mandare in giro circolari siffatte colpiscono al cuore l’esistenza dello stato e cooperano alla dissoluzione della società. Al posto della legge uguale per tutti e dello stato tutore del diritto contro le sopraffazioni dei più forti, pongono il gruppo al quale si è forzati di appartenere, ed a cui bisogna prestare ubbidienza, se si vuole aver salva la vita ed assicurato il pane.
Quel che succede nelle ferrovie, è, salvo lo sciopero, tipico di tutte le amministrazioni di stato. Si oscilla tra una lentezza disperante nel rendere giustizia alle esigenze ragionevoli del personale e la fretta nel chinare il capo dinanzi alle minaccie delle organizzazioni del personale stesso; tra la incapacità di cominciare, almeno, a riorganizzare i servizi in modo più economico e la prontezza nell’attuare nuovi organici, i quali mantengono al loro posto tutti gli impiegati anche incapacissimi e li promuovono a stipendi talora superiori e non di rado di gran lunga superiori ai loro meriti. Qual meraviglia se i funzionari dello stato non veggano altra salvezza fuorché nell’azione di categoria e finiscano, distruggendo lo stato e con proprio danno, a divenire i veri tiranni del paese?