Liberalismo
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 29/07/1944
«L’Italia e il secondo Risorgimento», 29 luglio 1944
È la dottrina di chi pone al di sopra di ogni altra meta il perfezionamento, la elevazione della persona umana.
È una dottrina morale, indipendente dalle contingenze di tempo e di luogo.
L’uomo libero perfetto è colui il quale, per non rinunciare alle sue idee di fronte al tiranno, si è lasciato condannare alla galera e, pur di non chiedere al tiranno di essere liberato, resta in galera.
L’uomo libero è Spinoza, il quale non accetta la cattedra di Eidelberg [sic] che Carlo Luigi gli offre assicurandogli philosophandi libertatem amplissimam, perché il principe lo prega di trattare con rispetto la religione dominante e preferisce serbare ancor più ampia libertà di pensare guadagnandosi il pane col pulire i diamanti.
Politicamente, il liberalismo è la dottrina la quale inculca alla minoranza il dovere di rispettare la volontà della maggioranza, tutti gli uomini avendo la stessa dignità di persona.
Esso non repugnerebbe a preferire alla major la melior pars, se fosse possibile di conoscerla.
Ma poiché ad accertare la qualità più alta della persona converrebbe spaccar le teste, preferisce di contarle.
Ma invita la maggioranza a non attuare propositi i quali offendano profondamente la minoranza; ché la vita politica non si perfeziona se il proposito della maggioranza, tradotto in legge, non sia confortato dall’adesione attiva della minoranza.
La major pars, la quale ottiene, dopo una discussione, in cui ad ognuno sia stato consentito di opporre la sua ragione alle ragioni altrui, l’adesione della minoranza, dimostra col fatto di essere altresì la melior pars, perché ha saputo astenersi dall’esercitare tirannia, che è pessima quando sia esercitata da una maggioranza del popolo contro i proprii uguali.
Il liberalismo è perciò una dottrina di limiti; e la democrazia diventa liberale solo quando la maggioranza volontariamente si astiene dall’esercitare coazione sugli uomini nei campi che l’ordine morale insegna essere riservati all’individuo, dominio sacro alla persona.
Liberale è quella democrazia che, pur potendo violarli, rispetta taluni tabù, che si chiamano libertà di religione, di coscienza, di parola, di stampa, di riunione ed impone a tutte queste libertà solo i limiti esterni formali imposti dalla necessità della convivenza pacifica.
Liberale è quella società politica nella quale ogni uomo può dire: «la mia casa è il mio castello e nessuno mi può strappare ad essa se non per ordine del magistrato e questi è obbligato a lasciarmi libero se, entro un tempo dato, l’accusatore pubblico non riesce a provare la mia colpa».
Liberale è quella società politica nella quale nessuno può essere privato della sua cosa, della sua proprietà, senza un procedimento legale condotto in base ad una legge.
Ma questi ed altri tabù, senza di cui non esiste società liberale, non sono osservati in tutte le organizzazioni sociali.
Non esiste, è vero, legame diretto fra liberalismo e struttura economica; perché l’uomo moralmente libero sfida il tiranno dal fondo della galera o cammina diritto verso la catasta di legna sulla quale sarà bruciato vivo per voler tener fede alla sua credenza.
Ma poiché gli uomini vivono associati, uopo è constatare che quei tabù sacri all’uomo libero corrono gravissimo anzi sicuro pericolo in una società nella quale: – tutti gli uomini dipendano da un centro – sia questo una persona sola chiamata imperatore o duce ovvero un consiglio di eletti o di autodesignati – per il pane, per la carriera, per l’avanzamento, per la gloria; – nessuno possegga un reddito indipendente da quello fornito o derivato dal centro, neppure il reddito del polire diamanti, che assicurava a Spinoza quella libertà assoluta di filosofare, a cui egli unicamente aspirava; – nessuno possa creare od illudersi di creare una famiglia, una fondazione, un ente morale dotato di vita perpetua ed indipendente dal centro; – non esistano enti morali, comuni, vicinanze, regioni, chiese, associazioni fomite di vita propria indipendente dal centro; – il centro presume di essere fornito di autorità propria assoluta, indipendente non solo dagli uomini, dagli enti, dai comuni, dalle chiese, dalle associazioni esistenti sul suo territorio, ma dagli altri centri o stati posti al di fuori di esso.
Una società cosiffatta non è liberale, ma è conformista.
L’«amico degli uomini», il padre del grande Mirabeau, prediceva nel 1750 che una società nella quale vita, avanzamento, carriera, onori e gloria dipendessero tutto da un centro, sarebbe caduta al primo urto del nemico interno od esterno.
Cadde infatti la Francia monarchica, che tutta si incentrava a Versailles, come prima era caduto l’impero romano che tutto si incentrava in Cesare, come rovineranno in futuro tutte le società che si diano interamente ad un uomo o ad un idolo.