Le pecore zoppe
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 13/05/1950
Le pecore zoppe
«Il Mondo», 13 maggio 1950, p. 4
La segreteria dell’Associazione fra incaricati di funzioni giudiziarie e parecchi avvocati, magistrati e professori universitari ci inviano lettere di protesta contro l’articolo Le pecore zoppe pubblicato da Enrico Manfredi nel n. 16 del Mondo a proposito della legge sugli incaricati giudiziari.
Sostanzialmente le lettere svolgono i seguenti punti:
1) Gli incarichi furono conferiti non sulla base di una votazione media, ma di una votazione minima di 27 e 24 punti su 30 negli esami universitari speciali, cosicché si deve escludere che qualcuno di essi avesse potuto conseguire la media sovraindicata con punti individuali anche di 18.
2) L’on. Rescigno non può avere tra gli incaricati alcun genero perché le due sue figliole sono tuttora nubili.
3) Il disegno di legge fu approvato non da Camere deserte, ma affollate. Alla Camera votarono 350 deputati.
4) Il disegno di legge fu inizialmente presentato dall’on. Rescigno dietro accordi col compianto guardasigilli Grassi, anzi su un testo elaborato «nientemeno» che nel gabinetto del ministero di Grazia e giustizia.
5) Al Senato la tesi della incostituzionalità della legge non fu sostenuta
da nessuno ed il rappresentante del governo riconobbe che la legge Rescigno
non era incostituzionale.
6) Quasi la metà dei magistrati attualmente in servizio sono stati nominati senza concorso od esame.
7) L’ammissione in magistratura per concorso per titoli è prevista da numerosi ordinamenti esteri; laddove quella per esami è comune a pochissimi.
8) Gli incaricati furono ammessi in servizio in base ad un vero concorso per titoli (laurea, esami speciali, pratica forense).
9) Gli incaricati fecero ottima prova. Altissimi magistrati li hanno in grande stima; professori universitari li assumono a collaboratori; parecchi di essi possono vantare apprezzate pubblicazioni giuridiche; tutti hanno coperto uffici giudiziari delicati ed importanti.
10) Nelle nostre università pochi conseguono negli esami speciali almeno 24-30 e pochissimi 27-30, mentre assai rare sono le lauree con 110 su 110; donde la garanzia che chi abbia riportato votazioni siffatte sia ben degno di accedere, senza il concorso previsto dalla costituzione, alla carriera giudiziaria.
11) L’associazione dei magistrati e tutta la magistratura, nonché rimanere appena perplessa sulla iniziativa dell’on. Rescigno, ne ha auspicata l’approvazione.
L’autore dell’articolo al quale abbiamo comunicato l’intiera corrispondenza ricevuta, ci scrive:
«Mi duole che una svista nella lettura del decreto iniziale mi abbia fatto scambiare la richiesta di “almeno” il 27 o il 24 su 30, per la richiesta di una “media” di altrettanto. Avendo accennato al “si dice”, assai diffuso nei corridoi parlamentari, intorno al rapporto di parentela o affinità dell’on. Rescigno con un incaricato di funzioni giudiziarie, prendo atto che tale rapporto non è quello di suocero a genero in quanto le due figliole sue sono tuttora nubili; e prendo pure atto che dai verbali della Camera risultavano presenti alla votazione 350 deputati.
«Queste ed altre sono circostanze irrilevanti per la decisione del punto in discussione; ma tutto il resto accentua, se possibile, la gravità della violazione della costituzione voluta dal Parlamento.
Il guardasigilli Grassi consentì ai propositi dell’on. Rescigno e formulò egli stesso il testo del disegno di legge? Se così stanno le cose perché non fu seguita la procedura normale della presentazione ad opera del governo e con la piena responsabilità di tutto il gabinetto? Perché il rappresentante del governo, on. Tosatto, non fece in merito esplicite dichiarazioni e si rimise (in materia tanto importante e sulla cui rilevanza era stata solennemente richiamata l’attenzione del Parlamento dal presidente della Repubblica) al giudizio delle Camere?
«Che molti magistrati in carica siano stati nominati senza concorso è una delle ragioni per cui i costituenti, volendo elevare la magistratura ad alto grado di stima e di indipendenza vollero il concorso e non ammisero eccezioni, neanche decretate da legge, se non una: quella della scelta eventuale dei magistrati di cassazione fra professori ed avvocati di grande esperienza e fama.
«Qui è il punto; e non vale raccontare che altrove od in altri tempi si fecero e si fanno concorsi per titoli. Si muti, nelle vie costituzionali, la norma della costituzione e basterà la laurea in legge od altro titolo per diventare magistrati. Forse il metodo di scelta potrà essere giudicato migliore; ma certo costituzionale, oggi, non è. Nessun sofisma, nessuna invocazione di precedenti può riuscire a dimostrare che gli incaricati di funzioni giudiziarie siano stati nominati in seguito ad un bando per un numero determinato di posti messi a concorso. In quale Gazzetta Ufficiale fu pubblicato il bando ed in quale graduatoria del preteso concorso? E si può parlare di concorso quando non si abbia, come mai si ebbe nella specie, pubblica notizia dell’atto (bando) che lo indice e dell’atto (graduatoria) che lo conclude?
«Il decreto in base a cui gli incaricati furono nominati esplicitamente dichiarava che, entro un certo lasso di tempo, sarebbe stato bandito un concorso ad essi riservato; e coloro, i quali non fossero riusciti vincitori, sarebbero stati esonerati dal servizio.
«Gli incaricati fecero eccellente prova? E di ciò fanno testimonianza illustri magistrati ed avvocati e professori, la cui parola giustamente ha gran peso? Come non vedere che ciò aggrava grandemente la violazione della norma della costituzione? Perché giovani così valorosi non vollero assoggettarsi alla prova, che avevano la certezza di vincere? Come non meravigliare che i magistrati, i quali davano giudizio tanto lusinghiero sui loro giovani colleghi, non abbiano sentito lo strettissimo dovere di consigliare ad essi di seguire la via regia indicata dalla costituzione e dal decreto di incarico? Solo una assenza momentanea può spiegare l’offesa in tal modo recata alla dignità della magistratura. Questa sarà, come vuole la costituzione, un ordine autonomo solo quando nessuno dei suoi membri chieggia favori od eccezioni o vantaggi dagli altri poteri, esecutivo e legislativo dello Stato».