Latini e Anglo Sassoni
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/07/1906
Latini e Anglo Sassoni
«La Riforma Sociale», luglio 1906, pp. 567-568
Napoleone Colajanni: Latini e Anglo Sassoni (Razze inferiori e razze superiori) con prefazione di Giacomo Novicotz (Seconda edizione – Roma, Napoli, presso la “Rivista Popolare” 1906. – L. 6).
È opera meritoria verso la patria quella che il Colajanni ha fatto collo scrivere questo libro: le esagerazioni ed aberrazioni dei teorici della razza, l’autodenigrazione latina esercitano un’azione deprimente sullo spirito, che ritarda e infrena l’elevazione di nazioni racchiudenti ancora riserve meravigliose di energie nascoste.
Il Colajanni ha fatto una buona azione tanto più in quanto l’opera sua, che è rivolta contro chi ha costruite teoriche unilaterali e del tutto false od ha preteso rivelare leggi sociali facendo vacue declamazioni, è caratterizzata da una serenità di analisi, da una equità e moderazione di giudizio, da una copiosa e ben scelta massa di dati statistici, da un rigoroso ragionamento che ne fanno una seria opera scientifica, laddove era più facile cadere nel sentimentalismo inconcludente.
Lo svolgimento ampio dell’argomento che ne forma oggetto gli ha dato modo di esaminarlo in tutti i suoi aspetti: analizzata prima la concezione sociologica, che si impernia sul concetto della razza, egli con acuta critica mostra le contraddizioni irriducibili colla storia dei popoli moderni nelle quali s’imbatte, la inesistenza al giorno d’oggi di razze pure, l’arbitrarietà di certi criteri che di quella teorica formano la base. Ed è con una briosa arguzia, che per nulla pregiudica il rigore della trattazione, che alcune delle più strane conclusioni degli antroposociologi vengono confutate, preparando il lettore a comprendere, al lume della storia, come non solo non sia più possibile ormai la distinzione in razze, ma come gli stessi caratteri delle nazioni, mescolanze di razze diverse e prodotto del secolare sviluppo storico, vadano nel corso del tempo trasformandosi e non siano per nulla naturali e fissi, ma storici e contingenti.
Tutti i popoli hanno contribuito allo sviluppo della civiltà la distinzione fra razze superiori e razze inferiori è smentita dai confronti demografici, dalla supremazia politica militare ed economica passata volta a volta da un popolo all’altro, dai genii che sono fioriti presso tutte le nazioni, dalle condizioni intellettuali delle popolazioni, ieri barbare ed incolte, oggi civili ed istruite o viceversa, dalla considerazione delle condizioni morali così varie per uno stesso popolo nel corso della storia, da invertire talvolta i caratteri apparentemente tipici della nazione.
Fortunatamente non è un solo fattore, la razza, che segna fatalmente il destino dei popoli, ma concorrono molteplici fattori, fisici, antropologici, sociali, e son questi ultimi, tra cui tipica è l’educazione, che prevalgono oggi e permettono di vincere quegli elementi naturali che rallentassero la evoluzione delle nazioni.
Come tutte le nazioni hanno contribuito alla evoluzione della civiltà, così tutte, dopo un periodo di grandezza e di splendore, decadono; ma la decadenza non è morte, non è arresto, è sviluppo relativamente più lento di quello che subiscono i popoli che in quel momento stanno alla testa del movimento civile: la decadenza non segna la fine di un popolo, ma gli consente ancora di risorgere. E l’Italia, non ostante le pessimistiche conclusioni di alcuni teorici della razza, è risorta in modo sorprendente e in breve volgere di tempo da uno stato di abbiezione secolare quasi disperato, e va ogni giorno elevandosi verso una condizione più felice: «l’Italia tale quale è, dà la più brutale smentita, in ogni sorta di manifestazioni, ai ciechi che la considerano come un museo storico, il reliquiario di una civiltà che muore dopo aver generato quelle dell’avvenire; che la chiamano miserabile terra dell’arte e dell’eroismo, la cui esistenza è precaria».
Dopo aver abbattuto tanti pregiudizi dannosi, il Colajanni spinge fiducioso lo sguardo nell’avvenire, e vi vede instaurato il livellamento delle condizioni di tutte le nazioni, i popoli uniti fra loro da un patto saldissimo di solidarietà. «Ho fede che noi non assisteremo più alla morte e alla decadenza di alcuna nazionalità e che la evoluzione ascendente, progressiva, comprenderà nella sua orbita tutte le nazioni attuali dell’Europa e dell’America, quelle che potranno costituirsi o ricostituirsi nei Balcani e quelle rappresentanti la razza gialla, senza escludere la più lontana possibilità di veder far parte della grande famiglia umana anche i negri».
Scomparirà allora pur anche il sentimento della razza, e con esso «in un avvenire, che non sembra lontano, scomparirà la boria, il pregiudizio delle speciali civiltà. Sugli avanzi della civiltà mediterranea, ellenica, etrusca, latina, anglosassone, s’innalzerà il grande edifizio della civiltà umana».
Con questo inno alla uguaglianza, alla solidarietà, al progresso di tutti i popoli si chiude il bel libro: che la previsione e l’augurio si avverino!