L’agitazione nel Trentino
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 16/07/1901
L’agitazione nel Trentino
«La Stampa», 16 luglio 1901
Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), Vol. I, Einaudi, Torino, 1959, pp. 386-388
Le dimostrazioni dei trentini a favore della autonomia si sono rinnovate vivacissime nei giorni scorsi, dopo un periodo di tregua durata alcuni mesi. È un episodio della lotta di razze che si combatte in quasi tutte le regioni dell’impero austro-ungarico; ma è un episodio a noi più vicino di altri, poiché la lotta ha luogo fra tedeschi ed italiani, ossia fra popolazioni legate a noi coi vincoli del sangue l’una e dell’alleanza l’altra. La questione non deve essere confusa con l’altra dell’irredentismo e della unione del Trentino coll’Italia. Benché in molti trentini sia viva l’aspirazione a ricongiungersi coll’Italia, e la continua ostilità coll’elemento tedesco rafforzi sentimenti irredentisti, pure è doveroso riconoscere che essi costituiscono, più che altro, una vaga aspirazione e non sono il punto vitale dei dibattiti odierni.
I trentini oggi non chiedono l’indipendenza politica, ma combattono soltanto per l’autonomia amministrativa, giudiziaria, scolastica ed economica. A poco a poco i loro ideali si sono andati precisando e si sono concretati in domande di riforma, concrete e compatibili coll’ordinamento politico dell’impero. È lontano il giorno in cui i deputati trentini alla dieta tirolese avevano adottato una politica di muta e sdegnosa protesta, astenendosi completamente dall’intervenire alle sedute dietali e lasciando ampia facoltà ai loro colleghi del Tirolo di legiferare e di amministrare a loro piacimento.
Essi si erano accorti che una siffatta politica non era conforme agli interessi delle popolazioni da loro rappresentate, i deputati del Tirolo avendo di mira unicamente il vantaggio della parte tedesca tirolese. Spiaceva del resto ai deputati tedeschi di essere lasciati soli a capo dell’amministrazione, poiché, in tal guisa, essi avevano non solo la sostanza, ma anche l’apparenza di oppressori dell’elemento italiano, l’unico rifugio del quale riducevasi alla completa astensione.
Di qui l’accordo stipulato fra tirolesi e trentini nell’anno decorso, in virtù del quale i trentini consentivano a ritornare a partecipare ai lavori della dieta, e si prometteva di concedere una curia separata per il Trentino, cominciando così a stabilire una specie di autonomia giudiziaria. Era una promessa soltanto. Ma a far sperare nella sua attuazione concorrevano varii fatti, fra cui la nomina di parecchi professori italiani ed insegnanti in lingua italiana nell’università di Innsbruck.
Purtroppo però le promesse riforme tardarono a pigliar corpo. Mentre il progetto delle due curie si trascinava attraverso a lunghe discussioni nella dieta, i tirolesi oppositori promovevano una violenta agitazione fra i tedeschi affinché il progetto non avesse seguito; il governatore Meweldt appoggiava, ora apertamente ed ora nascostamente, l’agitazione; e si opponevano dal governo centrale difficoltà alla nomina di un quinto professore italiano, il dottor Giovanni Lorenzoni, alla cattedra di economia politica nell’università di Innsbruck.
Negli ultimi tempi la malafede dei deputati tedeschi alla dieta divenne evidente; e si palesò chiara la loro intenzione di non approvare il progetto delle due curie. I deputati italiani non vollero sanzionare colla loro presenza simile atto di malafede, e si ritirarono dalla dieta, protestando. L’agitazione si estese ben presto alle popolazioni; in tutte le città si tennero comizi; i consigli comunali di Trento e di Rovereto protestarono vivacemente. Cosicché oggi la lotta per l’autonomia ha riacquistato un carattere rivoluzionario che sembrava aver perduto. Liberali, clericali e socialisti, borghesia ed operai si uniscono tutti insieme per chiedere ad alta voce l’autonomia.
Gli oratori del comizio di Trento affermano che l’autonomia è necessaria perché il Trentino ed il Tirolo presentano tra loro diversità fondamentali. I tirolesi, affermasi, in gran parte coi denari dei trentini si sono creati la prosperità ed i grandi mezzi di comunicazione che essi vantano. «Hanno speso milioni a proprio vantaggio: a noi sono rimaste le briciole. Lo scorso anno hanno impiegato oltre due milioni in costruzioni di strade, ecc. ecc.: a noi hanno dato una ventina di mila corone. La nostra miseria è grande. Essa lancia i nostri trentini, che non trovano pane in patria, dovunque vi è lavoro e pane. Sono sparsi in tutto il mondo. A noi è rimasto un triste retaggio: la pellagra! Abbiamo paesi dove il 30, il 40, il 50% degli abitanti sono affetti da questa malattia, che è vergogna dei tempi odierni. Siamo pieni di debiti e pieni di ipoteche. Basta ricordare le espropriazioni forzate per mancato pagamento di tasse: la lotta del piccolo proprietario espropriato per la riconquista del campicello, l’altalena accanita e dolorosa di una proprietà schiacciata dalle imposte. Quali compensi abbiamo noi? Nessuno. Non istituti sussidiati dalla provincia adatti per noi. Abbiamo scuole pessime, senza luce e senz’aria, dove i bambini invece d’imparare intisichiscono. In nessuna parte dell’Austria si verificano condizioni simili. I nostri comuni sono oberati dai debiti, perché la provincia non provvede a niente. Questo stato di cose, questo immiserimento ha generato la corruzione. Basta che un capo-comune sappia larvare le sue trufferie col patriottismo austriaco per cavarsela liscia».
Siffatti sentimenti di malcontento e di dissidio non sono destinati a scomparire in breve tempo e possono essere fecondi di acerbi frutti alla causa dei tedeschi. Gli italiani sono pochi e disuniti, ma nella accanita competizione di razze dell’impero austro – ungarico non sono un elemento trascurabile. Oseranno i tedeschi andare sino in fondo al loro programma di disconoscimento dei legittimi diritti degli italiani, anche di fronte alla energica resistenza di un intero popolo?