La ripresa economica e gli accordi tra capitale e lavoro
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 17/01/1910
La ripresa economica e gli accordi tra capitale e lavoro
«Corriere della sera», 17 gennaio 1910
Dopo tre anni di rapporti relativamente tranquilli fra capitale e lavoro, l’alba del 1910, sembra annunciarsi apportatrice di scioperi e contese colossali. I ferrovieri degli Stati Uniti sono in subbuglio; pare che si debba venire ai ferri corti nel regno del Sindacato dell’acciaio; e gravi minaccie salgono su dai neri pozzi delle miniere di carbone inglesi. Né tutto ciò deve farci meraviglia. Gli anni decorsi dal 1907 al 1909 furono anni di pace sociale, perché il ciclo del movimento economico volgeva al declivio essendo l’industria ed il commercio in crisi profonda. Non è in questi periodi, quando l’industria a mala pena può reggersi e spesseggiano i disoccupati, che le maestranze operaie possono avere probabilità di vincere nelle battaglie del lavoro. Una battaglia combattuta quando gli industriali sono quasi contenti di avere un’occasione per chiudere gli stabilimenti è una battaglia perduta.
L’anno 1910, si presenta sotto ben diverso aspetto. Tutti gli indici del barometro economico segnano il ritorno del bel tempo. La crisi è liquidata, almeno è liquidata sui grandi mercati regolatori, Stati Uniti ed Inghilterra. Persino la Germania, così duramente e a lungo provata, si risolleva e gagliardamente muove verso nuove conquiste economiche. Fra tutti gli indici di progresso basti citare il rialzo dei prezzi. L’index number dell’Economist, il quale, come è noto, è una specie di somma dei prezzi di 22 principali merci, dopo aver segnato 2601 nel maggio 1907 (punto più alto di rialzo, anteriormente allo scoppio della crisi) era a mano a mano diminuito, sino a toccare 2168 punti nell’agosto 1908, punto più basso.
Dopo d’allora i prezzi sono rimasti stagnanti sino al marzo del 1909, in cui segnavano in complesso ancora 2176 punti. Da questo momento comincia la ripresa:
Marzo 1909 | 2176 |
Aprile 1909 | 2197 |
Maggio 1909 | 2223 |
Giugno 1909 | 2240 |
Luglio 1909 | 2254 |
Agosto 1909 | 2235 |
Settembre 1909 | 2258 |
Ottobre 1909 | 2306 |
Novembre 1909 | 2336 |
Ultimamente, anche la ghisa e il rame, queste due delicatissime fra le più delicate lancette che segnano il bello e il brutto tempo economico, si sono mosse; di pochi scellini la ghisa e di poche lire sterline il rame per tonnellata. Ora, quando ghisa e rame si muovono, tutte le ruote del meccanismo economico subiscono una accelerazione nel loro movimento. Vuol dire che si costruiscono più case e quindi si chiedono putrelle di ferro, che gli industriali fiutano nell’aria un aumento nella richiesta dei loro prodotti e ordinano macchinari per nuovi impianti, che le Compagnie ferroviarie vogliono avere pronte locomotive, carri e rotaie per il prossimo aumento di traffico. Gli imprenditori stanno all’erta per cogliere l’ondata di profitti che si vede o si spera di vedere prossimamente avanzarsi sull’orizzonte dell’oceano economico; e gli operai chiedono di partecipare alla veniente prosperità.
Perciò si preannunciano scioperi in questa alba del 1910. Forse sono minaccie che svaniranno; troppo evidente essendo l’interesse di amendue le parti ad accordarsi per dividere fraternamente i profitti promessi dalle favorevoli circostanze del mercato. È così grande questo interesse che nei paesi più progrediti la discussione spesso non verte più sull’ammontare dell’aumento di salario che gli imprenditori concederanno agli operai, ma sul metodo migliore, tecnicamente più perfetto, per determinare l’aumento di salario, che amendue le parti sono già d’accordo debba essere concesso in un’epoca di prezzi e di profitti crescenti. Il dibattito viene portato in una sfera più elevata delle comuni contese tra capitale e lavoro. Non più si discute volta per volta se il salario debba essere 4 o 5 lire al giorno; ma quale sia il mezzo migliore per fare variare il salario da 4 a 5 a 6 e viceversa, a seconda che ciò sia imposto dalle condizioni dell’industria.
È chiaro che una volta stabilita la base delle variazioni del salario, l’accordo può durare per anni ed anni, senza che ogni volta si debba giungere fino agli scioperi ed alle serrate per mandare su e giù di 50 centesimi o di una lira il salario giornaliero.
Gli occhi di tutta l’Inghilterra industriale ed operaia sono nel momento presente rivolti al bacino carbonifero del paese del Galles, dove il 31 dicembre è venuto a scadere il più famoso degli accordi inglesi per la fissazione dei salari in rapporto alle variazioni dei prezzi del carbone.
Era il più famoso ed anche uno dei più perfetti. I vecchi accordi erano troppo semplicisti; perché dicevano soltanto che ad ogni rialzo dei prezzi del carbone, ad es., di una lira per tonnellata, il salario a cottimo dei minatori dovesse aumentare, ad es., di mezza lira pure per tonnellata. Ciò era grossolano. Poteva accadere che gli imprenditori vendessero un o’ più caro il carbone e non guadagnassero tuttavia di più, perché erano cresciute le spese d’impianto o il costo del legname per i rivestimenti, o era scemato il rendimento del lavoro. Poteva darsi altresì che i prezzi del carbone fossero diminuiti, perché gli imprenditori contavano di rifarsi in parte colla diminuzione automatica del salario degli operai e in parte col produrre di più, il che faceva ribassare ancor più i prezzi; e gli operai reputavano in tal caso di essere danneggiati.
L’accordo del 1905 consiste in un perfezionamento arrecato al sistema antico, conosciuto sotto il nome di scala mobile. Non più un legame automatico, rigido fra prezzo del carbone e salario del minatore; ma facoltà data ad un Ufficio di conciliazione – nominato dalle due parti e presieduto da un arbitro estraneo – di valutare di volta in volta tutte le circostanze che influiscono sul variare del prezzo. L’Ufficio deve cioè, come regola generale, basarsi sul prezzo del carbone e fare aumentare il salario quando il prezzo cresce e farlo diminuire quando il prezzo scende.
Ma esso non è legato in modo assoluto a questa regola; e può tener conto dei cambiamenti nel costo della produzione, nel rendimento del lavoro, ecc., ecc. Alle variazioni del salario sono posti due limiti, uno minimo e uno massimo. Il salario al minimo deve superare del 60 per cento il salario che per le varie specie di lavoro era fissato nel 1879. Essendo cresciuto il costo della vita, si è reputato che l’operaio dovesse al minimo guadagnare il 30 per cento di più che nel 1879. Ciò vuol dire che quando i prezzi del carbone rinvilissero oltremodo, il solo imprenditore dovrebbe sopportarne le conseguenze dannose. A guisa di compenso, è detto che i salari non possono aumentare al massimo oltre il 60 per cento in più dei salari-base del 1879. Se i prezzi del carbone aumentano moltissimo, il guadagno oltre ad un certo segno è tutto dell’imprenditore, come sono tutte sue le perdite quando i prezzi ribassano troppo. Fu stabilito altresì che il salario minimo (ossia del 30 per cento in più della base del 1879) corrispondesse ad un prezzo di 11 scellini e 10 pence per tonn. del carbone posto nella stiva della nave.
L’accordo produsse effetti mirabili per operai e padroni. Quanto ai primi, ecco quali furono, le variazioni dei prezzi del carbone e dei salari nei quattro anni in cui esso rimase in vigore:
Prezzo medio di vendita del carbone grosso | Livello dei salari | Scellini Pence % in più del salario base del 1879 | |
1906 | 12 | 3.67 | 33.12 |
1907 | 14 | 8.80 | 49.06 |
1908 | 15 | 8.53 | 60 |
1909 | 13 | 7.73 | 31.46 |
L’industria carbonifera non sofferse che assai tardi delle conseguenze della crisi del 1907. Per molte circostanze, fra cui lo sviluppo lento della coltivazione delle miniere in confronto ai progressi generali dell’industria, i prezzi del carbone ribassarono solo nel 1909; sicché i minatori guadagnarono sempre più del salario minimo (30 per cento in più del salario-base del 1879) e, nel 1908 giunsero a guadagnare il massimo, ossia il 60 per cento in più del salario-base.
D’altro canto gli industriali, sicuri che avrebbero goduto per quattro anni di assoluta tranquillità nei rapporti coi loro operai, poterono dare un grande impulso alla produzione ed alla esportazione del carbone (che è il noto Cardiff) in tutti i paesi del mondo. Ecco i progressi compiuti nel bacino carbonifero del paese del Galles dal principio del secolo:
Produzione tonn. | Esportazione tonn. | |
1900-1902 | 39.947.000 | 21.919.000 |
1903-1905 | 43.029.000 | 24.168.000 |
1906 | 47.055.969 | 27.610.811 |
1907 | 49.978.196 | 29.956.286 |
1908 | 50.221.278 | 29.680.395 |
Favorite dagli alti prezzi e dalla abbondante produzione, le miniere di carbone hanno dato dividendi cospicui, quali non si erano visti dopo gli anni leggendari del 1870-75.
Col 31 dicembre 1909 l’accordo è scaduto. Ma verrà assai probabilmente rinnovato. Adesso corrono parole aspre e gli atteggiamenti sono bellicosi.
È il preludio necessario delle concessioni reciproche che operai ed imprenditori troveranno conveniente di farsi.
Noi abbiamo voluto ricordare l’esempio della scala mobile dei minatori del Galles, perché le classi industriali ed operaie sappiano trarne profitto.
In Italia purtroppo la ripresa vera del movimento economico non si è ancora bene affermata. Qua e là – specie nel commercio internazionale – si intravvede l’alba del giorno che sorgerà splendente. Vi sono però ancora alcuni malati da guarire e l’economia nazionale zoppica ancora. Nell’anno o nel periodo di tempo – qualunque esso sia – che rimane ancora da trascorrere prima della ricostituzione finale e del nuovo slancio, potrebbero le Associazioni di imprenditori e di operai studiare il grave problema. Industria per industria, potrebbero essere esaminati i congegni più efficaci e perfetti per risolvere in modo pressoché automatico le questioni relative all’altezza del salario. Così, quando il sole sarà spuntato, imprenditori ed operai potrebbero, d’accordo, essere pronti per sfruttare al massimo l’ondata della prosperità. Sembra che sia questa una politica migliore del lasciar passare, guardandosi in cagnesco, l’ondata purtroppo sempre fuggevole, rimanendo alfine amendue all’asciutto.