Opera Omnia Luigi Einaudi

La liquidazione della cassa-pensioni di Torino e le dimissioni dell’istituto di S. Paolo

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 08/02/1913

La liquidazione della cassa-pensioni di Torino e le dimissioni dell’istituto di S. Paolo

«Corriere della sera», 8 febbraio 1913

 

 

 

On. sig. Direttore,

 

 

A completa smentita di quanto è pubblicato nel numero di ieri del di lei pregiato Giornale, e di quanto viene asserito nell’articolo dell’egregio prof. Einaudi pubblicato nell’odierno numero del suo giornale, voglia prendere atto e dare atto ai suoi lettori che la rinuncia fatta dall’Istituto delle Opere Pie di S. Paolo alla carica di R. Commissario liquidatore di questa Cassa Pensioni, carica alla quale era stato chiamato dalla fiducia del Governo, è dovuta unicamente ed esclusivamente alla ferma, risoluta e categorica opposizione fatta dal Consiglio di Amministrazione, dal Collegio dei Sindaci e dalla Direzione di questa Cassa alle condizioni alle quali il Governo aveva affidato all’Istituto delle Opere Pie di S. Paolo la carica di R. Commissario liquidatore, condizioni per le quali, in assoluto contrasto a quanto è tassativamente stabilito dalla legge, si consentivano all’Istituto liquidatore, sotto forma di provvigioni, ed a danno del patrimonio sociale, ingenti benefici, ammontanti a parecchie diecine di migliaia di lire.

 

 

Questa, ripeto, è unicamente e solamente la ragione per la quale l’Istituto delle Opere Pie di S. Paolo si vide forzatamente costretto a declinare la carica di R. Commissario liquidatore di questa Cassa, carica che aveva già accettata, tantoché già era stato notificato all’Istituto di S. Paolo ed a questa Cassa il Decreto Reale di nomina.

 

 

Le interessate ed ufficiose difese dell’Istituto delle Opere Pie di S. Paolo e le lodi colle quali il Governo ha creduto di rendere meno dolorosa all’Istituto delle Opere Pie di San Paolo la forzata rinuncia fatta alla carica di R. Commissario liquidatore di questa Cassa nulla tolgono e nulla aggiungono alle verità di quanto affermo, verità che all’occorrenza potrà essere ampiamente documentata.

 

 

Colla massima osservanza,

Il Direttore CHIAPPORI.

Torino, 7 febbraio 1913.

 

 

Io avevo scritto:

 

 

«Alle speranze del ministro di vedere la sua scelta (dell’Istituto di San Paolo come commissario liquidatore) da tutti applaudita non corrisposero gli effetti; poiché il Consiglio di amministrazione della disciolta Cassa Pensioni sembra abbia assai vivacemente protestato contro le tariffe e le clausole in base alle quali la liquidazione era stata affidata all’Istituto di San Paolo, rilevando che le tariffe erano eccessive e troppo rimunerative per l’istituto liquidatore con danno dei soci della Cassa. Ma pare anche che, mentre così tutelava gli interessi dei 350 mila soci, il Consiglio di amministrazione della Cassa esigesse dall’istituto liquidatore garanzie e importanti oneri indefiniti, a favore dell’attuale personale della Cassa.

 

 

Di fronte alle quali richieste, l’Istituto di San Paolo credette opportuno di dimettersi; ed essendo le sue dimissioni irrevocabili, venne nominato regio commissario un funzionario del Ministero del Commercio».

 

 

Io avevo dunque – senza esprimere alcun apprezzamento sul fondamento delle accuse e delle risposte – assegnato alle dimissioni dell’Istituto di San Paolo due cause; prima, le accuse di indebito arricchimento per eccessività di tariffe, mosse dal Consiglio della Cassa; seconda, le richieste di garanzie, importanti oneri indefiniti, riguardo al personale della Cassa, che, dicevo, parevano essere state presentate dal Consiglio defunto della Cassa. Il direttore della Cassa afferma che la causa delle dimissioni, che egli dice «forzate», fu unicamente la prima e non la seconda. Prendo atto che tale è la sua opinione in merito; ma la sua opinione intorno alle cause delle deliberazioni altrui non ha su di me, per sé stessa, nessuna virtù persuasiva. Poiché egli dice di avere le prove del suo convincimento, le divulghi sui bollettini della Cassa; e su quelle prove anch’io potrò acquistare quella persuasione che ora mi fa difetto. Egli dovrà provare altresì che dall’ex-Consiglio o da qualche gruppo di consiglieri o di funzionari, ecc., ecc., non fu presentata richiesta formale o ufficiosa all’Istituto di San Paolo di garantire, o altrimenti fare sue, le nuove norme votate al principio del 1912 dall’ex-Consiglio rispetto al personale; e dovrà dare la dimostrazione che queste norme, ed altre eventuali richieste del personale, non importavano un onere di carattere indefinito, che poteva riuscire pericoloso per il patrimonio sociale, forse altrettanto e magari più delle provvigioni richieste dall’Istituto di S. Paolo.

 

 

Poiché gli ex-amministratori e i dirigenti della Cassa hanno creduto di ben avere operato «forzando» – secondo il loro linguaggio – un istituto che a Torino è circondato dall’universale stima, a dimettersi esclusivamente per aver riconosciuta la verità delle loro allegazioni di tentato arricchimento a danno dei soci della Cassa, mi si consenta di opinare che meglio si sarebbe operato: primo, se sin dal principio il Ministero si fosse informato quali erano le tariffe eque, ossia correnti in banca, per siffatte operazioni; secondo, se, non avendo pensato per tempo a ciò, avesse convenuto coll’Istituto di San Paolo che i benefici della liquidazione avrebbero dovuto andare ad esclusivo beneficio dei soci della Cassa; terzo, se, riluttando a ciò l’Istituto di San Paolo, cercasse ora qualche altro Ente egualmente rispettabile che fosse disposto ad assumersi la liquidazione.

 

 

Perché gli ex-amministratori e dirigenti della Cassa gravemente errano quando immaginano che i 350.000 soci abbiano ad assistere fiduciosi a una liquidazione fatta da un funzionario governativo, per quanto ineccepibile. Si voglia o no, il Governo, col suo Istituto nazionale delle assicurazioni, è parte interessata a che la liquidazione venga fatta in un certo modo e non in un altro. Ho già spiegato la cosa abbastanza chiaramente per dovervi tornar sopra. Ben era stato consigliato il ministro ad affidare la liquidazione a un Ente indipendente. Se non si vuole quelli di San Paolo, se ne scelga un altro; ma sia un Ente che dia ai soci affidamento di indipendenza di fronte al Governo, all’istituto nazionale, al personale, all’ex-Consiglio ed agli antichi dirigenti della Cassa; e che curi esclusivamente gli interessi dei soci. Hanno almeno i signori ex-amministratori e dirigenti curato che al nuovo regio commissario fossero fissati compensi più equi di quelli convenuti col vecchio liquidatore? O non fu convenuto nulla e la liquidazione si farà a economia? Confesso che, in quest’ultimo caso, le prospettive per i soci della Cassa non mi paiono soverchiamente soddisfacenti, non essendosi finora mai visto che le amministrazioni di funzionari governativi siano dei miracoli di buon mercato; tanto più quando i funzionari governativi dovrebbero avere il coraggio, che non è umano pretendere da un burocratico, di diminuire a grado a grado un personale, il cui onere diventerà sicuramente crescente a misura che procederà la liquidazione.

 

 

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