La cronaca dei libri. I libri del cinquantenario
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 14/10/1911
La cronaca dei libri. I libri del cinquantenario
«Corriere della sera», 14 ottobre 1911
Il cinquantenario che si celebra in quest’anno ha dato occasione a parecchie iniziative editoriali, intese a commemorare i progressi compiuti dall’Italia unita dopo il 1860. A tout seigneur tout honneur: col titolo Cinquant’anni di storia italiana, la Reale Accademia dei Lincei di Roma si è fatta iniziatrice, col concorso del governo, di una grande pubblicazione in tre volumi, di cui sono finora editi i primi due (in vendita, elegantissimi e severamente legati, presso l’editore Ulrico Hoepli. Milano).
Si può dire che questa dell’accademia dei Lincei sia la commemorazione ufficiale del cinquantenario. Prese le mosse da una proposta fatta nel dicembre 1909 dall’on. Paolo Carcano, ministro del tesoro del Gabinetto Giolitti e fu compiuta con una dotazione speciale del governo. Qua e là, essa risente di questo suo carattere ufficiale, specialmente laddove gli avvenimenti sono politici o toccano gli uomini di partito che contribuirono a fare la storia italiana.
Trattandosi di opera commemorativa ed ufficiale, dobbiamo dire che il metodo oggettivo prescelto non solo era indispensabile, ma diede risultati ottimi. Ognuna delle monografie staccate che compongono i due volumi finora usciti, comprende dati e notizie preziose, raccolte a gran fatica e che riusciranno utilissimi a chi vorrà in avvenire studiare il progresso dell’Italia nel primo cinquantenario di sua esistenza unita. Un primo gruppo di monografie tocca i progressi delle applicazioni scientifiche. L’Accademia, pure essendo un corpo scientifico, ha escluso lo studio della scienza pura, campo vastissimo, che ha carattere internazionale, più che nazionale. Invece le applicazioni scientifiche fanno vedere quanto si sia operato a divulgare in Italia gli insegnamenti scientifici ed a renderli fruttuosi. Giovanni Celoria ed Ernesto Gliamas descrivono la grande opera della triangolazione geodetica e della cartografia ufficiale del Regno; Giuseppe Colombo narra i risultati ottenuti con il trasporto dell’energia a distanza, in che l’Italia è divenuta maestra al mono; Guglielmo Koerner parla dell’industria chimica nel cinquantenario; Luigi Baldacci descrive come si sia fatta e si stia perfezionando la carta geologica d’Italia; mentre Elia Millosevich tratta delle principali esplorazioni geografiche italiane, Luigi Pigorini della Preistoria, Giuseppe Gatti dell’Archeologia, Luigi Palazzo della Meteorologia e Geodinamica e Biagio Brugi della Giurisprudenza e dei Codici.
Un secondo gruppo, che si potrebbe chiamare politico – militare, comprende tre monografie: un sommario di storia politica ed amministrativa d’Italia dettato da Raffaele De Cesare. L’illustre storico della Fine di un Regno non smentisce qui la sua fama di cronista sereno, elevato, con qualche arguta punta di elegante ironia. Il generale Fiorenzo Bava Beccaris narra dell’Esercito italiano, suo successivo ampliamento, suo stato attuale, con intonazione forse un po’ eccessivamente piemontese, ma con ricchezza di notizie interessanti; l’ing. Gustavo Bozzoni descrive le vicende della marina militare e delle costruzioni navali, compiendo il lavoro che nelle grandi linee era già stato iniziato dall’ammiraglio Masdea. L’ultimo gruppo è quello economico – finanziario – sociale: Rodolfo Benini tratta della demografia italiana; Carlo F. Ferraris delle Ferrovie; Quirino Maiorana della Posta, telegrafo, telefono; Giovanni Roncagli dell’Industria dei trasporti marittimi; Vincenzo Masi dell’Istruzione pubblica e privata; Ademollo Umberto delle Colonie, Ghino Valenti dell’Italia agricola del 1861 al 1911; Evandro Caravaggio della Beneficenza pubblica, di Stato o legale e privata, Marco Besso della Previdenza sociale: Paolo Carcano delle Finanze.
Ognuna di queste monografie meriterebbe un articolo, ma l’urgenza dello spazio non consentendolo, i lettori faranno bene a studiare il testo. Vi impareranno molte cose, anche curiose. Per esempio che i Comuni d’Italia, che erano 8789 nel 1861, nel 1901 erano solo più 8290; che le città con più di 20 mila abitanti si sono raddoppiate nel frattempo, passando da 56 a 94: che una volta, in talune parti d’Italia, la francatura delle lettere costava meno d’adesso: in Toscana 10 centesimi, nelle provincie napoletane appena cent. 8.5. Ciononostante gli aumenti della corrispondenza furono enormi: dal 1861 al 1908-909 le lettere e cartoline passarono da 71.5 a 334.3 milioni, le stampe da 40.2 a 631.1 milioni; i pacchi postali da zero a 15.8 milioni, il valore dei vaglia da 69.5 a 1725.5 milioni di lire; i telegrammi da 2.8 a 73.7 milioni. Il naviglio militare italiano contava 97 navi nel 1861 e ne conta 342 nel 1911: e frattanto il dislocamento passava da 112.726 a 506.755 tonn.; la forza delle macchine da 17.710 a 1.186.270 cavalli; il numero dei cannoni da 1146 a 1939 ed il valore approssimativo da 85 a 948 milioni.
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Meno vario, per la natura stessa dell’argomento preso a trattare; ma più organico, il libro di Michele Santoro: L’Italia nei suoi progressi economici dal 1860 al 1910, con prefazione dell’avv. Antonio Monzilli (Roma, edizione dell’Economista d’Italia, 1911, pagg. XXVII – 522. Prezzo L. 10). Scritto in seguito ad un concorso bandito dall’Economista d’Italia, il libro del Santoro ha per iscopo di descrivere i progressi economici d’Italia in mezzo secolo, ed affronta l’assunto con due quadri: l’uno delle condizioni degli antichi Stati italiani prima del 1860 e l’altro dell’Italia nel 1910.
L’ombra dell’oblio è discesa talmente scura sulle cose economiche italiane prima dell’unità, che i quadri scritti dal Santoro di quello che erano il Regno delle Due Sicilie, lo Stato Pontificio, il Granducato di Toscana, il Ducato di Modena, il Ducato di Parma e Piacenza, il Regno Lombardo-Veneto, gli Stati Sardi, riescono assai suggestivi, specie col confronto vicino dei dati contenuti nella seconda parte. Per la malaugurata chiusura degli archivi agli studiosi per le cose dopo il 1815, il Santoro ha potuto usufruire soltanto il materiale stampato; ma anche così ridotto nelle fonti, il quadro è sufficientemente ampio. Tutti gli aspetti dell’attività economica dell’uomo vi sono studiati: dalle miniere all’agricoltura, dalle industrie ai trasporti, dalla navigazione al commercio, dal credito alla previdenza, dalla moneta alle finanze, ecc.
Vogliamo sintetizzare in poche cifre quale fu il progresso compiuto nel cinquantenario dall’Italia, secondo il Santoro? La ricchezza degli italiani nel 1860 era di 35.425 milioni; ed ora è di 74.500 milioni, quasi raddoppiata. Ma siccome la popolazione è cresciuta da 25 a 34 milioni di persone, la ricchezza media per abitante è aumentata solo da 1420 a 2125 lire. L’aumento è del 50 per cento circa; e forse si sarebbe potuto desiderare di più. Trattasi però di cifre talmente incerte che l’importanza è che esse dimostrino non essere gli italiani rimasti fermi.
Accanto a queste riassuntive il volume del Santoro ne contiene molte altre più particolareggiate, sicché esso riesce utilissimo per quanti, uomini politici e studiosi, vogliono avere sottomano i dati per formarsi un concetto di quel che era economicamente mezzo secolo fa e di quel che è oggi l’Italia.