Il sistema finanziario bolscevico
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 27/04/1922
Il sistema finanziario bolscevico
«Corriere della Sera», 27 aprile 1922
Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), vol. VI, Einaudi, Torino, 1963, pp. 696-702
Noi occidentali siamo ignoranti in modo straordinario sui particolari del grande esperimento russo. I nostri progetti per la ripresa delle relazioni economiche sono vaghi e spesso inapplicabili, perché non sappiamo con chi abbiamo a che fare e che cosa trattiamo. Sfortunatamente il tempo occupato dagli uomini di stato nel discutere su delle astrattezze non è impiegato dai nostri periti nello stabilire personali contatti con i periti russi. Anche se si giungesse all’accordo su principii generali, prima che possa essere stabilito uno schema pratico, occorrerebbe da ambo le parti un grande allenamento di reciproca comprensione. Ho cercato di accertare, ponendo delle domande agli esperti russi, alcuni fatti elementari intorno alle presenti condizioni delle loro finanze. Le risposte datemi, che verrò esponendo sommariamente, sono senza dubbio di grande interesse.
Il sistema dell’economia non monetaria è stato abolito nel corso degli ultimi sei mesi, sebbene il trapasso non sia completo e alcune industrie, quella del carbone ad esempio, siano ancora organizzate col vecchio sistema dello stato, che provvede i lavoratori di tutto quanto essi abbisognano e si prende in corrispettivo la intera produzione. Questo mutamento è stato accompagnato dall’introduzione di un bilancio regolare sul tipo di quelli occidentali nel novembre ultimo, le cifre del quale hanno subito in seguito notevoli modificazioni.
Per evitare le brusche fluttuazioni del rublo carta, il ministero delle finanze russo calcola sulla base di un’unità, da esso chiamata rublo oro, ma che in realtà è un indice composito rappresentante il potere d’acquisto del rublo oro nel 1913. Esso calcola, ogni settimana, un numero indice, che rappresenta quanti rubli carta siano necessari per acquistare ciò che un rublo oro avrebbe acquistato nel 1913. Il grado terrificante di deprezzamento della circolazione cartacea negli ultimi cinque mesi è mostrato dalla seguente tabella, che indica il numero dei rubli carta necessari per comperare quanto avrebbe acquistato un rublo oro nel 1913:
rubli | ||
1 Dicembre | 1921 | 107.000 |
1 Gennaio | 1922 | 170.000 |
1 Febbraio | 1922 | 420.000 |
1 Marzo | 1922 | 1.060.000 |
1 Aprile | 1922 | 2.100.000 |
Ciò è spiegato dal fatto che l’introduzione di un sistema monetario nell’industria condusse ad emissioni enormi di moneta cartacea nel periodo di transizione. Ma ora le emissioni di moneta circolante si fanno su di una scala molto minore, col risultato che, nelle ultime tre settimane, il valore del rublo carta ha mostrato qualche segno di stabilità.
Il lettore deve tener conto che la tabella su riferita è un indice del potere di acquisto del rublo carta all’interno, e non del suo valore di cambio. Non vi è una regolare quotazione per il rublo carta, ma alla fine di marzo la Banca di stato offriva quattro milioni di rubli per una sterlina, mentre il valore privato del rublo sul mercato clandestino era forse due volte maggiore. Così abbiamo l’inatteso fenomeno che il potere d’acquisto del rublo all’interno è molto minore che il suo potere d’acquisto all’estero, l’opposto,cioè, di ciò che avviene in Germania, in Polonia e in Austria. Ciò è senza dubbio dovuto ai rigidi divieti delle importazioni, combinati con l’eccessiva sfiducia per il rublo nell’interno del paese, causata dalla sua caduta catastrofica negli ultimi mesi. Se le agevolazioni per le importazioni aumentassero, il valore di cambio del rublo diminuirebbe rapidamente anche al disotto del valore suo attuale sul mercato clandestino.
Bisognerebbe aggiungere che le cifre suddette si riferiscono al vecchio rublo di carta. Questo è stato ultimamente sostituito da un nuovo rublo, equivalente a diecimila dei vecchi rubli, cosicché all’ 1 aprile, 210 rubli nuovi erano equivalenti a un’unità dell’indice del cosidetto rublo oro. Con questa rivalutazione del rublo, sono evitati gli inconvenienti dell’uso di cifre altissime, astronomiche, nella vita giornaliera.
Il futuro di questo rublo dipende evidentemente dal progresso che potrà esser fatto verso il pareggio del bilancio senza emissioni cartacee. Noi dobbiamo dunque volgerci a considerare le cifre delle entrate e delle spese statali. Quelle che noi daremo ora costituiscono la media mensile del bilancio preventivo per aprile, maggio e giugno dell’anno corrente.
La spesa mensile è stimata a una quantità di beni equivalente a quella che, prima della guerra, avrebbe potuto essere acquistata con cento milioni di rubli. Dato che i prezzi valutati in oro sono generalmente del 50% superiori alle cifre prebelliche, si ha una somma di circa 15 milioni di sterline mensili o di 180 milioni di sterline per anno, somma notevole, ma non tanto, in considerazione dell’estensione del territorio amministrato. Di questa somma, circa il 28%,cioè 50 milioni di sterline per anno, è dedicato all’esercito, il che, date le condizioni presenti russe, deve rappresentare un considerevole sforzo militare. Una somma dal 15 al 20% è destinata a coprire il disavanzo della gestione ferroviaria; un altro 10% è speso nell’istruzione, un 8% per la salute pubblica, un 10% per il ministero dell’agricoltura, mentre la macchina burocratica amministrativa, la giustizia e i minori commissariati esigono dal 15 al 20%, lasciando un residuo del 10% per varie spese straordinarie. Queste cifre danno del programma generale del governo bolscevico un quadro migliore di quello presentato da ogni altro dato a me sinora noto in argomento.
Quanta parte di queste spese è coperta dalle entrate? L’entrata principale è data dalla decima sui prodotti agricoli, recentemente sostituita alla requisizione delle eccedenze del raccolto terriero, requisizione il fallimento della quale ebbe così larga responsabilità nel collasso della prima fase del bolscevismo economico. Non so bene con quanta esattezza questa decima sia imposta, ma credo che vi sia qualche elasticità nel decimo dei prodotti nominalmente percepiti e che siano concessi sgravi, secondo il numero dei componenti la famiglia del contadino, l’entità della sua produzione eccedente ed altri fattori relativi alla sua capacità tributaria. Ed è interessante che i rivoluzionari siano così ritornati alla più primitiva ed antica di tutte le imposte, un tempo generale in Europa ed usata anche in Turchia sino ai nostri giorni. Il ricavato della decima copre il 40% delle spese, il che significa che anche ora la produzione normale agricola della Russia è stimata a più di 700 milioni di sterline. Misurata quantitativamente, l’attuale produzione agricola è stimata dai russi in questo anno di carestia a circa la metà della produzione prebellica: e i russi credono che un normale raccolto, nelle presenti condizioni, prescindendo dalla carestia, raggiungerebbe circa i due terzi del raccolto normale prebellico.
Un ulteriore 15% delle spese è coperto da varie imposte indirette, molto affini a quelle che esistevano sotto il vecchio regime e che colpiscono prodotti come il petrolio, i fiammiferi, il tabacco, il sale, lo zucchero e il té, con una percentuale di oltre il 30% «ad valorem», e, inoltre, da una nuova imposta del 2% sui trapassi commerciali.
Un altro 15% delle spese è coperto dal ricavo dei trusts (consorzi) che nella nuova politica economica prendono il posto delle industrie nazionalizzate. Questi trusts sono stati ora organizzati per 30 industrie e più. Essi sono enti autonomi, amministrati da consigli d’amministrazione, composti di lavoratori, tecnici e capitalisti, i quali sono scelti non dai dipendenti, ma dal supremo consiglio dell’economia nazionale. I trusts pagano salari in moneta, vendono i loro prodotti sul mercato a contanti e pagano all’erario una certa percentuale dei loro introiti. Non sarà facile sistemare il problema della restituzione della proprietà privata finché non avremo schiarimenti maggiori di quelli che noi non possediamo attualmente sull’azione e sui principii regolatori di queste istituzioni ora fondate.
Le imposte così coprono il 70% delle spese. Il pareggio è raggiunto attingendo, per un 10%, alla riserva aurea e per il residuo 20% stampando carta-moneta. (Oltre al bilancio statale, vi sono bilanci municipali e di governi locali, i quali ammontano fra tutti a circa 20 milioni mensili delle unità equivalenti al potere d’acquisto del rublo d’oro prebellico).
Le autorità finanziarie russe esprimono la loro decisa risoluzione di pareggiare completamente il bilancio fra non molto e affermano che molte delle loro imposte sono nuove e daranno un rendimento migliore quando saranno in piena efficienza. Ad ogni modo, se noi possiamo fidarci delle cifre su esposte, la Russia è più prossima al pareggio del bilancio che ogni altro stato a lei immediatamente vicino. E certamente appare che il progetto di dare al rublo-carta qualche valore, stabilizzandolo, non è più formidabile di quello che non sia la stabilizzazione di molte altre monete. E chi sa che la Russia non ci dia la sorpresa finale d’essere il primo stato fra i belligeranti europei a stabilizzare la sua moneta. In certo modo, il suo collasso completo la aiuterà, perché la vecchia moneta è eliminata e nessuno in Russia ne procrastinerà la svalutazione nella vana speranza di un ritorno al valore prebellico. Il precedente della Francia rivoluzionaria è in suo favore, poiché in essa la rovina finale dell’assegnato fu seguita immediatamente da un ritorno ad un livello stabile dell’oro, alcuni anni prima che la Banca d’Inghilterra, col fardello delle banconote esistenti da redimere, pensasse essere prudente seguirne l’esempio.
Ma anzitutto molto deve essere fatto per sviluppare le esportazioni. Ho compiuto qualche indagine su questo punto: i porti baltici non sono ancora liberi per la navigazione estiva, ma i russi dicono di avere accumulato merce pronta all’esportazione, principalmente legname, pelli, pellicce, lino, canapa, petrolio, benzina, manganese, platino e minerali di radio, per un valore di stima di cento milioni dei cosidetti rubli-oro e cioè di circa 15 milioni di sterline. Queste cifre sembrano verosimili, sebbene io non sappia quale fede possano ispirare.
Ho fatto molta esperienza nel passato relativamente ai funzionari del vecchio regime del tesoro russo e, a meno che i loro successori bolscevichi non siano molto più esatti che quelli non fossero, è difficile sapere quanta fiducia si possa avere nelle cifre suddette. Ma esse non danno l’impressione, né la davano i funzionari dai quali le ho ottenute, che sia giustificata l’idea che abbiamo della Russia dei soviet come di un caos o di una palude primeva. Uno straordinario esperimento di socialismo è in via di sviluppo. Credo che là vi possano essere salde basi, sulle quali costruire un ponte. Le rivoluzioni, particolarmente in Russia, non sono affari in guanti gialli, ed un mero disgusto od una indignazione morale, i quali non siano seguiti dalla curiosità d’indagare i fatti, non sono mai di per se stessi giusta reazione a un grande avvenimento storico.
J.M. KEYNES
Le notizie che il Keynes ha raccolto dalla bocca degli esperti russi sono certo molto interessanti, perche è sempre interessante sapere quel che di fatto accade in un paese di cui si hanno in genere notizie vaghe e poco attendibili. Ma pare a noi che quel che vi è di più attendibile nelle notizie degli esperti russi sia poco confortante per chi spera nella ricostruzione economica di quel grande paese e quel che vi è di confortante sia un insieme di ipotesi di cui non è dato di apprezzare l’attendibilità. Il solo fatto veramente certo, che i russi sono costretti a confessare, è che il rublo è deprezzato in maniera fantastica e va deprezzando ognora più. I bolscevichi dicono in verità che le emissioni rallentano e che il rublo carta dà segno di volersi stabilizzare; ma le loro asseverazioni riuscirebbero più plausibili se avessero la bontà di fornire situazioni e dati precisi, mese per mese, dall’origine del loro dominio ad ora, un po’ simili a quelli che ci offrono le banche dei paesi capitalistici.
Quanto al resto, purtroppo non è possibile prendere sul serio le previsioni ufficiali russe. Sarebbe lo stesso come se si fosse tempo fa andati a chiedere un parere sulle finanze del comune di Milano all’assessore Ausonio. Tutto benissimo, nel migliore dei modi possibile. I bolscevichi ci raccontano che il loro bilancio è in procinto di equilibrarsi ed il Keynes, pur essendo scettico intorno alla attendibilità delle cifre russe, bonariamente conclude che forse forse la Russia potrà persino dare l’esempio agli altri paesi della stabilizzazione del rublo. L’esempio della Francia rivoluzionaria è, da questo speciale punto di vista, suggestivo. è noto che un bel giorno il governo francese dichiarò nulli tutti gli assegnati ed i mandati territoriali; e con la scomparsa di tutta la cartaccia sporca, ricomparve l’oro, l’aggio fu fugato e la Francia vide risanata la sua circolazione, assai prima che l’Inghilterra. Qui si dimentica però una circostanza capitalissima: Napoleone. Il grande uomo non vinse solo battaglie, non bandì ed applicò soltanto il principio che gli eserciti dovessero vivere sul paese occupato, riducendo così a poco le spese di guerra gravanti sulla Francia; ma fu in patria il segnacolo in vessillo del ritorno all’ordine; rispetto alla proprietà, codice civile, sicurezza, strade, incoraggiamento al commercio. Mai la borghesia commerciale ed industriale, mai i contadini proprietari furono così forti ed operosi e sicuri come allora. Dove è il Napoleone civile della Russia? Da quanto si sapeva prima e da quanto gli esperti russi hanno confermato al Keynes, i russi si baloccano ancora in mezzo ad infantilità immature di apprendisti costretti a viva forza ad imparare l’abici dell’economia: siamo ancora alla imposta in natura, che i comunisti e socialisti nostrani ci hanno vantato come una meravigliosa scoperta, e che ironicamente il Keynes in quattro parole riduce a quello che essa è, ossia la copia di un grossolano sistema di percepire imposte, che si usava dappertutto nel medio evo ed ora è conservato in Africa ed in Asia. Siamo ai «trusts industriali» che i russi ci gabellano come la loro «nuova» politica economica, come se non si trattasse della vecchia conoscenza delle compagnie privilegiate, tanto in uso nei secoli diciassettesimo e diciottesimo. Tutto ciò da un lato è il balbettamento economico di gente che faticosamente sale i primi scalini dell’evoluzione economica cominciata nell’Europa occidentale alcuni secoli or sono; ma dall’altro lato è lo sforzo di un piccolo gruppo di gente astuta, la quale avendo il potere, è determinata a conservarlo ed a cavar per giunta denari dagli avversari. Visto andare a male l’esperimento collettivista, adesso hanno immaginato il congegno delle concessioni di stato. Finché durava l’esperimento comunistico non c’era nulla da fare per gli europei in Russia, fuorché aspettare il disastro finale. Oramai il disastro è avvenuto – e davvero il Keynes è indulgente fin troppo a parole, quando dice che è in corso un esperimento di socialismo. Finito, finito! Finito nelle campagne con la diffusione della proprietà individuale contadina. Finito nelle città, con la concessione delle industrie ai trusts di tecnici, operai ed ex capitalisti, a questi ultimi in prima fila ed agli altri per contorno. Oggi gli europei possono cominciare a ritornare in Russia. Ma in quali condizioni? Ai bolscevichi, per vivere, è necessario l’ambiente di incertezza e di arbitrio insito nel sistema delle concessioni governative e dei trusts o compagnie privilegiate. Essi sanno che, se restaurassero l’imperio della legge, il riconoscimento pieno dei diritti del risparmio, del mio e del tuo, i loro giorni sarebbero segnati. Perciò temiamo che, per un pezzo almeno, industriali e risparmiatori di buona fede debbano usare un’estrema cautela nei riguardi della Russia.