Il significato delle elezioni di Nuova York
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 10/11/1897
Il significato delle elezioni di Nuova York
«La Stampa», 10 novembre 1897
Le elezioni compiutesi la settimana scorsa a Nuova York sono state fonte di viva e dolorosa sorpresa per coloro che seguivano anche da lungi l’andamento degli affari municipali della grande città americana.
Parecchi fattori contribuivano a rendere le elezioni nuovayorkesi una delle più memorabili battaglie combattute negli ultimi anni.
Londra è più popolosa di Nuova York, ma non possiede una unica rappresentanza, e non forma una sola unità organica. Il Consiglio della contea di Londra corrisponde ai nostri Consigli provinciali e ad esso sono devolute funzioni limitate e chiaramente circoscritte dalle leggi. Accresceva interesse alle elezioni il fatto che per la prima volta Nuova York e Brooklin, insieme ad altre città circonvicine, si affermavano come la Greater New York. Vi si aggiunga la drammatica morte di Enrico George, il famoso nazionalizzatore della terra e fautore della single tax, destinata a sostituire tutte le altre imposte e ad atterrare dalle basi il monopolio dei proprietari del suolo.
Il risultato delle elezioni è noto; su 508,604 elettori il candidato democratico della Tommany Hall, Van Wyeck, di famiglia olandese, riuscì primo con 235,181 voti, distanziando il candidato della Riforme Seth Low di più di 80 mila voti. A grande distanza seguirono i candidati del partito repubblicano e dei fautori dell’imposta unica, evidentemente scoraggiati dalla morte del loro capo nel fervore della lotta elettorale. Per spiegare il significato generale delle elezioni di Nuova York è necessario risalire più in alto e più addietro.
Le grandi città americane sono composte di un miscuglio strano di popolazioni diverse: a Nuova York, ad esempio, si sovrappongono, all’antico elemento olandese ed ai discendenti delle prime famiglie anglo-americane, i nuovissimi venuti tedeschi, irlandesi, italiani, slavi e russi. Tutti costoro, dopo una permanenza di pochi anni, acquistano il diritto al voto. E le persone da nominare non sono poche come in Italia.
Da noi si vota ogni quattro anni per deputato al Parlamento, ed ogni tre anni pei consiglieri municipali e provinciali, e tutto finisce lì. In America ogni elettore deve pensare invece ad eleggere una infinità di gente, dal presidente della Unione ai membri del Congresso, dal governatore dello Stato ai senatori e deputati del Parlamento locale, dai giudici di numerosissime Corti di Giustizia ai pubblici accusatori, ai controllori delle finanze, ai capi della Polizia, dal sindaco delle città agli assessori comunali, ai capi dei varii dipartimenti, incendi, dazi, strade, ponti, illuminazione. In media il cittadino americano deve ogni anno eleggere le persone adatte a compiere una trentina di uffici differenti, richiedenti capacità diversissime. Il cittadino medio di solito non sa come trarsi da tale impiccio; occupatissimo nei suoi affari privati, non ha il tempo necessario per attendere alle pubbliche cure; nelle grandi città per lo più non conosce nemmeno i suoi vicini ed è in relazione solo coi suoi colleghi di professione o compagni di lavoro.
Le persone più insigni per ricchezza, per fama scientifica, per tradizioni famigliari si tengono lontane dalla politica, sia perché loro promette una rimunerazione troppo scarsa e di gran lunga inferiore ai guadagni professionali od industriali, sia perché esse disdegnano la volgare necessità di mettersi a contatto con uomini rozzi, con immigrati appartenenti a nazionalità in America considerate inferiori.
Chi dunque si incarica di indicare al cittadino medio le persone da eleggere ai molteplici uffici pubblici che ogni anno si rendono vacanti? Le macchine ed i boss.
Gli americani chiamano macchina tutta quella organizzazione di partito in cui si radunano i professionisti della politica in cui si preparano le elezioni, e si formano i tickets, ossia le liste che ogni fedele aderente al partito voterà ciecamente. Il tempo è moneta, ed i cittadini, che non hanno tempo da perdere, lasciano la cura fastidiosa di preparare il terreno per le elezioni e di fare la scelta dei candidati a taluni membri del loro partito, i quali dedicano a tale cura tutta la propria attività. Siccome poi tutti gli uomini veramente superiori in America si consacrano alle industrie ed ai commerci, così fanno parte delle macchine incaricate delle elezioni persone per lo più intriganti, di dubbia moralità, insofferenti della rigida disciplina del lavoro di fabbrica o di Banca, agitatori, pubblicani, demagoghi.
A Nuova York il contingente massimo dei professionisti della politica è fornito dagl’immigranti olandesi, da lunghi secoli di dominazione inglese abituati all’intrigo, ai Comitati segreti, alle Corporazioni. Coloro che più si fanno notare per le loro facoltà organizzatrici, per il loro tatto nel maneggiare gli uomini, diventano i duci (boss) delle falangi moventi all’assalto delle funzioni pubbliche ed i distributori di posti lucrativi ed ambiti ai loro seguaci.
Ed i posti sono numerosi; a Nuova York gli impiegati pubblici sono 35 mila con una scala di guadagni ascendente da qualche centinaio di dollari all’anno a stipendi di 100 mila lire all’anno. Un bilancio di circa 400 milioni di lire all’anno è un bottino così cospicuo che i membri delle macchine elettorali non si fanno scrupolo di usare ogni mezzo per conquistarlo. La macchina più perfetta nell’America è Tommany Hall, la vecchia, combattuta e non mai morta organizzazione democratica di Nuova York.
È una Società foggiata secondo i riti fra massonici e composta di tredici tribù, con dodici yackems o direttori, un grande yackem o presidente, un yagamore o mastro delle cerimonie, ed un wiskinski o guardiano delle porte.
La sua storia è una sequela di inaudite corruzioni e di sfrontate malversazioni del pubblico denaro. Nel 1868 il capo di Tommany Hall, Tweed, riuscì a farsi nominare sindaco di Nuova York ed a distribuire le cariche pubbliche ai suoi compagni di lotta.
In breve tempo il debito della città salì da 20 a 100 milioni di dollari; più di 10 milioni di dollari furono spesi nel fabbricare un pretesa corte di giustizia e nell’arredarla con mobili che mai non si videro. Quando la banda di ladri allogatasi nelle funzioni municipali e nelle Corti di giustizia portò i suoi saccheggi della borsa pubblica ad un punto troppo teso, i cittadini si risvegliarono dal lungo torpore e cacciarono i governanti dalle sedie curuli nelle carceri dello Stato.
Ma il risveglio durò poco tempo. Il Comitato di settanta probi ed onesti cittadini eletti a nettare le stalle di Augia si stancò ben presto e si disciolse lasciando nuovamente il posto a Tommany Hall.
Nuovamente dal 1871 al 1895 essa dominò incontrastata; il suo «boss» Richard Croker, un immigrato irlandese, distribuì incontrastato per un quarto di secolo le cariche cittadine alla banda di politicanti che lo circondava. Il Croker confessa egli stesso di aver percepito in media durante tutti questi anni uno stipendio di 75 mila lire; e la voce pubblica lo accusa di aver stornato a profitto suo e di Tommany Hall una somma annua non minore di 50 milioni di lire. Nel 1985 un altro scoppio di indignazione cacciò dal potere Croker ed i suoi associati; un nuovo Comitato di settanta venne formato, composto dei cittadini più onesti ed influenti. Venne eletto a sindaco della città il signor Strong, il quale infuse nuova vita in tutti i servizi cittadini, nominando persone più adatte ai vari uffici senza alcun riguardo alle loro credenze politiche.
Sotto l’amministrazione del sindaco Strong e del cosidetto partito della Riforma, si compié una grande trasformazione in Nuova York; si diminuirono le imposte, e colle tasse esistenti si provvide a che le strade fossero veramente pulite ed illuminate e che la Polizia arrestasse i malviventi, come era suo dovere, e non li liberasse in compenso di una mancia più o meno alta.
Inoltre si diede una nuova costituzione alla città, comprendendovi Brooklin, nella speranza che il potere di Tommany Hall sarebbe stato distrutto dall’allargamento del numero dei votanti; si allungò la durata in ufficio del sindaco da uno a quattro anni, se ne estesero i poteri, dandogli il diritto di nomina di tutti gli ufficiali pubblici e la facoltà di porre il veto a tutte le deliberazioni del Consiglio municipale.
Si sperava così che dando al sindaco poteri più che regali la popolazione avrebbe avuto cura di fare una buona scelta. Le aspettazioni furono deluse. I cittadini onesti, come al solito, si stancarono di una troppo prolungata attenzione ai pubblici affari; i politicanti organizzati sapientemente sotto la guida di Croker e di Tommany Hall raddoppiarono di sforzi per raggiungere una meta che gli avversari stessi avevano resa più ambita ed un premio diventato così stranamente vistoso.
La vittoria non fu dei cittadini onesti senza distinzione di partito, ma dei politicanti democratici. E così per quattro anni la prima città dell’Unione americana sarà governata da un pugno di gente audace, desiderosa di rifarsi in fretta del tempo perduto lungi dal potere, e la quale ha già altre volte dimostrato come in un paese repubblicano e democratico la massa della popolazione possa essere taglieggiata senza pietà a favore di tirannelli peggiori di quelli dell’antica Roma o del medioevo.
Il secolo nostro, che vide nei suoi sorrisi la Repubblica egualitaria e libera immortalata dal De Tocqueville, tramonta così in un rinnovellato cesarismo nel campo economico e nel campo politico. Miliardari e boss, quale triste epilogo per un paese che ha dato le utopie di George e di Bellami e gli eroismi sacri di Washington e di Lincoln!