Opera Omnia Luigi Einaudi

Il commercio italiano nel 1897

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 28/03/1898

Il commercio italiano nel 1897

«La Stampa», 28 marzo 1898

 

 

 

Sono state or ora pubblicate le risultanze del commercio dell’Italia coll’estero. Nel complesso esse sono abbastanza favorevoli e paiono segnare un risveglio nell’attività produttrice del nostro paese. L’importazione toccò i 1200 milioni superando i 17 milioni la cifra dell’anno precedente 1896. Ma l’aumento fu ancora più notevole nell’esportazione dove si passò da 1072 milioni nel 1896 a 1115 milioni nel 1897 cifra non stata raggiunta dopo il 1885. Se anzi non si tiene calcolo dei metalli preziosi conviene risalire fino al 1883 per trovare un movimento d’uscita delle nostre merci così vivace e notevole.

 

 

E la impressione favorevole che si ritrae dalle statistiche che stiamo esaminando è confermata dalla eccedenza della importazione sulla esportazione, ossia dal cosidetto sbilancio a nostro favore.

 

 

Per quanto allo sbilancio commerciale non si debba dare troppo peso in quanto l’apparente svantaggio è compensato dai danari spediti in Italia dagli emigrati e lasciati in paese dai forestieri e da mille altre fonti di entrata, pur tuttavia è segno di prosperità per un paese l’essere le sue esportazioni quasi eguali, o di poco inferiori, alle importazioni. Ciò significa che dall’Italia escono tante merci quante ne entrano e che il nostro lavoro produttivo basta a procacciarci gli oggetti di consumo dall’estero senza bisogno di ricorrere a mezzi diversi dallo scambio reciproco di prodotti e di servizi. Orbene, sotto questo riguardo il 1897 è veramente confortante. Lo sbilancio complessivo sale ad appena 85 milioni, ossia noi importiamo solo 85 milioni di merci in più di quanto non esportiamo.

 

 

La cifra sembra grossa, ma il suo significato si attenua se si pensa che nel 1887 lo sbilancio era giunto all’enorme altezza di 577 milioni e che per parecchi anni era oscillato fra i 200 ed i 450 milioni. Per vedere uno sbilancio minore di quello del 1897 bisogna rimontare molto addietro fino al 1878 in cui esso fu di soli 25 milioni. Ma allora era cosa temporanea perché negli anni precedenti e seguenti esso era salito a 203 e 154 milioni. Adesso invece noi ci troviamo veramente di fronte ad un miglioramento progressivo e costante della bilancia commerciale: da 435 milioni nel 1889 discende a 414 nel 1890, a 241 nel 1891, a 205 nel 1892, a 175 nel 1893, a 144 nel 1894, a 135 nel 1895, a 111 nel 1896, a 86 nel 1897. Scendendo a particolari più minuti e volendo fare un paragone per categorie di merci sorge una difficoltà notissima per chi si occupa di statistiche commerciali. I valori dalla merci variano da un anno all’altro cosicché un maggior valore può rappresentare un minor volume di merci se i prezzi sono aumentati, ed un minor valore può corrispondere ad un accresciuto volume quando i prezzi siano diminuiti.

 

 

D’altra parte non si può abbandonare il criterio dei prezzi ed adottare quello dei volumi e dei pesi perché non si possono addizionare insieme ettolitri di vino e di grano, migliaia di cavalli e di cassette d’aranci.

 

 

La Direzione generale dello gabello ha avuto un’idea molta buona per facilitare i confronti: ha supposto, cioè, che nel 1897 i valori non fossero cambiati ed ha applicato per l’ultimo anno i valori unitari vigenti nel 1896. Così si ha un quadro del valore che le merci avrebbero avuto nel 1897 se i prezzi fossero rimasti quelli del 1896 e si ha un’idea esatta del volume del movimento commerciale nei due paesi. I risultati del raffronto sono altamente interessanti.

 

 

Se si tolgono i metalli preziosi che esercitano un’influenza perturbatrice, si ha che il valore delle merci importate salì da 1180 a 1201 milioni, con un aumento di 21 milioni.

 

 

Non solo dunque aumentò il valore, come avevano già visto, ma anche il volume del movimento commerciale. L’aumento massimo si ebbe nella seta (12,793 mila lire), cotone (6,858 mila lire), prodotti chimici, medicinali, ecc. (6,389 mila lire), colori e generi di tinta e per concia (6,148 mila lire), legno e paglia (6,104 mila lire); seguono poi in ordine digradante le pietre, terre, vasellami, vetri e cristalli per 5,545 mila lire, i minerali e metalli per 5,045 mila lire, gli spiriti, bevande ed olii per 4,574 mila lire, gli animali prodotti e spoglio di animali per 3,177 mila lire, gli oggetti diversi per 3,046 mila lire, i generi coloniali, droghe e tabacchi per 2,608,400, le canape, lino, juta per 981 mila lire, la carta ed i libri per 180 mila lire. Due sole categorie sono in diminuzione fra le merci importate, una in quantità quasi trascurabile ossia le lane, il crino e peli per 424 mila lire, l’altra in quantità molto più notevole ossia i cereali, le farine, le paste ed i prodotti vegetali per 48 milioni di lire.

 

 

Questa diminuzione è dovuta al raccolto favorevole dell’anno precedente e sarà sventuratamente nel 1898 compensato ad usura dalla scarsità nella produzione cerealicola del 1897. Dal complesso dei dati si vede come il massimo sviluppo delle importazioni si sia avuto nelle merci che servono da materie prime ed ausiliarie alla industria come la seta, il cotone, i colori, i prodotti chimici, il legno e la paglia. L’Italia tende così, come oramai gli stessi stranieri sono costretti a riconoscere, a diventare un paese industriale, con grande vantaggio delle valli alpine e delle città e senza danno per l’agricoltura. La esportazione ci presenta un aumento di 63 milioni dovuto al passaggio nel valore delle merci esportate da 1052 a 1115 milioni.

 

 

Spiriti, bevande ed olii

L. 23,063,575

Seta

” 11,536,573

Minerali e metalli

” 9,529,855

Canape, lino, iuta, ecc.

” 7,015,154

Animali, prodotti e spoglie d’animali

” 5,444,867

Cotone

” 4,248,997

Oggetti diversi

” 3,068,973

Generi coloniali, droghe e tabacchi

” 2,590,961

Prodotti chimici, medicinali, ecc.

” 1,914,482

Colori e generi per tinte e per concie

” 1,492,165

Legno e paglie

” 991,325

Carta e libri

” 547,129

Pietre, terre, vasellami, vetri e cristalli

” 482,451

Le merci in diminuzione furono:

Cereali, farine, paste, ecc.

L. 5,877,305

Pelli

” 2,707,425

Lane, crino e pelli

” 68,725

 

 

Le merci in aumento furono di gran lunga superiori a quelle in diminuzione e questa ha cause tutte peculiari.

 

 

Un’ultima osservazione importa fare ed è che noi siamo riusciti a vendere relativamente più caro all’estero le nostre merci di quanto gli stranieri l’abbiano vendute a noi. Difatti se i prezzi si fossero conservati nel 1897 gli stessi che nel 1896 noi avremmo dovuto spendere per le merci importate 21 milioni in più; invece prendemmo solo 12 milioni in più, facendo così un risparmio del 43 per cento circa.

 

 

Gli stranieri che avrebbero dovuto pagare 63 milioni in più pagarono, è vero, solo 40 milioni oltre al 1896; ma il loro guadagno relativo o risparmio pei prezzi calati fu solo del 37 per cento.

 

 

Se si pensa che nelle merci importate è già compreso il nolo, l’assicurazione ed il profitto dell’importatore mentre ciò non accade per le merci esportate, il cui valore si calcola al punto di partenza, si vede che in realtà l’anno commerciale 1897 fu buono per l’Italia non solo sotto l’aspetto del volume, ma anche riguardo ai prezzi di compra e di vendita. Osservazioni molto interessanti si potrebbero aggiungere rispetto ai paesi di provenienza e di destinazione delle correnti dei traffici nel 1897 in rapporto agli anni precedenti, ma sarà per un’altra volta.

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