Opera Omnia Luigi Einaudi

I vincoli del credito

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 07/09/1947

I vincoli del credito

«Corriere della Sera», 7 settembre 1947

 

 

 

Importava dunque che il comitato interministeriale per il credito ed il risparmio stabilisse, per regolare il rapporto fra depositi ed investimenti bancari, una norma elastica, la quale, in luogo del vecchio antiquato inapplicabile regolamento, garantisse ai depositanti la liquidità delle banche e nel tempo stesso non ostacolasse le sovvenzioni all’attività economica del Paese. Il comitato ritenne che la norma potesse essere informata ai seguenti concetti:

 

 

1) le banche possono innanzitutto disporre per sconti, anticipazioni ed altre maniere di aperture di credito alla clientela di una somma uguale a dieci volte il patrimonio proprio. Se il patrimonio (capitale più riserve) è di un miliardo, la banca è libera di investire in primo luogo dieci miliardi di lire dei suoi depositi. Si è ritenuto corretto di continuare ad incoraggiare così le banche ad aumentare capitale e riserve allo scopo di maggiormente garantire i depositanti;

 

 

2) sull’eccedenza dei depositi oltre dieci volte il patrimonio proprio della banca, questa può investire in prestiti alla clientela l’80% dell’eccedenza medesima, restando obbligata ad investire in titoli di stato o garantiti dallo stato od a versare in conto corrente fruttifero speciale vincolato presso l’istituto di emissione od il tesoro soltanto il residuo 20%. La banca provvista di un patrimonio di un miliardo, cui siano affluiti ad es. 70 miliardi di depositi e conti correnti, potrà così disporre in primo luogo di 10 miliardi e poi sull’eccedenza di 60 miliardi, tenere ancora per investimenti liberi l’80%, ossia 48 miliardi, versando alla Banca d’Italia o al Tesoro a garanzia dei depositanti 12 miliardi. Un vincolo di 12 miliardi su 70 non pare davvero eccessivo. Ma non è neppure certo si debba giungere ai 12 miliardi. Infatti una disposizione aggiuntiva dice che «la somma vincolata non potrà eccedere in nessun caso il 15% dei depositi». Epperciò, essendo, nel caso immaginato, il totale dei depositi di 70 miliardi, la somma vincolata non dovrà superare il 15% di 70, ossia 10 miliardi e mezzo. In una seduta tenuta dalle banche il 20 agosto presso la banca d’Italia «le disposizioni prese dal comitato interministeriale furono riconosciute applicabili senza che sia necessario nella quasi generalità dei casi, di addivenire a restrizioni delle facilitazioni in corso»;

 

 

3) se a partire dall’1 ottobre, i depositi e conti correnti aumentassero ulteriormente, l’incremento, ossia la sola eccedenza oltre i depositi esistenti oggi, o meglio al 30 settembre, sarà soggetto ad un regola più restrittiva: 60% libero e 40% vincolato in titoli di Stato o presso la Banca d’Italia od il Tesoro a garanzia dei depositanti. Ma in ogni caso, il totale complessivo dei fondi da depositarsi a garanzia non potrà superare il 25%.

 

 

Era davvero necessario sottoporre le banche ad un vincolo, sia pure moderato, elastico, commisurato sostanzialmente ad una percentuale dei depositi e conti correnti, percentuale non superiore al 15% dei depositi attualmente esistenti, al 40% del loro incremento futuro ed in complesso al 25% dei depositi attuali e futuri? Che il vincolo sia necessario, è dimostrato dall’esperienza universale. In tutti i paesi del mondo, esistono vincoli, spesso più duri di quello italiano. I motivi sono due: ed il primo è quello già detto della tutela dei depositanti. Una banca la quale investisse tutto l’ammontare dei depositi e non tenesse una apprezzabile riserva in contanti (i depositi presso il Tesoro e l’Istituto di emissione sono rimborsabili a vista) si troverebbe in una situazione pericolosissima; ed i suoi amministratori dovrebbero essere cacciati via d’urgenza e con ignominia. Di chi è la banca se non dei depositanti? Bombrini, uno dei pionieri della banca moderna in Italia, aveva tale salutare timore di non essere in grado di rimborsare i depositi, che se la sera constatava che taluno aveva fatto presso il suo Credito mobiliare un deposito troppo grosso (ed, allora, un deposito di un milione era grossissimo), pigliava paura e la mattina dopo mandava a rimborsare tutto o parte dei deposito al cliente, dicendogli che non sapeva cosa farsene. Non voleva che colui un bel giorno si presentasse a chiedergli d’un colpo il milione, quando egli l’avesse investito e non sapesse come trovarlo subito. Oggi queste paiono preoccupazioni eccessive; ma un minimo di prudenza è pur sempre necessario.

 

 

Una seconda ragione che è un’altra maniera di esporre la prima è questa: se le banche aumentano troppo gli investimenti in confronto ai depositi, segno è che il mondo degli industriali, dei commercianti e degli agricoltori sta diventando matto. Diventar matti vuol qui dire che gli industriali fanno troppi debiti in confronto al capitale proprio; che essi investono troppe somme prese a prestito in calce e mattoni, in macchinari, in scorte di magazzino, in prodotti finiti e tengono troppo poco denaro liquido, circolante, per far fronte ai pagamenti correnti di salari od alle scadenze di imposte o di cambiali vecchie ecc. ecc..

 

 

Se gli industriali fanno troppi debiti segno è che essi sono fiduciosi, molto, troppo fiduciosi, che essi allargano impianti ed affari e tutti sono allegri. Possono essere allegri anche perché pensano di far debiti e di rimborsarli poi, invece che nelle lirette oggi ricevute, in lirettine, lucrando sull’incremento di valore delle loro scorte. Quando tutti la pensano così, siamo alla vigilia dei mali passi; siamo alla vigilia di una crisi. Se molti commettono errori di eccessivo investimento o quel che è peggio, di investimento squilibrato (troppo in impianti fissi e poche riserve per i pagamenti correnti), ed un bel giorno constatano tutti, anche i più prudenti di essere scarsi di denaro, in quel giorno è troppo tardi per porre rimedio al male, che siamo già dentro nella crisi sino alla gola. Importa non giungere al punto critico. I vincoli all’impiego dei depositi hanno, dappertutto, in Europa ed in America, lo scopo di allontanare l’ombra di Banco della crisi.

 

 

Di allontanarla c’era, in Italia ed oggi, necessità urgente. Poche cifre bastano a dimostrarlo. Alla fine del 1936 e del 1937 la proporzione degli impieghi ai depositi era da noi del 72%. Alla fine del 1938 si giunse al 75%; e si dovette far macchina indietro. Alla fine del 1939 la proporzione si era ridotta al 70%: oscillando in seguito sino alla fine del 1942, fra il 62 e il 66%. Non esiste nessuna regola precisa assoluta in materia; ma, se l’esperienza passata vale qualcosa, una proporzione tra il 60 ed il 70% fra investimenti e depositi non è tale da far nascere preoccupazioni.

 

 

Negli ultimi anni della guerra, le banche, preoccupate dell’avvenire e desiderose di non sovvenire le industrie belliche, avevano cresciuto grandemente la loro liquidità, riducendo gli impieghi al 43% alla fine del 1943, ed al minimo del 28% alla fine del 1944. Di qui si risale lentamente; ma ancora al 31 maggio 1946, sia pure con metodi di rilevazione leggermente mutati, eravamo al 42%. Il 31 maggio 1946 segna, per molti aspetti la grande svolta nell’economia Italia. Gli impieghi delle banche nelle industrie nei commerci accelerano il loro ritmo ed al 31 luglio 1947 giungono al 72% dei depositi, ossia al limite che era considerato già il massimo prudenziale innanzi alla guerra. V’ha di più. Il totale delle somme ricevute dal pubblico (depositi, conti correnti ed assegni circolari) ammontava il 31 maggio 1946 a 540,7 miliardi di lire. Il medesimo totale era cresciuto il 31 luglio 1947 a 979,6 miliardi, con un incremento, in 14 mesi di 440 miliardi circa. Orbene, neanche a farlo apposta, gli impieghi (sconti, anticipazioni, sovvenzioni, aperture di credito ecc. alla clientela) era nel frattempo cresciuti da 196,7 a 637,9 miliardi: 441,2 miliardi di maggiori impieghi, qualcosa di più persino dell’incremento dei depositi. Quando il pubblico si lamenta perciò della tirchieria delle banche, si lamenta a gran torto. Le banche hanno il torto di incolpare il Tesoro e la Banca d’Italia di una restrizione di credito che è il risultato fatale della condotta da esse tenuta nei 14 mesi decorsi: avendo dato alle industrie tutto e, anzi, qualcosa di più di tutto ciò che esse hanno ricevuto dai depositanti, le banche sono giunte ad un limite di impiego – 72% dei depositi – che sarebbe pericoloso, anzi folle, superare. Le norme deliberate il 2 agosto dal comitato interministeriale del credito non fanno che consacrare legalmente un vincolo che la più elementare prudenza consiglia, anzi ordina perentoriamente. Le vicende prossime del mercato monetario diranno se il vincolo del 40% per i nuovi depositi aggiuntivi sia troppo stretto o troppo largo. Anche qui, dappertutto è stato ritenuto consigliabile adottare una regola elastica. Se i depositi aumenteranno molto e se la domanda di credito da parte dell’industria apparirà contenuta entro limiti prudenziali ed equilibrati, il vincolo potrà essere ridotto dal 40 al 25 od al 30%; se la formazione del risparmio rallenterà e se la domanda di credito si rivolgesse, ad es., sovrattutto a far magazzino, il vincolo potrà essere cresciuto dal 40 al 50, al 60 e forse più per cento. Le modalità possono variare: rimanendo fermo il fine, che è la tutela dei risparmiatori e la prevenzione delle crisi.

 

 

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