Del fare statistiche finanziarie
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/05/1934
Del fare statistiche finanziarie
«La Riforma Sociale», maggio-giugno 1934, pp. 338-339
Nuovi saggi, Einaudi, Torino, 1937, pp. 362-363
Francesco Antonio Rèpaci, La finanza italiana nel secolo 1861-1960, Zanichelli, Bologna, 1962, pp. 39-41
F.A. RÈPACI, La finanza italiana nel ventennio 1913-1932. (Un vol. in 8° di pag. 316 e 2 c.s. n., Torino, Giulio Einaudi, editore, 1934. Prezzo L. 40).
Sono trecento e più pagine in ottavo grande, di tabelle e tabelline, legate insieme con spiegazioni sul perché delle cifre che si leggono. Non dunque un libro di amena lettura. Tuttavia libro che si legge, si studia e si tiene a portata di mano per servirsene quando si vuol sapere qualcosa di preciso intorno alla finanza dello stato. Chi ha avuto occasione di studiare la storia finanziaria italiana degli ultimi vent’anni sa che la difficoltà maggiore nasce dalla abbondanza medesima dei dati offerti dai bilanci preventivi, dai rendiconti consuntivi, dai conti mensili del tesoro e dagli altri documenti che ci sono offerti periodicamente dalla ragioneria generale dello stato, dalla corte dei conti, dalla giunta del bilancio della camera e dalla commissione di finanza del senato. Soltanto a guardare quelle pile di volumi particolareggiati, compiuti, ammirandi per lo scrupolo di dire tutto, cascano le braccia. Chi si contenta delle cifre sommarie, ne ha abbastanza di quel che dicono annuario e sommario pubblicati dall’Istituto centrale di statistica del regno. Chi ha bisogno di precisioni, dopo qualche giorno di scartabellamento dei documenti ufficiali, comincia a sentirsi girar la testa.
Perciò Rèpaci ha soddisfatto ad una esigenza vera. La statistica finanziaria non fu certo creata da lui; ma certo egli in Italia se ne è fatto, prima sulla nostra rivista e poi in questo libro, una specie di riserva di caccia, nella quale ho l’impressione che per un pezzo nessuno verrà a disturbarlo. Quale è la difficoltà principale invero che si incontra nello studio dei dati finanziari dell’Italia e, credo, di ogni altro paese? La non comparabilità di anno in anno dei dati. Non è colpa di nessuno se i dati non sono comparabili. È il frutto della storia, che è vita ed è mutazione. Lo stato non può star fermo, per far piacere agli studiosi i quali amano i dati comparabili. Mutano le funzioni dello stato, si sdoppiano e si uniscono i ministeri, cambiano indole e nome, i servizi passano dall’una all’altro. Mutano le leggi fiscali, si perfezionano i metodi contabili. Le aziende speciali creano bilanci particolari; e le loro entrate sono registrate nel bilancio generale al netto invece che al lordo. La unità monetaria diventa instabile e poi si stabilizza nel rapporto di 1 a 3,67. Ognuna di queste e di innumerevoli altre variazioni importa variazioni nei rendiconti finanziari.
La ragioneria generale dello stato si era preoccupata della necessità di offrire a studiosi e ad uomini politici una serie continuata di dati comparabili ed i volumi da essa pubblicati sono fonte preziosa di ricerche. Rèpaci ha ripreso quel lavoro; ha tenuto conto di altri fattori di variazione; ha considerato le variazioni monetarie ed ha ristretto in un volume maneggevole la materia di centinaia di calepini voluminosi e praticamente non maneggevoli dal pubblico. È indicibile quel che occorre di pazienza per mettere a posto una cifra sola in materia di conti. Tutto è scritto nei documenti finanziari; e nel libro di Rèpaci non esiste neppur un solo dato il quale non sia stato ricavato o calcolato sulla base di un documento ufficiale, di una legge, di un regolamento o di una circolare. Il guaio si è che quei documenti, leggi regolamenti circolari, sono numerosi e pochi hanno la pazienza benedettina necessaria a leggerli, confrontarli, tenerli a mente in occasione dell’elaborazione delle migliaia e migliaia di cifre grezze che occorre conoscere e mettere in serie per ricostruire la storia di vent’anni. Sia lodato Iddio che si è trovato chi con fatica di anni ha assolto il compito! Ed assolto egregiamente.
Avendo detto del metodo e delle difficoltà della ricerca, non mi avanza spazio per discorrere del contenuto. I lettori della rivista conoscono del resto già, dagli articoli che il Rèpaci è venuto qui pubblicando e da quello medesimo che si pubblica in questo numero, quanto egli sia nel tempo stesso sobrio e scrupoloso nelle conclusioni.
Rèpaci ha narrato la storia di anni grossi di guerra, di ricostruzione e di crisi; ha fatto e lasciato parlare cifre di imposte, di entrate e spese, di debiti interni ed esteri, di investimenti, di prorogati pagamenti, ecc., ecc. È la storia di vent’anni di finanza, di ingigantimento bellico, di riforme tributarie, di lavoro paziente per far fruttare le pubbliche entrate, per trasformare debiti, per provvedere ad urgenze di spese.
Quelle cifre dicono che l’Italia ha superato in quegli anni grosse difficoltà. L’averle superate è arra che, se in avvenire nuove difficoltà sorgeranno, anch’esse saranno superate. Questa in sostanza è la conclusione dell’autore ed è conclusione ottimistica.