Commemorazione del corrispondente Umberto Ricci
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/06/1946
Commemorazione del corrispondente Umberto Ricci
«Rendiconti dell’Accademia nazionale dei Lincei», luglio-settembre 1946, pp. 197-201
Il 3 gennaio di quest’anno moriva al Cairo Umberto Ricci durante il viaggio di ritorno da Costantinopoli a Roma, dove lo attendeva la cattedra universitaria di economia politica, di cui era stato spogliato dal governo fascista a punirlo delle critiche da lui rivolte contro le contraddizioni della sua politica economica.
Autodidatta, immune da dottorati universitari, Umberto Ricci trovò la sua via il giorno nel quale Ghino Valenti, primo tra gli economisti agrari della generazione passata, lo volle accanto a sé, traendolo da umile ufficio amministrativo, perché lo aiutasse nella prima formazione del catasto agrario. Di lì, rapida fu l’ascesa. Ebbi la ventura di proporlo nel 1910, lui insieme con Pasquale Jannaccone segretario generale, e Giovanni Lorenzoni per i servizi di economia agraria, a capo dei servizi di statistica nell’Istituto internazionale di agricoltura. Fu una triade superba e l’Istituto conquistò allora, tra i produttori di monografie e statistiche agrarie, un posto di prim’ordine nel mondo. Professore di economia e di statistica a Macerata, a Parma, a Pisa, a Bologna, nel 1924 fu chiamato a succedere a Maffeo Pantaleoni nella cattedra economica di Roma. Cacciatone nel 1928 dal fascismo, il Ricci fu chiamato nel 1929, con Arangio Ruiz, Bresciani Turroni, Siotto Pintor, a completare il magnifico manipolo di insegnanti italiani con cui il governo egiziano intese dar lustro alla facoltà giuridica della nuova Università nazionale del Cairo. Vi stette sino a 1940, quando l’entrata in guerra dell’Italia ruppe i rapporti secolari di amicizia tra i due paesi. Ma già nel 1942 il governo turco lo chiamava a succedere al Ropke nella cattedra economica di Istanbul. Le chiamate di Roma, del Cairo, di Costantinopoli dimostrarono la rinomanza acquistata dal Ricci nel mondo scientifico internazionale, non avaro verso di lui altresì di onorevoli cooptazioni in segnalate società scientifiche, come l’Istituto internazionale di statistica, il Cobden Club di Londra, la Société d’economie politique di Parigi, l’Institut d’Egypte, l’Istituto internazionale coloniale.
Umberto Ricci era già stato chiamato nel 1931 a far parte della nostra Accademia in qualità di Socio Corrispondente, carica dalla quale si era dimesso nel 1935, quando, trovandosi al Cairo, reputò di non poter prestare il giuramento fascistico. Fu economista penetrante e dotto; e di lui restano, nel campo teorico, un volume sul capitale ed assai monografie sulle curve di domanda e di offerta, sulla teoria dei bisogni, sul risparmio e l’imposta; – ed in proposito durarono a lungo e durerebbero, per la pertinacia nello scavare i medesimi problemi, le ostinate cortesi discussioni fra lui e l’estensore di questi appunti.
Ma, in questa forzatamente troppo breve commemorazione, non è possibile ricordare pur alcuni soltanto tra i contributi da lui dati all’avanzamento della teoria. Giova invece ricordare che Egli, dall’aere puro e talvolta rarefatto della contemplazione astratta, seppe scendere, con vigoria di pensiero e spirito battagliero, nell’agone della economia applicata; e memorabili restano gli scritti del 1921 sul fallimento della politica annonaria, del 1920 su protezionisti ed economisti italiani, su politica ed economia ed i molti articoli sparsi in riviste e in giornali. Uno dei quali, chiestogli insistentemente da una rivista di scienza cosidetta fascistica, gli valse la perdita della cattedra di Roma. Se mai vi fu punizione la quale recasse onore al punito e disdoro al prepotente che puniva, fu quella: ché Umberto Ricci maneggiò superbamente in quello scritto, come in altri suoi, l’arma dell’ironia sottile che fa sorridere il lettore ed offende mortalmente lo sciocco, il quale ha porto il fianco alla critica distruttiva. Impotente a replicare alle critiche lievemente e perciò atrocemente beffarde, il dittatore si vendicò, privando Ricci della cattedra.
Aveva ragione di temerlo; ché non solo con gli scritti, ma anche con la parola l’amico scomparso aveva operato contro il fascismo. E se in un primo momento partecipò anch’egli all’illusione vana che si potesse fare, in quello che poté sembrare il periodo della finanza liberale del fascismo, qualche po’ di strada con Mussolini, non appena il capo della destra liberale, on. Salandra, dopo il discorso del 3 gennaio 1925 passò all’opposizione, Ricci assumeva anch’egli nella direzione del partito liberale, a cui la sezione del Lazio e degli Abruzzi lo aveva chiamato, atteggiamento risoluto di avversione al partito dominante.
Di qui la vendetta, che lo onorò. Di qui il rammarico da cui siamo assaliti, che egli non sia più con noi, a combattere le battaglie della libertà ed a condurre l’opera critica contro gli errori e le contraddizioni economiche, opera necessaria sempre e forse più necessaria nei tempi liberi che in quelli di tirannia; perché se in questi possiamo dar la colpa degli errori commessi al tiranno, in quelli non possiamo rigettare la colpa su altri, ed accusare se stessi fu mai sempre doloroso. Colla dipartita di Umberto Ricci abbiamo perso dunque non solo un maestro di scienza, ma anche un maestro di critica economica, e perciò noi oggi lamentiamo non solo per la scienza, ma anche per l’Italia, l’ingiustizia della sorte che lo volle far morire in terra straniera alla vigilia del tanto desiderato ritorno in patria.
LA BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
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Sociologia
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Politica economica e finanziaria
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Storia delle dottrine economiche.
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