Opera Omnia Luigi Einaudi

Come si critica

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 16/04/1903

Come si critica

«Critica Sociale», 16 marzo 1903, pp. 90-91

 

 

 

Cabiati ed Einaudi ci inviano la seguente replica al primo articolo del prof. Masè Dari:

 

 

Il prof. Masè Dari promette una serie di articoli contro il nostro lavoro. Benissimo! Eravamo preparati alla lotta, dal momento che «dalla dilettazione vana di accademici» proponevamo di passare a una agitazione concreta. E il piacer nostro dovrebbe essere tanto maggiore, perché, proprio quando ricevevamo biglietti e lettere lusinghiere di industriali, pronti a seguire il vessillo della libertà economica, non ardivamo certo supporre che una critica acerba ci potesse venire dal professore di Economia politica all’Università di Modena.

 

 

Avremmo attesa tuttavia sino alla fine delle sue escogitazioni scientifiche, se l’indole della prima critica, tutta poggiata su un dato di fatto, non ci imponesse di rispondere subito, per non restare neppure un istante sotto il peso di una accusa che giudichiamo calunniosa.

 

 

Noi riportammo integralmente e senza le benché menoma variazione un passo della Relazione del cav. prof. O. Bordiga, della Scuola di Portici, fatta al Congresso degli Agricoltori e Orticoltori Italiani (Firenze, 16/19 maggio 1901), dal titolo: L’esportazione degli agrumi, delle frutta fresche e secche, degli ortaggi, fiori e foglie[1]. E questo passo lo ricopiamo, ad edificazione dei lettori:

 

 

È poi di particolare vantaggio eccitare in un paese la trasformazione della coltura erbacea e particolarmente della estensiva a base di soli cereali in quelle arborea e ortense, perché in tal modo si dà alimento ad una maggiore quantità di lavoratori agricoli. Infatti, mentre la coltura estensiva granaria non esige l’opera (non il numero, prof. Masè Dari!) che di 12 a 14 agricoli adulti per ettaro e quella continua a base di granturco e frumento ne vuole 25/30, le altre, giusta computi istituiti dallo scrivente (Trattato di economia rurale, precisamente quello citato dal Masè Dari), vogliamo le quantità seguenti:

 

 

Vigneto frutteto intensivo del Napoletano 90-100
  ”    ”   alla pugliese 40-50
Oliveto coltivato intensivamente 60-70
Agrumeto palermitano 200-240
Coltura ortense irrigata molto intensiva 200-250
(Pagg. 3-4 della citata Relazione).

 

 

Ora il lettore può giudicare: noi non abbiamo preso un «così solenne abbaglio», né un «abbaglio magnifico», scambiando «ora le opere per gli abitanti, ed ora i Kmq. per gli ettari». Bensì il prof. Mosè Dari, spinto dalla sua antica fregola di difendere non la scienza, ma le ragioni dei suoi amici proprietari, ha voluto equivocare fra opera di agricoltori e numero di essi e porre a nostro carico l’equivoco suo!

 

 

Ora noi comprendiamo perfettamente che l’amico e parente strettissimo dei grossi proprietari di terreni mantovani, signor Masè Dari, abbia potuto asservire talmente il Masè Dari professore di Economia politica, da spingerlo a difendere (con quella fortuna che tutti sanno) i proprietari della sua plaga dalle stringenti accuse di Vezzani e di Bonomi. Noi comprendiamo anche come lo abbia potuto spingere, con sì grave scapito della sua fama scientifica, a scrivere quel suo libro a favore del dazio sul grano, che lo espose alle trionfali frecciate del valentissimo Giretti. Ma che, questa volta, l’anima proprietà l’abbia avuta talmente vinta sul professore, da indurlo ad accusarci di un falso o di una leggerezza che non esistono, questo né comprendiamo, né scusiamo, e ci autorizzerebbe senz’altro a non entrare con lui in discussione.

 

 

Ma per dimostrare ai lettori quale sia, a parte la lealtà polemica, il valore scientifico del nostro censore,  ci teniamo a rilevare come, quand’anco noi avessimo confuso la parola numero con opera (il che, ripetiamo non ci passò mai pel capo), le deduzioni che ne trasse il prof. Masè Dari si riassumono in un duplice grossolano errore statistico ed economico.

 

 

L’errore statistico consiste in ciò, che in nessuna delle scienze fisiche e sociali è lecito, senza tener conto di tutti gli elementi costitutivi dei fenomeni, risalire a deduzioni ad absurdum, come ha fatto il nostro contraddittore. Il suo ragionamento rientra nella categoria logica di quei paradossi, di cui il George esemplificava il genere a un dipresso così: «Il mio cane dai zero ai 30 giorni è cresciuto di 400 grammi in peso e la sua coda si è allungata di 5 centimetri; fra dieci anni esso peserà 400 quintali e la sua coda farà il circuito di una grossa città»!

 

 

Né l’errore economico di Masè Dari è meno grossolano. La sua confutazione riposa su quella verità, che gli economisti hanno riassunta sotto il nome di teoria dei costi comparati. Per essa, sino dai primi anni dello scorso secolo, si è dimostrato come il fatto, che una certo industria appaia in un determinato periodo più remunerativa delle altre, non include che a questa industria si possa applicare utilmente un numero indefinito di uomini di capitali. E noi qui ricorderemmo il nome dell’illustre creatore di questa teoria al prof. Masè Dari, se non ce lo sconsigliasse il timore di addolorare il Masè Dari, amico dei proprietari, col ricordo di Ricardo, lo stesso autore che giocò quel tiro così birbone ai latifondisti inglesi, con quell’opuscolo sul prezzo dei grani, che non mancò di produrre un certo effetto a quei tempi.

 

 

Così resta dimostrato: primo che la base critica dei ragionamenti del prof. Masè Dari è falsa; secondo che la nostra citazione è coscienziosa ed esatta.

 

 

Altre cose dovremmo incidentalmente obiettare al nostro candito avversario. Ma, di questo, a quando egli avrà finito il suo ragionamento, di cui non vogliono svelare in anticipazione le arcane bellezze ai lettori della Critica.

 

 

Oggi ci mosse un solo bisogno: quello di scagionarci da una grave accusa e di mostrare che se mai qualcuno per amore di prova, ha mancato di rispetto al vero in questa questione, non fummo noi per certo.

 

 

ATTILIO CABIATI e LUIGI EINAUDI

 



[1] Stampato dalla Unione Cooperativa Editrice di Roma.

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