Anarchia morale
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 28/11/1900
Anarchia morale
«La Stampa», 28 novembre 1900
Che le idee svolte nella mia lettera telegrafica di lunedì corrispondessero al vero, lo provarono i fatti. Governo e Camera dei deputati, i quali, con poco criterio il primo, con molta impazienza la seconda, vollero discutere le interpellanze sul regicidio, si accorsero poi, in fine di seduta, che non si poteva prolungare la discussione e provocare su di essa un voto politico. Al Paese avrebbe fatto penosa impressione una crisi ministeriale alla quale fosse servito di pretesto la dolorosa tragedia di Monza. L’on. Sonnino ha interpretato il sentimento generale chiedendo il rinvio della discussione a dopo i bilanci: la Camera, che domenica aveva deliberato di discutere subito nella seduta di lunedì le interpellanze, e di proseguire anche nella seduta di martedì, resa saggia dai fatti, è ritornata sulla sua deliberazione, e accettò a grandissima maggioranza il contrario di quanto aveva deliberato ventiquattro ore prima! Sarà una fatalità, ma a questa Camera non ne riesce una di buona!
Il Governo per parte sua si mostra di una debolezza, di una indecisione che preoccupano amici ed avversari. Come si può non avere un’idea netta nemmeno sull’ordine dei lavori? Con quale autorità si può oggi accettare quello che ieri si è respinto, e poi novamente accettare quello che, accettato già prima, era stato respinto dopo?
Noi, i lettori lo sanno, siamo apertamente e sinceramente avversari delle crisi ministeriali, perché non abbiamo soverchia fiducia nei continui mutamenti di uomini, né vediamo sulla scena politica un parlamentare che ci affidi completamente. Ma appunto per questo desideriamo che al Governo ci siano degli uomini che sappiano quel che vogliono, e dove vanno, che abbiano un programma chiaro, determinato, definito, che su esso e con esso combattano o cadano.
Nulla è più pericoloso alle istituzioni che un Governo debole, incerto. Il parlamentarismo – e con questa denominazione intendiamo designare quanto nelle istituzioni parlamentari vi è di meno bello – si fa più forte, i suoi difetti si accentuano innanzi ad un Ministero che non abbia l’autorità e la capacità di dirigere la Camera dei deputati. Invece di un potere esecutivo sciente e cosciente abbiamo l’anarchia morale, lo stato acefalo che nessun costituzionale può volere, che nessun patriota può augurare al suo Paese, e specialmente all’Italia, che, per molte ragioni, ha bisogno di un Governo che sappia e che voglia.
L’on. Saracco nelle repliche agli interpellanti sulle cause che hanno prodotto il regicidio di Monza ha affermato che nessuno può dire per quali cause si sia venuti a tal punto che l’anarchia abbia invaso l’Italia. Mai confessione più grave è stata fatta da un capo di governo: mai il fatalismo politico è stato bandito a programma! E scoraggiante sentire dal presidente del Consiglio proclamata l’impotenza dei Governi passati e quella dei Governi futuri.
L’anarchia invade l’Italia, e i capi del Governo non ne conoscono le cause, non le intuiscono nemmeno? Ma allora bisogna dire che l’anarchia è penetrata nel nostro organismo molto più che non si creda, e non ha risparmiato nemmeno il potere esecutivo, se esso si dichiara così scetticamente incapace a porre un argine al male!
Non queste parole, ove tace ogni fede, ove ogni speranza si abbuia, avremmo voluto sentire dalle labbra del presidente del Consiglio, dal capo del potere esecutivo!
Si studi meglio la vita politica italiana di questo ultimo trentennio, e si scopriranno molto facilmente le cause, o, meglio, la causa prima che ha prodotto lo stato attuale di anarchia morale, la quale, a sua volta, ha poi creato l’anarchia politica delittuosa. La causa unica e vera sta nella mancanza di un Governo che potesse compiere con serenità e con continuità un programma.
Quando il potere esecutivo dipende dai capricci della farmacia di Montecitorio, è impossibile sperare che un paese possa essere governato con larghe vedute e con serietà di propositi. Come si può pretendere da un deputato, improvvisamente sbalestrato ministro di qualche dicastero, spesse volte affatto incompetente, e ove sa di non rimanere che poco tempo, come si può pretendere, diciamo, da questo deputato, il quale alla sua volta deve appagare gli elettori, un’amministrazione rigida ed un concetto elevato della funzione di Stato? Bisognerebbe che i ministri, invece di uomini, fossero eroi per potere resistere alla pressione degli elettori, dei deputati del loro partito, della stampa che li appoggia.
E se anche essi fossero eroi, non per questo escirebbero trionfanti dalla lotta: perché se si può per caso trovare nove ministri eroi, è umanamente impossibile trovare 508 deputati che tali siano; perciò la maggioranza di quelli che eroi non sono, trova presto modo di mandare gli eroi a riposo, o di creare altri ministri che meglio comprendano «le esigenze parlamentari».
La debolezza del Governo che prende nome dall’on. Saracco, non è che un episodio della anarchia morale, che da troppo tempo incombe sulla nostra vita politica.
Quanti amano sinceramente la libertà e le istituzioni pensino seriamente ai mali presenti, ne studino le cause, anatomizzino i fenomeni. Una sola sarà la conclusione: ristabilire l’equilibrio rotto, come rettamente l’avete dimostrato voi. Dare alla Camera le funzioni vitalissime, delle quali a poco a poco si è spogliata; al potere esecutivo l’indipendenza dai capricci della maggioranza: in una parola, dare alla patria un Governo che abbia un programma che vada al di là, molto al di là, di una combinazione parlamentare.