A proposito di Cantillon e di indici alfabetici
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/03/1933
A proposito di Cantillon e di indici alfabetici
«La Riforma sociale», marzo-aprile 1933, pp. 201-202
Nuovi saggi, Einaudi, Torino, 1937, pp. 333-334
Caro Einaudi,
Senza voler punto menomare i meriti di Cantillon, ho da tempo avvertito (nella Costituzione economica odierna, 1898, pag. 151, nota) che la sua tesi, essere il valore un composto di due elementi, il lavoro e la terra, si trova già identico (ciò che egli non riconosce abbastanza) in Guglielmo Petty (Political anatomy of Ireland, London, 1691, pag. 63-64), precursore inoltre delle teorie dell’astinenza (vedi l’Analisi, I, 694), della moneta, dell’imposta, ecc., e viene poi ammodernata da Effertz (Arbeit und Boden, Berlin, 1889, pag. 16 e seg.).
A. LORIA
Mi duole di non avere ricordato nell’avvertenza premessa alla mia traduzione del Saggio di Hayek («La Riforma Sociale», luglio-agosto 1932, pag. 406) il nome di Achille Loria tra quelli dei pochi economisti italiani i quali discorsero di Cantillon nel tempo corso fra la riscoperta del Jevons e la edizione di Higgs; ma la colpa della dimenticanza è del Loria medesimo il quale, peccando insieme con quasi tutti gli economisti italiani e francesi e si può soggiungere con gli economisti di tutti i paesi del mondo, ad eccezione degli anglo-sassoni, non usa arricchire i suoi libri con quello che è strumento di ricerca non solo utilissimo ma benanco indispensabile per i lettori: l’indice alfabetico. Salvo eccezioni, da contarsi sulle dita di una mano, a nessun economista nostrano passa in mente, dopo avere scritto un libro, che esso è, passato il primo momento della lettura delle novità, perfettamente inutilizzabile se privo di indice. Taluno giunge sino al sommario sistematico analitico; e certo, se fatto bene, il sommario a qualcosa serve: ad es. alla preparazione degli studenti agli esami se trattisi di manuali scolastici. Ma il “sommario” non è un “indice”. Indice è, per antonomasia, un elenco “alfabetico” di nomi di persone, di luoghi e di istituzioni citate e di problemi discussi o notizie ricordate nel libro. Lo spunto a leggere un libro, nove volte su dieci per non dire novantanove volte su cento, nasce, passato il primo momento della novità, dal desiderio di appurare se il tale autore ha ricordato il tale classico od il tale altro noto dottore od ha discusso il problema che oggi ci interessa. Se si trova la citazione o la discussione desiderata, si va avanti a leggere e si finisce per leggere e gustare l’intiero libro. Se non si trova o se il trovare è defatigante, si ripone il libro dicendo: lo guarderò con attenzione pagina per pagina appena avrò un’ora disponibile. E l’ora non arriva mai. Un libro senza indice alfabetico è come una casa senza anticamera, senza corridoi, senza scale, se non a chiocciola, con tutte le camere ficcate l’una dentro l’altra. Per paura di romperci il collo o di disturbare il figlio o la moglie o la suocera, nessuno si azzarda a far visita al padron di casa. Se non si vuol far la fatica di compilare l’indice delle cose, almanco si aggiunga l’indice dei nomi di persone, istituzioni e luoghi citati. Andando alla caccia degli uomini, il lettore scoprirà le cose che lo interessano e leggerà il libro.
Chiedo venia al Loria per avere osato appendere al suo interessante richiamo sulla questione non di priorità, ma di paternità della dottrina del pari (dubito che il Cantillon non abbia aggiunto qualcosa al Petty, che egli del resto ricorda largamente, ove si tenga conto delle abitudini del suo tempo di non citare affatto o di citare poco e male) uno sfogo indicistico. Ma come potevasi, tra le parecchie migliaia di pagine teoriche di Loria mettere le mani su una citazione fatta in una nota alla pagina 151 di La Costituzione economica odierna? Scommetto che neppure Loria se ne ricordava; e certo non se ne ricordò quando un giorno della scorsa primavera gli chiesi se mai egli s’era occupato per iscritto di Cantillon ed egli mi rispose parergli di no. Il che prova che, se l’indice è necessario ai lettori, è utile anche agli autori dei libri. Se io mi accorsi che la riscoperta di Pennington, come autore della teoria che la banca può creare depositi e quindi moneta bancaria, era dovuta non a Gregory o ad altri modernissimi scrittori inglesi ma a Loria, il merito è dell’Unione tipografico-editrice torinese, la quale corredò sempre i volumi della Biblioteca dell’economista di amplissimi indici “alfabetici” (epperciò, cfr. ACHILLE LORIA, Il valore della moneta, in B. d. E., serie IV, vol. VI-VIII, pag. 81, n. 1).