30 gennaio 1948 – Sullo Statuto speciale per la Valle d’Aosta
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 30/01/1948
30 gennaio 1948 – Sullo Statuto speciale per la Valle d’Aosta
Atti Parlamentari – Assemblea Costituente – Assemblea plenaria, Discussioni
Interventi e Relazioni parlamentari, a cura di Stefania Martinotti Dorigo, Vol. II, Dalla Consulta nazionale al Senato della Repubblica (1945-1958), Fondazione Luigi Einaudi, Torino, 1982, pp. 759-776
Discussione del disegno di legge costituzionale Statuto speciale per la Valle d’Aosta. Gli articoli da 1 a 7 sono discussi e approvati. Viene quindi data lettura al testo dell’articolo 8:
«Le concessioni di acque indicate nel secondo comma dell’articolo precedente, che alla data del 7 settembre 1945 non siano state utilizzate, passano alla regione.
Il presidente della Giunta regionale ha facoltà di provocare dagli organi competenti la dichiarazione di decadenza delle concessioni, ove ricorrano le condizioni previste dalla legge.
Non è ammessa la cessione delle concessioni indicate nel presente articolo.
Le acque concesse alla regione potranno da questa essere sub concesse, purché la loro utilizzazione avvenga nel territorio dello stato e secondo un piano generale da stabilirsi da un Comitato misto composto di rappresentanti del Ministero dei Lavori pubblici e della Giunta regionale.
Le sub concessioni saranno istruite secondo la procedura e le norme tecniche per le concessioni fatte dallo stato».
L’on. Bordon propone la soppressione dell’ultimo comma, in quanto gli pare «che l’inciso contenuto nell’ultimo comma sia superfluo, poiché esso si riferisce a disposizioni generali». A questo punto interviene L. EINAUDI:
Vorrei chiedere all’onorevole Bordon di ritirare questo suo emendamento, che mi pare superfluo e può essere dannoso. Togliendo l’ultimo comma sembra che si possa ammettere che le sub concessioni devono essere date con una procedura diversa da quella stabilita nelle leggi vigenti.
Tutti sappiamo, ed io l’ho ricordato parecchie volte in questa Assemblea, che la legge Bonomi, la quale regola le concessioni di acque pubbliche, è una delle leggi più sapienti della nostra legislazione; è una legge che ci è invidiata da tutti i paesi. Non vedo quindi perché si debba stabilire espressamente, togliendo quest’ultimo comma, che si debbano seguire altre regole, tanto più che noi abbiamo già votato l’articolo 3, il quale dice che la regione ha la potestà di emanare norme legislative di integrazione e di attuazione anche su questo argomento. Quindi io credo sia utile conservare come regola il principio che le sub concessioni debbano essere date secondo la legislazione vigente, che è ottima. Però se la regione riterrà che in qualche parte questa legislazione debba essere adattata alle circostanze locali, essa ha il potere di farlo in virtù dell’articolo 3. Perciò prego l’onorevole Bordon di desistere dal suo emendamento.
L’on. Bordon replica: «Dissento da tal ragionamento. Dal momento che si è riservata la possibilità alla regione di adattare questa legge, se lo ripetiamo all’articolo 8 non potremo modificarla. In sostanza dobbiamo riferirci alla potestà che abbiamo votato, che consente un eventuale adattamento, che può essere in contrasto con l’ultimo comma dell’articolo 8.
Ad ogni modo, se c’è motivo di preoccupazione, non insisto».
L. EINAUDI torna a intervenire:
Si potrebbe aggiungere: «salvo l’applicazione dell’articolo 3».
Ma mi pare inutile.
Il presidente mette ai voti l’art. 8 nella stesura originale e l’Assemblea lo approva. Viene quindi data lettura all’art. 9:
«Per le sub concessioni di derivazioni a scopo idroelettrico, la regione non potrà applicare canoni che superino i limiti che saranno stabiliti dal governo dello stato, sentita la Giunta regionale».
L’on. Bordon propone i seguenti commi aggiuntivi:
«La sub concessione può essere subordinata all’impegno di fornire gratuitamente energia elettrica per servizi pubblici nei limiti di quantità prescritti dalle leggi vigenti ed a prezzi ridotti per usi domestici e per artigianato locale.
Lo stato cederà a favore della Valle i nove decimi del canone annuale percepito a norma di legge».
Prendono la parola Bordon e Lussu, che accetta a nome della Sottocommissione, in qualità di relatore, la proposta dell’onorevole Bordon. A questo punto interviene L. EINAUDI:
Domando all’onorevole Bordon se quella aggiunta nel primo comma dell’articolo 3 (rectius: 9) sia davvero necessaria. Ricordo ancora che abbiamo votato l’articolo 3. In esso si stabilisce che la regione può emanare norme legislative d’integrazione a proposito della disciplina ed utilizzazione delle acque pubbliche ad uso idroelettrico. Quindi, emanando queste disposizioni, potrà emanare anche quelle norme che riterrà opportuno di stabilire per coloro che vorranno chiedere la sub concessione dalla regione. Mi pare inutile ripetere due volte il medesimo concetto.
Il quale, anche impegnerebbe la regione per la legislazione futura, che potrà invece essere adattata alle circostanze che verranno a svilupparsi in avvenire. In avvenire, infatti, potrà darsi che la regione ritenga conveniente usare metodi diversi da quelli oggi prevedibili.
L’Assemblea approva quindi l’articolo 9; l’on. Bordon ritira il primo comma aggiuntivo e accetta di rimandare l’esame del secondo. Segue la lettura dell’art. 10:
«I termini per l’applicazione delle norme, contenute nel testo unico delle leggi speciali sulle acque e sugli impianti elettrici, a favore dei comuni, per i loro servizi pubblici, se prescritti, sono riaperti a decorrere dal 7 settembre 1945».
Intervengono Dossetti e Bordon; quest’ultimo propone il seguente comma aggiuntivo:
«Le acque ad uso potabile ed irriguo non saranno soggette ad alcuna imposizione di canone».
L’on. Perassi interviene a nome della Sottocommissione e suggerisce di collocare l’emendamento Bordon all’articolo 9; prende quindi la parola L. EINAUDI:
Vorrei fare una precisazione in merito all’emendamento Bordon, dove si dice che «le acque ad uso potabile ed irriguo non saranno soggette ad alcuna imposizione di canone».
Non faccio obiezioni sulla sostanza, quando sia ben chiaro che si tratta di canoni che dovrebbero esser imposti dalla regione.
Ma questa formula potrebbe anche significare i canoni che debbono essere pagati dagli utenti di acque ad uso potabile ed irriguo che esercitano questa industria, enti pubblici o consorzi. Gli enti pubblici ed i consorzi che sono proprietari delle acque ad uso di irrigazione o ad uso potabile, hanno ben ragione di farsi pagare dagli utenti un canone per l’uso delle acque stesse. Non vorrà questo emendamento rendere impossibile ai consorzi ed ai comuni l’esercizio di questi utili servizi pubblici? Chiedo una spiegazione a questo riguardo.
L’on. Bordon replica: «Il testo è identico a quello che c’era nel decreto del 1945, dove era detto che “le concessioni per uso potabile ed irriguo già esistenti non saranno soggette ad alcuna imposizione di canone”. Oggi che le acque passano di proprietà al demanio regionale, sarebbe la regione che potrebbe imporre questi canoni e ciò lederebbe i diritti dei comuni».
L. EINAUDI riprende:
Potrebbe anche darsi che un canale per uso potabile o di irrigazione fosse esercitato da un’impresa pubblica in concessione dello Stato. Ora, lo Stato ha ben il diritto di ottenere il rimborso delle spese. Questo si chiama canone. Io non faccio obiezioni sulla sostanza dell’emendamento Bordon, ma chiedo solo che il suo pensiero sia chiaramente espresso.
Interviene ancora l’on. Bordon, quindi l’articolo 10 viene approvato dall’Assemblea; sono pure approvati l’emendamento Bordon (da collocare all’art. 9) e l’articolo 11. Segue la lettura dell’art. 12:
«Con provvedimento legislativo, sentito il Consiglio della Valle, valutate le spese necessarie per la gestione dei servizi pubblici assunti dalla regione, sarà effettuato il riparto delle entrate erariali tra lo stato e la Valle.
Se le pubbliche entrate non sono sufficienti a coprire le spese indispensabili, lo stato, esaminato il bilancio della Valle, può accordarle un contributo straordinario; può altresì autorizzarla ad istituire imposte speciali, osservando i principi dell’ordinamento tributario vigente. Prima che venga accordato il contributo straordinario, il Ministero del Tesoro può disporre indagini presso le amministrazioni, i servizi e gli uffici della Valle, a norma dell’articolo 3 della legge 26 luglio 1939, n. 1037».
Il presidente avverte che L. EINAUDI ha presentato il seguente emendamento sostitutivo:
«Se il gettito delle entrate proprie della Valle non è sufficiente a coprire le spese necessarie ad adempiere le sue funzioni normali, sarà dallo stato, con provvedimento legislativo, sentito il Consiglio della Valle, attribuita alla stessa una quota dei tributi erariali.
La Valle può essere autorizzata ad istituire proprie imposte e sovrimposte osservando i principi dell’ordinamento tributario vigente.
Per provvedere a scopi determinati, che non rientrino nelle funzioni normali della Valle, lo stato assegna alla stessa, per legge, contributi speciali».
L. EINAUDI prende la parola:
Ho presentato due emendamenti agli articoli 12 e 13, i quali sono strettamente collegati l’uno all’altro.
Parlerò adesso dell’emendamento nel nuovo testo che ho redatto, allo scopo di tener conto di alcune osservazioni che mi erano state fatte dagli amici della Commissione.
Questo mio emendamento non ha lo scopo di togliere nulla, nella sostanza, di quello che era contenuto già nell’articolo 12 originario della Commissione; ma ha lo scopo di formulare meglio questo articolo 12, di guisa che esso corrisponda al principio dell’autonomia della Valle.
Il vizio dell’articolo 12, a parer mio, era quello che esso negava in pieno quell’autonomia della Valle che oggi qui noi siamo chiamati a statuire, in quanto quell’articolo 12 sanciva il principio che la Valle, sia pure solo in questo periodo transitorio, risultasse completamente dipendente dallo stato.
Io non credo che alcuno dei miei amici della Commissione, abbia mai avuto intenzione, nei momenti in cui si legiferava su questa materia, con i decreti del 1945, di considerare gli articoli finanziari come un qualche cosa di definitivo, come un qualche cosa di realmente ed esattamente corrispondente ai desideri della Valle.
I desideri della Valle non si compendiano se non nella unica aspirazione di conseguire, anche in questa materia della finanza, quella autonomia che essa da così lungo volgere di tempo ha perseguito e persegue; ma è pure evidente che in quel periodo non era facile poter stabilire una norma sicura informata al concetto medesimo della legge che noi oggi siamo chiamati a discutere ed ad approvare, che è quello di concedere l’autonomia alla Valle e non già di convertire la Valle in un organo, in un ente che debba venire a piatire continuamente allo Stato, con una prassi che ha molti punti di contatto con quelle che sono state e sono le così dette integrazioni ai bilanci locali, uno dei fenomeni certamente più funesti, più dolorosi per quanto fossero dovuti alle circostanze particolari determinatesi con il dopo guerra.
Noi dobbiamo deprecare il perpetuarsi di questo sistema delle integrazioni per il quale gli amministratori dei comuni, invece di governare autonomamente le proprie finanze, vengono a chiedere di continuo contribuzioni allo stato, facendo sì che si spenga a poco a poco in loro ogni senso di responsabilità, come sempre avviene quando chi spende non è chi paga, perché – nella specie – chi spende sono gli amministratori dei comuni, mentre chi paga è lo Stato.
Se c’è un sistema, onorevoli colleghi, che provochi la corruzione, gli è precisamente questo. Sotto la spinta di questa preoccupazione, in modo particolare, sono stati già emanati provvedimenti ed altri ancora sono in corso di studio, sono in corso di elaborazione e saranno presto discussi; provvedimenti intesi tutti a porre un termine al malaugurato sistema delle integrazioni.
Orbene, io credo che sarebbe invero quanto mai dannoso che in un testo costituzionale si sancisse un principio così funesto, così esiziale, così corruttore, come quello delle integrazioni date dallo Stato ai bilanci locali.
È questo, onorevoli colleghi, lo Spirito del mio emendamento, con il quale nulla è tolto nella sostanza all’articolo 12, del quale è mutata invece semplicemente la forma. Il primo comma dell’emendamento reca: «Se il gettito delle entrate proprie della Valle non è sufficiente a coprire le spese necessarie ad adempiere le sue funzioni normali, sarà dallo Stato, con provvedimento legislativo, Sentito il Consiglio della Valle, attribuita alla stessa una quota dei tributi erariali».
Si tratta dunque di una diversa forma che credo più propria, più indicata, ma che esprime lo stesso concetto contenuto nel corrispondente primo comma dell’articolo 12 che io mi propongo di sostituire con questo emendamento, primo comma nel quale è detto: «Con provvedimento legislativo, sentito il Consiglio della Valle, valutate le spese necessarie per la gestione dei servizi pubblici assunti dalla regione, sarà effettuato il riparto delle entrate erariali tra lo Stato e la Valle».
Onorevoli colleghi, la differenza è questa: che al posto della parola «entrate» è detto «tributi». Ma sono tutti tributi erariali quelli che sono soggetti ad una ripartizione fra lo Stato e la Valle. Altre entrate, che non siano derivanti da tributi e che non abbiano riferimento alla Valle, non credo ci siano; perché, se ci sono entrate che derivano dal demanio, bisogna tener presente che il demanio di per se stesso è già passato alla Valle, e quindi non può più essere preso in considerazione.
Il secondo comma del mio emendamento dice: «La Valle può essere autorizzata ad istituire proprie imposte e sovrimposte osservando i principi dell’ordinamento tributario vigente».
Il testo della Commissione stabilisce che «la Valle può essere altresì autorizzata ad istituire imposte speciali, osservando i principi dell’ordinamento tributario vigente».
La sola differenza fra le due formulazioni è questa: che, invece di dire che è autorizzata ad istituire imposte «speciali», dico che la Valle può essere autorizzata ad istituire «proprie imposte e sovrimposte». La mutazione deriva da questo: che l’espressione adoperata nell’originario articolo 12 è impropria. Secondo la terminologia tributaria, universalmente accettata, le parole «imposte speciali» hanno un significato noto, chiaro.
È imposta speciale, per esempio, la tassa di fognatura, cioè quella che serve ad uno scopo particolare. Era una imposta speciale la quota di concorso che era stabilita sui benefici maggiori a favore dei benefici minori. Insomma, imposte speciali sono soltanto quelle che hanno per scopo di sovvenire a certe spese particolari. Non credo che sia questo il desiderio della Valle. La Valle non desidera soltanto essere autorizzata ad istituire imposte speciali. Io consento, invece, col mio emendamento, che essa sia autorizzata a stabilire proprie imposte e proprie sovrimposte. Potrebbe avere il desiderio o il bisogno di sovrimporre ancora essa – cosa che non sarebbe indicata nell’articolo della Commissione – vere e proprie sovrimposte all’imposta sui terreni. Anche dopo il riparto, la Valle può avere bisogno di stabilire sovrimposte sull’imposta terreni, sull’imposta fabbricati, sull’imposta di ricchezza mobile.
Perché vogliamo negare questa facoltà alla Valle? Quindi la mia forma non soltanto è più propria, ma è anche più estesa di quella che è contemplata nell’articolo 12 della Commissione.
Finalmente il mio ultimo comma è stilato così:
«Per provvedere a scopi determinati, che non rientrino nelle funzioni normali della Valle, lo stato assegna alla stessa, per legge, contributi speciali».
Qui non c’è più il sistema delle integrazioni; il sistema corruttore e funesto delle integrazioni, per cui gli enti locali vengono a Roma per piatire elemosine, e si convertono in mendicanti. Qui si stabilisce un diritto. L’ente locale, la Valle, ritiene di dover compiere un’opera che è al di sopra delle sue forze, ritiene di dover costruire una strada che non serva soltanto ai bisogni locali, ma anche a scopi nazionali e internazionali? In virtù di questo ultimo comma del mio emendamento, essa chiede un contributo; non un’elemosina o un’integrazione o un sussidio, no: un contributo, che lo stato deve dare in riconoscimento del suo interesse a che quell’opera sia compiuta. La Valle ritiene che un fiume, che la Dora debba essere sistemata in maniera da non arrecare qualche danno? Quest’opera straordinaria riesce di vantaggio non solo alla regione valdostana, ma anche alle regioni sottostanti? Io consacro qui il diritto della regione di far presenti queste circostanze e di ottenere un contributo speciale.
Questi sono i motivi che mi paiono dettati nell’interesse della Valle e nell’interesse del paese, allo scopo di raggiungere meglio fini che sono nell’interesse dell’uno e dell’altra togliendo, per quanto possibile, quello sconcio delle integrazioni che è una delle macchie del nostro sistema tributario.
A questo punto interviene l’on. Perassi, a nome della Sottocommissione per gli Statuti regionali: «La Commissione aderisce pienamente alle critiche che l’onorevole Einaudi ha fatto al testo che figura all’articolo 12. La Commissione, anzi, tiene a dichiarare ancora una volta che non rivendica alcun diritto di proprietà letteraria su questo testo. Essa non ha fatto che copiare letteralmente l’articolo 14 del decreto legislativo 7 settembre 1945 emanato di concerto con i ministri delle Finanze e del Tesoro del tempo.
La Commissione si è sforzata di tradurre in norme giuridiche i concetti così sani che l’onorevole Einaudi ha in questo momento esposto e che sono i soli che corrispondono ad una vera autonomia, tendono cioè ad assicurare alla regione una propria finanza, salvo concorsi dello Stato sia per opere straordinarie ed eventualmente anche per sopperire alle necessità normali.
In linea di principio sarebbe stato desiderio della Commissione di poter determinare alcune entrate della regione in maniera precisa.
Ma questo non si è potuto fare e la Commissione con mio rincrescimento si è dovuta limitare a copiare quel testo, perché vi è stata qualche opposizione da parte degli interessati.
L’onorevole Einaudi propone un altro testo il quale dà quasi come presupposto l’esistenza di altre norme perché comincia dicendo: «Se il gettito delle entrate proprie della Valle non è sufficiente a coprire le spese, ecc.». Ora quali sono queste entrate proprie della Valle?.
L. EINAUDI replica:
Le entrate che prima aveva la provincia.
L’on. Perassi riprende: «Sono poca cosa, avuto riguardo alle funzioni che sono attribuite al nuovo ente».
L. EINAUDI torna a intervenire:
Non si può stabilire come principio la constatazione, come dato di fatto, della mancanza di mezzi sufficienti, ed è necessario dire «se».
Perassi prosegue: «Poiché quello che crediamo oggi è un ente di diversa figura giuridica, bisognerebbe innanzitutto delineare una finanza propria della Val d’Aosta. Avremmo dovuto fare un’elencazione dei tributi erariali, parte del cui gettito viene attribuito alla regione, seguendo la linea già adottata per gli altri Statuti speciali.
È possibile ancora fare questo sforzo? La Commissione se lo augura, in modo da poter arrivare ad una determinazione precisa delle entrate proprie della regione.
Incidentalmente, qualche minuto fa si è accennato ad una di queste entrate, cioè al canone che lo Stato percepisce per le concessioni di acque pubbliche. Ma si potrebbe seguire la stessa linea e dire per esempio che una parte delle imposte erariali sui terreni e fabbricati è devoluta alla regione e così via, seguendo lo schema di quanto è stato stabilito ieri per la Sardegna.
A prescindere da queste considerazioni preliminari, vorrei fare qualche osservazione nei riguardi del testo proposto dall’onorevole Einaudi. In esso si dice: se il gettito delle entrate proprie della Valle non è sufficiente «sarà dallo stato, con provvedimento legislativo, sentito il Consiglio della Valle, attribuita alla stessa una quota dei tributi erariali».
Che cosa vuol dire provvedimento legislativo?
L. EINAUDI interrompe:
L’ho copiato dal suo testo!
L’on. Perassi replica: «Ma il testo della Commissione, come ho già detto, è stato copiato da quello del decreto legislativo luogotenenziale del 7 settembre 1945.
Comunque, dobbiamo usare delle espressioni che corrispondono all’ordinamento giuridico attuale.
«Provvedimento legislativo» che cosa vuol dire? Bisogna precisare: o legge fatta dal Parlamento o atto legislativo fatto dal governo.
In questo caso, credo che converrebbe dire: «con decreto legislativo».
Nel secondo comma dell’emendamento proposto dall’onorevole Einaudi si dice: «La Valle può essere autorizzata ad istituire proprie imposte e sovrimposte osservando i principi dell’ordinamento tributario vigente».
L’onorevole Einaudi, parlando in generale dell’ordinamento tributario della regione, aveva energicamente messo in evidenza la necessità che la regione, anche per stimolare il senso d’iniziativa e di responsabilità degli amministratori, abbia la possibilità di creare propri tributi.
Ora, che cosa vuol dire: «La Valle può essere autorizzata»? Da chi e come? Per dare effetto pratico a questa formula occorrerebbe una legge. Credo che si potrebbe dire «La Valle può istituire proprie imposte o tributi, osservando i principi dell’ordinamento tributario vigente»; concetto, questo, che è affermato già nella stessa Costituzione, nella quale si prevede che ogni regione abbia tributi propri oltre che quote di tributi erariali.
Per il terzo comma, nessuna osservazione. È la formula che corrisponde a quanto è già disposto nell’articolo 114 della Costituzione.
In conclusione siamo di fronte a formule che sono l’una e l’altra ugualmente insoddisfacenti. Se è ancora possibile far di meglio, cerchiamo di farlo; altrimenti dobbiamo francamente dire che il problema non è risolto, ma rinviato».
L. EINAUDI prende nuovamente la parola:
Io ringrazio l’onorevole relatore per le sue parole cortesi, ma devo far notare che le osservazioni che l’onorevole Perassi ha fatto al mio emendamento sono soprattutto – mi pare – osservazioni fatte alle proposte della Commissione, perché appunto era dal testo della Commissione che ho copiato le parole «con provvedimento legislativo».
Ad ogni modo, non ho nessuna difficoltà a sostituire alle parole: «con provvedimento legislativo» (che sono parole poste nel testo all’articolo) le parole: «con decreto legislativo».
Poi, la Commissione dice che «lo stato può autorizzare la regione ad istituire imposte speciali ecc.». Io avevo detto: «La Valle può essere autorizzata ad istituire ecc.». Ma se si crede meglio dire che «la Valle può essere autorizzata dallo stato» o si preferisce: «La Valle può istituire», io non ho nessuna difficoltà. Queste sono osservazioni di carattere formale.
Ma io devo insistere sul concetto che è illogico trasferire in un provvedimento che si riferisce all’autonomia della Valle d’Aosta (Statuto speciale della Valle d’Aosta, disegno di legge costituzionale) una norma la quale si riferiva a tutt’altra materia: allo «ordinamento amministrativo dello stato», non all’autonomia della Val d’Aosta. Oggi noi vogliamo fare qualche cosa di diverso, vogliamo fare qualche cosa di più, e non limitarci soltanto a copiare il decreto del 1945 che concedeva soltanto una autonomia amministrativa. Qui si vuole dare una autonomia alle regioni e non ci si vuole supinamente accontentare di una autonomia amministrativa. Poiché le differenze di forma sono facilmente eliminabili, richiamo ancora l’attenzione sulla necessità di guardare alla sostanza, e rispetto alla sostanza l’Assemblea è libera di scegliere fra le due formule che sono state presentate.
Accetto la proposta Perassi di sostituire alla parola «provvedimento», la parola «decreto», ed accetto anche di sostituire alle parole: «La Valle può essere autorizzata» le parole: «La Valle può istituire».
Intervengono Bordon, Uberti e Lussu; quest’ultimo invita L. Einaudi, a nome della Sottocommissione, a ritirare il suo emendamento, a favore della formula originale dell’articolo 12. L. EINAUDI riprende la parola:
Volevo soltanto osservare che in sostanza tra le due formulazioni, senza peccare di vanità, la mia è la più propria e si esprime in termini che sono anche più larghi per la Valle di quel che non sia l’articolo della Commissione. L’onorevole Bordon ha fatto considerazioni che possono essere giudicate extravaganti e che non si riferiscono alla materia dell’articolo 12, in quanto è evidente che l’articolo 12, anche com’è da me formulato, dev’essere considerato in connessione con l’articolo 53.
Ha detto bene l’onorevole Perassi, che qui non si tratta di ordinamenti definitivi, a differenza degli statuti di altre regioni, per cui si sono indicati i tributi che passano alle regioni e le percentuali dei tributi erariali che sono assegnati alla regione, per cui infine si è detto: per alcune altre imposte erariali si darà (ma questa non è una integrazione) una quota variabile. Qui, invece di dire i cinque decimi o i sei decimi, si è detto: una parte, allo scopo di poter tener conto dei bisogni della Valle, andando anche molto al di là di quanto si sia andati per le altre regioni.
Data la piccolezza del territorio, può benissimo darsi che, visti i bisogni della Valle, lo stato debba assegnare alla Valle anche i 9/10 di tutte le sue entrate erariali, dando anche di più di quello che ha dato alle altre regioni. La differenza fra il sistema della Valle e quello delle altre regioni consiste nel fatto che nelle altre regioni ci sono percentuali rigide, e sono per alcune imposte espressamente indicate, mentre qui tutto è variabile appunto per tener conto della impossibilità di poter calcolare oggi quali sono le spese della Valle.
Quindi, il sistema del mio articolo, per essere espresso in un linguaggio tecnicamente più proprio, mi sembra che sia preferibile a quello della Commissione, il quale certamente lascia molto a desiderare.
L’unica differenza sostanziale è quella dell’integrazione, che qui viene concepita come data ogni volta che ci siano delle spese da farsi per degli scopi i quali oltre che avere un carattere regionale hanno anche un interesse nazionale. Questo è lo scopo dell’ultimo comma.
Le altre osservazioni che ha fatto l’onorevole Bordon non sono pertinenti all’articolo 12. Io vorrei, soltanto per extravagare anche io un momento, confessarvi che, se fossi nei panni del ministro delle Finanze, non solo darei una quota del reddito di quelle certe imprese industriali a cui si riferisce l’onorevole Bordon, ma sarei favorevole a dare tutto, reddito e capitale, senza nessun pagamento da parte della Valle, tanto poco la Valle credo abbia da sperare da questi redditi che nascono di lì e vanno fuori.
Ci sono soltanto delle passività, non ci sono redditi. Se la Valle lo vuole, credo che il ministro delle Finanze sarà ben disposto a dare più di quello che l’onorevole Bordon ha desiderato.
Intervengono Bordon, Lussu, Uberti, Chatrian e Perassi; il presidente dà quindi lettura al testo definitivo dell’emendamento Einaudi, modificato su proposta dell’on. Uberti, d’accordo col proponente:
«Oltre il gettito delle entrate proprie della Valle, sarà dallo stato, sentito il consiglio della Valle, attribuita alla stessa una quota dei tributi erariali.
La Valle può istituire proprie imposte e sovrimposte osservando i principi dell’ordinamento tributario vigente.
Per provvedere a scopi determinati, che non rientrino nelle funzioni normali della Valle, lo stato assegna alla stessa, per legge, contributi speciali».
L’Assemblea l’approva e passa all’esame dell’articolo 13:
«L’accertamento, ai fini delle imposte dirette erariali, viene effettuato da organi collegiali elettivi a norma delle vigenti disposizioni.
Per le imprese industriali e commerciali che hanno la sede centrale fuori del territorio della Valle, ma che in esso hanno stabilimenti od impianti, nell’accertamento dei redditi viene determinata la quota del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti medesimi. L’imposta relativa a detta quota è riscossa dagli organi di riscossione della regione».
Il presidente avverte che l’on. Dominedò propone la soppressione del secondo comma e che l’on. Einaudi ha presentato il seguente emendamento sostitutivo all’art. 13:
«Ai fini dell’accertamento delle imposte dirette erariali, gli uffici finanziari dello stato nella regione comunicano alla Giunta regionale la lista dei contribuenti che, domiciliati nella Valle, possiedono redditi tassabili al loro nome mediante ruolo.
La Giunta esamina la lista, la completa e la rettifica, aggiungendovi coloro che furono omessi e che vi dovevano essere compresi e cancellandone coloro che per qualsiasi causa vi furono indebitamente iscritti o che per motivi sopravvenuti ne debbono essere esclusi.
Delle variazioni introdotte la Giunta deve indicare la ragione. La Giunta indica, altresì, gli altri dati necessari per il nuovo o migliore accertamento dei tributi nei confronti degli iscritti nella lista.
Gli uffici finanziari dello stato nella regione sono tenuti a riferire alla Giunta i provvedimenti adottati in base alle indicazioni dalla stessa ricevute».
L. EINAUDI prende la parola:
Ho presentato una formulazione sostitutiva anche per l’articolo 13; in questa formulazione cade il secondo comma dell’articolo medesimo, ed io quindi non ho che da riferirmi alle argomentazioni che sono già state esposte dall’onorevole Dominedò, per dimostrare la necessità della soppressione di questo secondo comma.
D’altro canto, siccome nell’articolo 12, testé votato, è detto che con un decreto legislativo si provvederà al riparto di tutti i tributi erariali della regione, in quella sede sarà possibile ancora meglio perfezionare la soluzione di questo problema, che non può essere improvvisata, così come è indicato in questo secondo comma.
Il punto importante a cui mi riferisco nel mio emendamento sostitutivo è quello del primo comma.
Il primo comma, così come è formulato nell’articolo della Commissione – credo tolto di peso dal decreto del 1945, che aveva delle caratteristiche non di autonomia vera e propria, ma di autonomia puramente amministrativa – dice:
«L’accertamento, ai fini delle imposte dirette erariali, viene effettuato da organi collegiali elettivi a norma delle vigenti disposizioni», Io non vedo in che modo in un testo costituzionale possa essere inserita una disposizione di questo genere, così vaga. Quali sono gli organi collegiali elettivi? Quali sono le disposizioni in base alle quali si dovrebbe fare l’accertamento? Questo accertamento a quali imposte si riferisce? Alle imposte sui terreni, che sono regolate da una legge catastale? All’imposta di ricchezza mobile, che è regolata da sistemi tutt’affatto diversi? All’imposta di successione, all’imposta di registro, di bollo, per le quali non esistono degli organi collegiali elettivi? è una norma questa che non ha un significato preciso. Io propongo di sostituirla con una formulazione che è di gran lunga più rassicurante per la Valle e dà molto maggiori facoltà alla Valle medesima. L’emendamento sostitutivo dice:
«Ai fini dell’accertamento delle imposte dirette erariali, gli uffici finanziari dello stato nella regione comunicano alla Giunta regionale» (cioè al vero organo elettivo che regola il governo della regione) «la lista dei contribuenti che, domiciliati nella Valle, possiedono redditi tassabili al loro nome, mediante ruolo.
La Giunta esamina la lista, la completa e la rettifica, aggiungendovi coloro che furono omessi e che vi dovevano essere compresi e cancellandone coloro che, per qualsiasi causa, vi furono indebitamente iscritti o che per motivi sopravvenuti ne debbono essere esclusi».
Io do quindi modo alla Giunta d’intervenire nella compilazione della lista dei contribuenti, di controllarla, di diminuire o di accrescere le iscrizioni, a proprio giudizio, e a seconda della conoscenza che essa ha della situazione locale.
Naturalmente «delle variazioni introdotte la Giunta deve indicare la ragione». Questa è una guarentigia per i contribuenti.
«La Giunta indica altresì gli altri dati necessari per il nuovo o migliore accertamento dei tributi nei confronti degli iscritti nella lista».
Quindi la Giunta non solo ha l’autorità di segnalare agli uffici finanziari le eventuali dimenticanze, ma comunica anche i dati con cui gli uffici finanziari potranno meglio conoscere il patrimonio e i redditi dei contribuenti, segnalando per esempio gli accertamenti che siano stati inferiori alla realtà in modo da ottenere una più giusta tassazione, della quale possa beneficiare non soltanto lo stato ma la regione stessa.
È da osservare finalmente che gli uffici finanziari non possono prendere alla leggera le indicazioni della Giunta; infatti «gli uffici finanziari dello stato nella regione sono tenuti a riferire alla Giunta i provvedimenti adottati in base alle indicazioni dalla stessa ricevute».
Gli uffici finanziari hanno così l’obbligo di utilizzare le indicazioni che verranno fatte dalla Giunta. Si stabilisce in tal modo una proficua collaborazione fra la regione che vuole nuove iscrizioni a ruolo e lo stato che viene aiutato a conoscere i nuovi contribuenti o coloro che devono essere iscritti.
Chiedo perciò che sia accolto il mio emendamento e messo in votazione in sostituzione dell’articolo 13 che è troppo vago e che non dà garanzie sufficienti né alla regione né allo stato, mentre col mio articolo sostitutivo si dà luogo ad una forma di collaborazione tra la regione e lo stato, che sarà fonte di ottimi risultati finanziari per l’una e per l’altro.
Intervengono ancora Lussu, Bordon, Perassi e Dominedò, quindi l’emendamento Einaudi viene approvato. La discussione prosegue, fino alla conclusione dell’esame del provvedimento, senza ulteriori interventi di L. Einaudi.