3 maggio 1947 – Ddl “Ordinamento dell’industria cinematografica nazionale”
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 03/05/1947
3 maggio 1947 – Ddl “Ordinamento dell’industria cinematografica nazionale”
Atti Parlamentari – Assemblea Costituente – Assemblea plenaria, Discussioni
Interventi e Relazioni parlamentari, a cura di Stefania Martinotti Dorigo, Vol. II, Dalla Consulta nazionale al Senato della Repubblica (1945-1958), Fondazione Luigi Einaudi, Torino, 1982, pp. 609-614
Seguito della discussione sul disegno di legge Ordinamento dell’industria cinematografica nazionale.
Il presidente comunica che è stata presentata la proposta di sospendere l’esame del provvedimento, da parte degli onorevoli Cairo, Rocco Gullo, Chiaramello, Pignatari, Tomba, Fogagnolo, Costa, Fornara, Vigorelli, Longhena, Pera, Paris, Tonello, Zanardi, Di Giovanni, Veroni, Lami Starnuti, Morini e Cianca. Il presidente apre la discussione su questa proposta, avvertendo che hanno diritto di parlare due oratori a favore e due contro.
Prendono la parola Fogagnolo, a favore della sospensione, e Bibolotti, contrario.
A questo punto interviene L. EINAUDI:
Parlo in qualità di laico della cinematografia e confesso di avere appreso tutte le mie notizie al riguardo in questa seduta.
Ma le cose esposte dall’onorevole Pera, dal punto di vista finanziario ed economico, mi sono parse così gravi, che un rinvio, se non ad una Commissione apposita, alla Commissione di Finanza mi pare nostro assoluto dovere.
Non è possibile, così leggermente, senza che nella relazione della Commissione sia fatto cenno ad una qualsiasi dimostrazione intorno agli effetti del provvedimento per la finanza dello stato, non è possibile, senza che la relazione della Commissione dica nulla sui risultati delle provvidenze di credito date durante il passato regime alla cinematografia, approvare il disegno di legge oggi presentato al nostro esame.
Il rinvio alla Commissione di Finanza mi pare tanto più necessario, in quanto è stata annunziata una discussione sulla politica finanziaria generale dello stato; in quella sede sarà necessario esaminare a fondo in quali casi lo stato deve intervenire, ed in quali casi no, a favore di iniziative private.
Ho sentito parlare di sussidi, di sovvenzioni date alla Fiat e ad altre industrie italiane; e si sono ricordati i sussidi passati come precedenti validi, in virtù dei quali si dovrebbero dare oggi nuove sovvenzioni; ma io dico che, se mai, le sovvenzioni date in passato dovrebbero essere rivedute e, se lo consiglia l’interesse pubblico, fatte cessare. Soltanto da una discussione generale nella quale le provvidenze a favore della cinematografia vengano messe a paragone con le altre provvidenze prese in passato o da prendere in avvenire a favore delle altre industrie nazionali, soltanto dall’esame di un bilancio generale della spesa pubblica nella quale tutte le provvidenze siano catalogate e graduate per ordine di importanza, si potrà trarre un giudizio fondato su quelle che meritano di essere messe per prime e quelle che debbono essere messe per seconde od ultime. Io mi posso rallegrare vivamente che dai banchi socialisti sia venuta una parola così ardente contro la protezione doganale all’industria, ma quelli che, come me, hanno fama di essere liberisti, sono i primi a riconoscere che l’intervento dello stato in taluni casi è necessario. Ma l’intervento deve essere ragionato e non può mai essere dato volta per volta; deve essere ragionato in funzione di un bilancio generale: bisogna stabilire quali sono le spese che lo stato può sopportare, le imposte alle quali può rinunciare. Senza una discussione generale, un voto il quale sia dato in questo modo è un voto che si appalesa prematuro. Occorre un rinvio alla Commissione di Finanza la quale discuta al tempo stesso i problemi relativi alle sovvenzioni oggi proposte all’industria cinematografica e ai legittimi proventi che lo stato può ricavare dalle rappresentazioni teatrali. Occorre altresì una discussione fatta dalla medesima Commissione di Finanza e tesoro su quelle che siano state le conseguenze passate del credito cinematografico e quelle che potranno essere in avvenire.
Non illudiamoci che il problema si possa risolvere a sé stante, perché si afferma che i sussidi alla cinematografia si pagherebbero con un prelievo sulle tasse prelevate sui proventi degli spettacoli cinematografici. Faccio astrazione dalla circostanza che i proventi delle tasse vanno oggi ai comuni, laddove i contributi all’industria cinematografica sono pagati dall’erario statale. Ma è falso il principio stesso dei contributi pagati con una speciale imposta. Troppo comodo l’alibi che in tal modo ci procureremmo. In verità tutte le imposte, qualunque sia il loro nome, sono pagate col reddito dei contribuenti e tutte spettano al tesoro dello stato. È il tesoro che paga in definitiva e sempre, e sempre paga col denaro dei contribuenti. Epperciò nessuna spesa può essere votata a sé; ma tutte debbono essere graduate in funzione delle disponibilità di bilancio.
Soltanto su questa base la Costituente può dare un voto il quale persuada sul serio l’opinione pubblica. Per ciò io, senza manifestare nessuna opinione in merito, dico che è nostro dovere rinviare il progetto alla Commissione di Finanza e tesoro.
Intervengono ancora gli on. Giannini, Vernocchi, relatore sul disegno di legge in discussione e Cappa, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, in rappresentanza del governo e si dichiarano tutti e tre contrari alla proposta di sospensiva. A questo punto il presidente mette ai voti la proposta stessa, che è del seguente tenore:
«I sottoscritti chiedono che venga sospesa la discussione del progetto di legge sull’industria cinematografica e che il progetto sia rinviato al governo per l’ulteriore esame».
L’Assemblea respinge.