28 settembre 1920 – Disposizioni relative al commercio e provvedimenti contro gli aumenti eccessivi dei prezzi
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 28/09/1920
28 settembre 1920 – Disposizioni relative al commercio e provvedimenti contro gli aumenti eccessivi dei prezzi
Atti Parlamentari – Senato del Regno – Discussioni
Interventi e Relazioni parlamentari, a cura di Stefania Martinotti Dorigo, Vol. I, Senato del Regno (1919-1922), Fondazione Luigi Einaudi, Torino, 1980, pp. 859-868
È all’ordine del giorno la discussione del disegno di legge Disposizioni relative al commercio e provvedimenti contro gli aumenti eccessivi dei prezzi (stampato n. 188), che prevede il coordinamento della legislazione provvisoria di guerra e dell’immediato dopoguerra sull’argomento. Questo provvedimento si riferisce, in particolare, alle norme in materia di consumi e approvvigionamenti alimentari e manufatti popolari, stabilite con i decreti speciali emanati dal governo grazie ai poteri straordinari concessigli dalla legge 22 maggio 1915, n. 671: al decreto luogotenenziale 23 agosto 1917, n. 1345, istitutivo di un Ufficio delle calzature nazionali; al decreto luogotenenziale 7 aprile 1918, n. 476, sugli approvvigionamenti e consumi industriali; al decreto luogotenenziale 21 novembre 1918, n. 1745, recante disposizioni sul commercio dei generi alimentari; al R. decreto 24 luglio 1919, n. 1296, che ristabilisce la libertà di importazione nel Regno di merci estere; al R. decreto 18 settembre 1919, n. 1700, che disciplina la produzione dei tessuti per le classi popolari e infine al R. decreto 28 settembre 1919, n. 1822, che regola i reclami e i ricorsi penali contro i decreti pronunciati dagli intendenti di finanza o da altre autorità.
La Relazione relativa al provvedimento era stata presentata in Senato dall’on. Mosca, a nome dell’Ufficio centrale, il 25 settembre.
La discussione in aula è aperta da L. Einaudi:
Onorevoli colleghi, mi sono deciso a chiedere di parlare su questo disegno di legge soltanto all’ultimo momento, avendo avuto modo di leggere in quest’ultime ore la bella e penetrante critica, che direi quasi una moderata condanna, del disegno di legge, che a nome dell’Ufficio centrale, il relatore, senatore Mosca, aveva fatto nella relazione sul disegno stesso. Leggendo questa critica e leggendo gli emendamenti che l’Ufficio centrale propone al Senato è sorta in me la speranza che questo disegno di legge possa essere emendato e acciocché riesca più efficace, se pur ciòè possibile, per raggiungere gli scopi che il governo si propone quando cerca di stabilire norme, le quali valgano ad impedire l’aumento eccessivo dei prezzi. Dico subito che, come osserva l’onorevole relatore, io approvo pienamente gli articoli da 1 a 4, specialmente quando ad essi siano applicate quelle modificazioni che sono indicate nella relazione dell’Ufficio centrale inquantoché gli emendamenti dell’Ufficio centrale riescono a fare metter meglio in rilievo ha necessità assoluta che si ponga fine agli uffici, quale quello per la carta dei giornali, per la lana, per il cotone e alle altre organizzazioni simili sorte durante la guerra, le quali io non discuto se furono utili, ma che, certamente, non hanno più ora alcun scopo da raggiungere. Gli emendamenti dell’Ufficio centrale ordinanoche si ponga fine, entro un certo periodo di tempo, a queste organizzazioni e si ritorni al libero commercio.
Lo stesso giudizio favorevole io non potrei dare sugli altri articoli dal 5 alla fine, inquantoché essi suppongono che le cause del rialzo eccessivo dei prezzi siano diverse da quelle che effettivamente sono. Il relatore ha già messo in luce l’errore fondamentale di ritenere che siano gli intermediari quelli che producono il rialzo dei prezzi. Gl’intermediari sfruttano un fenomeno, il quale si sarebbe verificato anche senza di essi. Illudersi che, combattendo gl’intermediari, si riesca ad impedire l’aumento dei prezzi, sarebbe un voler creare nella mente del pubblico una speranza che non è destinata a verificarsi. Ciò che produce l’aumento dei prezzi non può essere l’accaparramento: è la scarsità della merce e l’abbondanza del numerario, con cui i consumatori offrono di comprare quella determinata merce scarsa. Finché queste due cause non siano tolte, è vano illudersi che qualunque norma sancita contro la classe degli intermediari valga a raggiungere l’effetto di impedire l’aumento dei prezzi. Le norme che vanno contro gl’intermediari potranno avere un valore politico, potranno essere spiegate come un tentativo di acquietare l’opinione pubblica, ma otterranno scarsi risultati pratici. Il che, Se non erro, dovrebbe essere la meta precipua se non esclusiva del legislatore.
Un altro errore, contenuto nel disegno di legge, è quello che suppone sia possibile ad una qualsiasi Commissione, arbitrale o governativa, di riuscire a scoprire il prezzo giusto da darsi alla merce, fondandosi sopra un’analisi del costo del prodotto. Questo è come la ricerca dell’araba fenice.
È impossibile di poter in qualsiasi maniera conoscere quello che è il costo di una determinata merce, perché non esiste e non è mai esistito e non esisterà mai un unico costo della merce, i costi variano da produttore a produttore, a seconda delle condizioni del produttore e della sua capacità. Il grande pericolo delle disposizioni, che fanno dipendere la determinazione dei massimi di prezzo da un’analisi di costo, è questa, che si sia indotti a fermarsi sul costo del produttore che è meno abile; purtroppo, il numero dei produttori meno abili è maggiore di quello dei produttori bene organizzati e che sanno produrre a costi bassi: sono essi che hanno forze elettorali e politiche maggiori. Dovunque si è tentato stabilire i prezzi in ragione dei costi, i prezzi sono aumentati, invece di ribassare, inquantoché la tendenza dei prezzi, quando vengono stabiliti per legge, è sempre quella di essere stabiliti sul costo della maggior parte dei produttori.
Nasce poi l’altro inconveniente, che la classe degli imprenditori quella degli operai si mettono d’accordo per aumentare i 5 quindi i costi, e legittimare così un aumento dei prezzi.
Sono questi errori che mi rendono scettico intorno alla possibilità che il disegno di legge riesca ad ottenere gli scopi che si propone; è come la quadratura del circolo il tentativo di riuscire a conoscere i costi e fissare i prezzi giusti: in pratica, queste determinazioni riescono ad ottenere lo scopo.
E, poiché nelle relazioni governative furono citati ilShermanActdegli Stati Uniti ed il ProfiteeringAct dell’Inghilterra, mi permetti rilevare che lo ShermanAct fu, se non in tutte, nella massima delle sue disposizioni sospeso durante la guerra, e che il ProfiteeringActdell’Inghilterra è oramai caduto in meritato discredito, quello che non ha raggiungo gli scopi che si proponeva, sicché‚ quasi nessuno più v’è che ricorra alle sue disposizioni per ottenere ribasso nei prezzi. Noi arriviamo buoni ultimi, quando gli altri hanno già fatto, indarno, l’esperimento. Ed otterremo gli stessi risultati nulli.
Tuttavia, poiché‚ il disegno di legge è stato presentato e poiché di esso l’Ufficio centrale ha presentato degli emendamenti, i riescono a mettere in più chiara luce lo scopo del legislatore e a diminuire alcune delle asperità eccessive che il disegno di legge presentava in origine, mi permetto di aggiungere agli emendamentidell’Ufficio centrale altri due emendamenti, i quali hanno per iscopo accentuare un altro concetto, che il disegno di legge nella sua relazione originaria ricordava, ma a cui nel testo non diede un’attuazione precisa.
Ho detto che la causa principale dell’aumento dei prezzi non sta negli intermediari, ma nel fatto che molte classi di consumatori no prezzi eccessivi per ottenere la merce da essi desiderata ed accaparrano, se questa parola si può usare, nell’ipotesi che abbia un qualche significato, a proprio vantaggio le merci, che altre classi di consumaturi non possono comprare a minor prezzo. Le classi poste al bando dall’acquisto delle merci sono quelle degli impiegati, i cui stipendi furono poco cresciuti (medi ed alti impiegati), dei pensionati, dei piccoli redditieri a reddito fisso ed altre categorie, che non hanno avuto il reddito aumentato nella misura, in cui aumentarono i redditi di classi beneficiate dall’onda del rialzo dei redditi e dei salari. E quindi, poiché siamo di fronte ad un disegno di legge che, ha per iscopo d’impedire gli accaparramenti, vorrei proporre due emendamenti intonati a ciò che il disegno di legge all’art. 10 espone, quando dà facoltàad una Commissione arbitrale, che dovrà essere nominata, di studiare le cause di accaparramento e stabilire le sanzioni contro di esso. Gli emendamenti che propongo sono i seguenti: all’art. 10 lett. b) proporrei di aggiungere: «la Commissione avrà facoltà, oltreché di ricevere altri reclami, di ricevere ogni reclamo relativo al prezzo eccessivamente superiore al costo di produzione, con cui, in cambio di merci e servizi di prima necessità, venga da pubbliche autorità, o da istituti di ogni specie, venduta moneta cartacea in eccedenza alla quantità circolante alla data di pubblicazione della presente legge».
Con questo emendamento io cerco di colpire questa che è una causa fondamentale del rialzo dei prezzi: il rialzo deriva da ciò, che molte persone posseggono e offrono in cambio di merci di prima necessità troppa moneta cartacea. Parmi perciò necessario ed opportuno che, quando queste offerte si verifichino in misura superiore alla quantità stabilita alla data della pubblicazione della presente legge, la Commissione arbitrale faccia un’indagine del genere di quelle che il disegno di legge ordina contro coloro, i quali vendono merce ad un prezzo di troppo superiore al costo di produzione. Quale usura maggiore vi è di quella di chi (stato o banche) vende per 100 lire un pezzo di carta che gli è costata 25 centesimi? Nessun altro produttore sfrutta il consumatore in una misura così scandalosa. Sia come si vuole per il passato. Su di ciò non indaghiamo. Ma, se in avvenire questo sfruttamento si accentuasse, è giusto che il consumatore possa gravarsene dinnanzi alla Commissione arbitrale, anche allo scopo di far risolvere in via giudiziaria il quesito, a cui da tanti si risponde affermativamente, che sia appunto questa vendita di carta-moneta a prezzi incredibilmente superiori al costo la causa, vera di quel rialzo di prezzi, che il’ disegno di legge sembra attribuire a colpa degli intermediari.
E alla lettera a bis) proporrei di aggiungere un altro emendamento, ossia che «la Commissione arbitrale abbia facoltà di decidere sul fondamento dei reclami presentati dai consumatori contro l,azione illecita di quegli altri consumatori, i quali, con offerte di numerario disponibile per essi in eccessiva quantità, abbiano accaparrato per sé troppa quantità di generi alimentari e di merci d’uso popolare, togliendo ad altri la possibilità d’usarne, con lo spingere i prezzi ad altezze incomportabili con le economie di coloro i cui stipendi, redditi, guadagni, pensioni e salari non crebbero in proporzione all’innalzarsi del livello generale dei prezzi.
La Commissione arbitrale avrà facoltà di ordinare che il prezzo pagato in eccesso sia versato ad una cassa destinata a sovvenire alle necessità dei consumatori come sovra danneggiati da un rialzo dei prezzi sproporzionato ai loro mezzi».
Questi due emendamenti non richiedono per la loro applicazione nessuna maggiore difficoltà d’indagini di ricerche, che richiedano le altre che la Commissione arbitrale già è chiamata a fare; in quanto che, se la Commissione arbitrale dovrà fare già indagini difficili intorno ai costi di produzione, intorno ad ogni sorta d’influenze che possano avere sul prezzo delle merci i cambi, ed altri fatti d’indole internazionale, potrà con non maggiore difficoltà indagare su questi fatti, da cui veramente deriva il rialzo dei prezzi. Nessun intermediario, nessun negoziante riuscirebbe a spuntare un centesimo solo d’aumento di prezzo, se non si trovassero delle persone, che, avendo una quantità eccessiva di moneta, offrono con grande larghezza – numerario per avere le merci desiderate a scapito d’altri. Io non m’illudo che gli emendamenti da me proposti possano avere un’efficacia qualsiasi per ridurre realmente i prezzi, o impedire il rialzo eccessivo di essi; affermo però che la efficacia delle norme da me proposte non è certo minore di quelle contenute nel disegno di legge. Il disegno di legge, in fondo, stabilisce delle multe e penalità contro una certa classe di intermediari, e dimentica di stabilire le medesime penalità contro coloro che hanno eccitato con le loro offerte di numerario l’intermediario ad aumentare i prezzi. In tal modo non credo si riuscirà a ridurre i prezzi; ma, se, per impossibile, una certa efficacia avrà una disposizione che colpisca gli intermediari medesimi, avrà anche efficacia una norma che colpisca chi faccia delle offerte eccessive di numerario.
Oso esprimere, la speranza che l’Ufficio centrale e il governo vogliano accettare questi miei emendamenti, e soprattutto esprimo la speranza che gli emendamenti dell’Ufficio centrale vengano ad essere accolti, inquantoché essi possono avere una virtù; quella cioè di fermare la legislazione sulla china precipitosa in cui si è messa. Questo disegno di legge non è altro senonché la codificazione e la accentuazione di tutti i provvedimenti che sono stati presi durante la guerra, nella vana speranza d’impedire un aumento di prezzi. Tutti i provvedimenti del passato allo scopo non sono riusciti se non ad accentuare la ascesa dei prezzi che già doveva verificarsi, o meglio la ascesa dei prezzi è continuata imperterrita, malgrado tutti i provvedimenti che il legislatore aveva creduto di prendere durante questo decorso di tempo.
Con le grida spagnuole di manzoniana memoria e con la resurrezione della politica dei tratti di corda contro gli accaparratori non si diminuiscono i prezzi. Si aumentano. In tutti i tempi, l’esperienza ha provato che la comminatoria dei tratti di corda non ha avuto altro effetto se non quello di aggiungere agli altri rischi del negoziante o dell’intermediario, quello della penalità comminata dalla legge.
Il tratto di corda (nel disegno di legge attuale l’ammenda, la multa e il carcere) è messo in conto come un elemento del rischio, ossia del costo di produzione della merce, e ne cresce d’altrettanto il prezzo. Questo non è teoria; né io parlo per tenermi fedele ad un principio. Questi sono fatti, che si sono sempre ripetuti, che si verificarono di nuovo durante gli ultimi anni, e torneranno a ripetersi, se sul serio si vorrà applicare questa legge.
Il disegno di legge dunque avrà la stessa sorte di tutte le leggi passate e recenti che lo precedettero. I risultati saranno cattivi; al massimo, nell’ipotesi più benevola e, se esso verrà adoperato solo come polvere negli occhi senza attuarlo, non avrà alcun risultato. Esso non va alla radice del male, non colpisce le vere cause della reazione al rialzo dei prezzi, cioè le disponibilità monetarie eccessive da parte di troppe persone, di fronte ad un’offerta limitata, e forse decrescente, di merci.
Io spero che il ministro dell’Industria, a cui io sono devoto come ad uno dei miei maestri, vorrà, accettando gli emendamenti dell’Ufficio centrale, arrestare la nostra legislazione su questa china e vorrà fare in guisa che si ponga un punto fermo alla tendenza d’illudersi che sia possibile con una legge, con un decreto, con un atto di autorità, fermare il movimento al rialzo dei prezzi, il quale non cesserà finché non si tolgano le cause che lo producono; anzi si accentuerà a dismisura, se quelle cause, invece di essere eliminate, saranno rafforzate, come purtroppo sta avvenendo, nella loro indeprecabile azione.
Prendono poi la parola gli on. Loria e Alessio, per negare l’impossibilità di determinare prezzi esatti. L’on. Alessio afferma tra l’altro: «… Discutiamo da secoli sulla questione delle determinazioni dei prezzi: provvedimenti diversi possono attuarsi e trovarsi poi magari inutili. Il governo non crede di aver fatto opera perfetta; esso s’è ispirato alle leggimigliori che governano questa materia nel mondo incivilito. Due punti fondamentali sono tolti dalShermanAct del 1890 e dal ProofeeringAct inglese del novembre 1919.
L. Einaudi replica:
Il primo è sospeso.
Gli emendamenti proposti da L. Einaudi sono quindi respinti dal ministro Alessio a nome del governo.
La legge è approvata a scrutinio segreto nella tornata del 29 settembre e diventa la legge 30 settembre 1920, n. 1349. Disposizioni relative al commercio e provvedimenti contro gli aumenti eccessivi dei prezzi (pubblicata nella «Gazzetta Ufficiale» del 5 ottobre, n. 235)