Cavour 1861-1961
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione:
Cavour 1861-1961. Ciclo di conferenze di Einaudi, Grosso, Peyron, Jemolo, Pella, Torino, Bottega d’Erasmo, 1962, pp. 7-12
Il mio intento era soltanto quello di presentare questa imponente collezione di carteggi cavouriani; ma, dalla contemplazione e dalla lettura di questi volumi, salta fuori una caratteristica cavouriana, sulla quale non so se, nelle commemorazioni che sono state tenute e si terranno in questa occasione, sia stata richiamata abbastanza l’attenzione: e cioè quella della preparazione, della preparazione veramente grande, che ha preceduto l’entrata di Cavour nell’arengo politico europeo e mondiale. Non si ebbe allora la manifestazione improvvisa di un genio; ma il genio si era preparato da anni, da lunghi anni, all’ufficio che doveva esercitare. E quando noi lo vediamo, presidente del Consiglio, ministro delle Finanze, ministro dell’Agricoltura, interessarsi poi anche di tutti i dicasteri ai quali non presiedeva e guidare tutti i suoi collaboratori ad una meta, noi dobbiamo dire che questo risultato non era dovuto a un improvviso lampo di genio, ma era anche il frutto, oltre che del genio suo, di una lunga, lunga preparazione: nella quale aveva avuto dei collaboratori, dei predecessori. Egli era membro dell’aristocrazia piemontese; ma nell’aristocrazia piemontese c’erano i predecessori suoi – Prospero Balbo, Galeani Napione –, i contemporanei suoi – Petitti di Roreto – che si occupavano di argomenti economici e finanziari e sociali… Era membro, insomma, di una famiglia grande, nella quale questi argomenti non erano ignoti. E lui stesso, da giovane, non ha con diligenza riassunto, non i libri qualunque, di qualche giorno, che son pubblicati e poi passano, ma quelli che contano, che restano? Nei suoi quaderni noi vediamo infatti il riassunto dei grandi classici dell’economia politica: noi vediamo il riassunto di Bastiat, noi vediamo il riassunto di Adamo Smith e di tutti quelli che hanno lasciato un’orma nella scienza.
Egli si era preparato profondamente a quelli che dovevano poi diventare i suoi compiti. E non dimentichiamo che all’età di 25 anni, nel 1835, egli pubblicava in Piemonte un riassunto della grande inchiesta che era stata condotta l’anno precedente in Inghilterra sui poveri. Questo opuscolo, non ripubblicato mai se non in piccolissimi caratteri, quasi invisibili, nel carteggio di Chiala – ma mi è stato detto che la Società Cartiere Burgo intende riprodurlo quest’anno, e farà cosa ottima –testimonia che il giovane Cavour, informato circa gli studiosi più eminenti in materia, diventato intimo amico e in corrispondenza con William Nassau Senior, che era uno dei maggiori economisti dell’epoca, vide subito che quello era il rapporto più importante che fosse stato pubblicato in Inghilterra nel secolo scorso. Averlo visto a 25 anni, nell’anno stesso della pubblicazione, è testimonianza di studio e di qualità geniali. Dopo, quel rapporto è stato pubblicato ripetutamente: in tutti i libri i quali si occupano di storia sociale dell’Inghilterra e dell’Europa nel secolo scorso, quel rapporto è menzionato. Ma che Camillo Cavour avesse visto – fin dall’anno stesso in cui fu pubblicato – che quello era il documento fondamentale, principale della storia sociale dell’Europa nel secolo scorso, è testimonianza di una preparazione all’ufficio che assunse più tardi.
Qualche volta gli storici e i biografi di Cavour (anche Francesco Ruffini) si sentono quasi in obbligo di scusarlo per i suoi “trascorsi giovanili”, ossia certe speculazioni in materia finanziaria che egli avrebbe compiuto a Parigi e che si chiusero con perdite, così da costringerlo a ricorrere all’aiuto del padre. Confesso di non partecipare affatto a questi scrupoli e lamentazioni: tale esperienza è stata una delle tante utili, anzi necessarie, che gli giovarono per gli uffici politici che ebbe a ricoprire in seguito. Io distinguo i politici in due categorie. Gli uni sono sepolcri imbiancati: conoscono questa materia, vi hanno partecipato, e invece di dirlo apertamente ne hanno vergogna e rifiutano di dirlo apertamente. Gli altri, e sono la maggioranza, sono degli innocenti, ma in quanto tali non sono da lodare, bensì da biasimare, perché gli uomini politici hanno il dovere di conoscere anche questa materia, in cui devono legiferare. Io quindi lodo Cavour, perché fin dagli anni giovanili ha conosciuto questa materia, si è impadronito anche di questo argomento. Non a caso Cavour fu il primo fondatore dell’Istituto di emissione italiano: prima di ascendere al governo, infatti, Cavour fondò il Banco di Torino, che si fuse poi col Banco di Genova, dando vita alla Banca nazionale di Sardegna, che doveva quindi diventare la Banca nazionale del Regno d’Italia che, fusasi successivamente con le due banche toscane, diventava infine la Banca d’Italia. Perciò Cavour conosceva anche profondamente questa materia: quando al governo venivano trattati i problemi di emissione, essi non erano affatto ignoti a lui.
E l’agricoltura? Tutti conosciamo Leri. Cavour fu un agricoltore espertissimo. Quando era ministro dell’Agricoltura, ad uno degli agricoltori che si erano recati da lui in commissione per lamentarsi perché il prezzo di 5 lire per “emina” di riso non bastava, secondo loro, per coprire le spese, egli rispose in piemontese: «T’ses ‘n burich (sei un asino). Io, a Leri, con 5 lire per emina, ci guadagno». E non fu solo agricoltore, ma s’improvvisò anche, con vantaggio suo, commerciante in materia agricola. Avendo saputo le virtù del guano del Perù, noleggiò una nave e mandò a caricarlo, dopodiché se ne servì per i suoi poderi e ne cedette anche con vantaggio ad altri agricoltori: «Non c’è niente di male ad avvantaggiarsi facendo avvantaggiare gli altri».
Cavour fu inoltre direttore e amministratore della Rivista dei comizi agricoli del Piemonte, dimostrando cognizioni tecniche e capacità di divulgarle. Non occorre ricordare che Cavour è stato giornalista, fondatore e direttore del Risorgimento. In tale veste, egli non mancava di adempiere anche le funzioni più modeste: assisteva, per esempio alle lezioni di Francesco Ferrara, pigliava appunti e ne dava poi rendiconto nel suo giornale. La conclusione è questa: che noi, avendo veduto nel ’52 Cavour assurgere d’un tratto alla posizione più alta nel governo del suo paese, non dobbiamo dire che lì c’è stato un miracolo: miracolo sì, dovuto alla sua persona, ma miracolo meritato in seguito ad una lunga preparazione di studio, e di contatti umani con italiani e con stranieri, in Italia e in Svizzera – dove aveva molti parenti – in Francia e in Inghilterra. Meritata assunzione, dunque, dopo una preparazione di cui i risultati scritti si vedono nei quindici volumi dei carteggi, che noi, modestamente, abbiamo ritenuto di rendere utilizzabili con la presentazione di questo volume di indici.