Prefazione – A. Costa, Gli attuali problemi fondamentali della economia italiana
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/01/1946
Prefazione – A. Costa, Gli attuali problemi fondamentali della economia italiana
Angelo Costa, Gli attuali problemi fondamentali della economia italiana,Roma, Edizioni de «La Città libera», 1946, pp. 3-5
Capitò un giorno da me un signore, ancor giovane, dal viso aperto. Ne capitano tanti, ma questi era stato allievo a Genova di colleghi ed amici: di Zappa e di Cabiati. A differenza dei più dei banchieri e degli industriali non aveva nulla di particolare da chiedere; non un progetto suo da far valere. Parlava, distaccato, di problemi economici o generali. Non diceva che 100 lire o 225 lire per ogni dollaro fossero poche o molte. «Bisognerebbe prima sapere che cosa è la lira. Ce ne sono tante: lira del sud, lira del nord, lira di questa o di quella provincia, attorno a cui un prefetto o un comitato ha steso un cordone sanitario, lira di chi vende frumento come mezzadro, di chi lo vende come fittavolo, di chi lo vende come proprietario, lira di chi detiene un appartamento vincolato e lira di chi va affannosamente in cerca di una camera libera, lira di chi acquista il pane calmierato e razionato e di chi compra le sigarette americane dal ragazzino all’angolo, lira dell’impiegato cooperatore sussidiato, lira del povero diavolo che non conosce nessuno e vive consumando i risparmi passati. Decine o centinaia di lire di tipo diverso. Quale è la buona? e quale assumeremo a campione per paragonarla al dollaro?».
Non diceva che le convenzioni commerciali stipulate sinora con l’estero fossero cattive e che bisognasse aumentare o ridurre questo o quel contingente. «Piuttosto che commerciare ed esportare in quel modo e con queivincoli, meglio sarebbe non commerciare e non esportare affatto. L’esportazione è una scoperta e le scoperte non si fanno dai negoziatori di convenzioni commerciali in circoli chiusi, detti clearings. A certi liguri venne in mente un giorno che si potevano importare dall’estero olii greggi, forse mediocri, per raffinarli e riesportarli. Così fecero; ed accadde che il ricavo annuo netto dell’operazione fosse, per accidente, uguale alla spesa annua sostenuta dal paese per comprar benzina e nafta all’estero. Coincidenza, caso fortuito; ma chi vuol sapere, prima di autorizzarne l’importazione, come si farà a pagar la benzina e la nafta, non riuscirà ad importar né l’una né l’altra e non riesporterà l’olio estero raffinato».
Il signore che così parlava, e non chiedeva dazi, contingenti, compensazioni, m’avevano detto era il nuovo presidente della Confederazione generale dell’industria. Sapevo, per averlo imparato da certe carte che mi erano passate sotto gli occhi, che era uno di cinque o sei fratelli, e che tutti insieme erano a capo di imprese industriali e commerciali importanti che marciavano bene; ma tutti i fratelli lavoravano e dirigevano ed almanaccavano da mattina a sera con fervore ed intelligenza. Salito in casa, cercai una relazione che il mio visitatore m’aveva detto di avermi mandato ed io avevo, con altre, riposto. Cominciata la lettura andai sino in fondo; ne feci fare copie, ed un amico a cui ne avevo data una pensò di stamparla.
Se nella nuova Italia vi sono, come mi pare di vedere, molti industriali, commercianti, agricoltori, lavoratori del tipo di Angelo Costa, dobbiamo sperar bene.