Rivista economico-finanziaria dell’Italia nel periodo 1885-1901
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 15/02/1902
Rivista economico-finanziaria dell’Italia nel periodo 1885-1901[1]
«La Riforma Sociale», 15 febbraio 1902, pp. 118-152
Un po’ di cronistoria.
Gli anni che corsero dal 1886 al 1901 furono contrassegnati, sotto l’aspetto economico e bancario, da due tendenze completamente diverse: da una tendenza di depressione e di crisi ognora più acuta fino al 1893, di svilimento di tutti i titoli, di ribasso del valore delle terre, dei fabbricati, ecc.; e da una ricostituzione, lentissima dapprima ed a mano a mano più accentuata dal 1894 al 1901.
Riepiloghiamo brevemente i fatti, prima sotto forma di cronistoria, ed in seguito di esposizione critica degli avvenimenti principali avvenuti in quel periodo di tempo:
1886. — Fu anno minaccioso. Timori di conflitti anglo-russo ed Ispano-tedesco. Guerra serbo-bulgara. La rendita italiana però, giovandosi delle ancora larghe disponibilità del mercato monetario, guadagnò 5 punti, tenendosi ad un’altezza madia di 102,48. Le azioni della Banca Nazionale progredirono di 50 lire, quelle della Banca Romana di 200, quello della Banca Toscana di 203. Le azioni del Credito Mobiliare aumentarono di 122, quelle della Banca generale di 110, quelle della Società generale immobiliare di 407, quello della Compagnia Fondiaria di 70 lire. Anche nel titoli ferroviari furono notevoli i progressi: nelle azioni Mediterranee di 12 lire, e di 102 in quelle Meridionali. I titoli industriali e quelli degli Istituti locali di Roma, Genova e Torino camminarono sulla stessa florida via.
1887. — Cominciano i primi sintomi della discesa. La minaccia, che poi si verificò, della rottura delle relazioni commerciali con la Francia, produsse violenti oscillazioni nei titoli, che nel 1° semestre del 1887avevano mantenuta l’altezza guadagnata nell’anno precedente. Le azioni della Banca Nazionale da 2203 piegarono a 2198; quello della Banca Romana da 1180 a 1165. Le azioni del Credito Mobiliare scesero a 1014, quelle della Banca Industriale e Commerciale da 730 piegarono a 688, quelle del Banco di Roma da 860 a 825. I titoli industriali incominciarono a farsi un po’ pesanti. Ma pochi ancora prevedevano la prossima rovina; e gli azionisti della Banca Romana, in assemblea del dicembre, chiesero che il Governo permettesse un aumento del capitalo non inferiore ai 50 milioni.
1888. — Le cose peggiorarono. Crispi chiese ed ottenne dal Parlamento grossi crediti per spese militari. L’on. Magliani, non sapendo più come provvedervi, rassegnò le sue dimissioni da Ministro delle finanze. Aumentano le emissioni di biglietti, e l’aggio, scacciato per qualche anno, torna a fare la sua comparsa. Lo scarso raccolto agricolo aggravava gli effetti della chiusura del mercato francese. Perciò, alla fine dell’anno, tutti i valori erano ribassati. Le azioni della Banca Nazionale avevano piegato a 2106, quelle della Banca Romana a 1150. I titoli della Banca Generale, da una media di 654 scesero man mano a 646, le azioni della Banca Industriale caddero a 570. Ma il ribasso maggiore fu risentito dai valori della piazza di Torino. Le azioni della Banca di Torino chiudevano a 675, quelle dello Sconto e Sete a 325 e le Tiberine a 373.
1889. — La Francia liquida il Panama e, per imprestare denari alla Russia, con cui comincia ad amoreggiare, ritira i suoi capitali dagli impieghi esteri. La rendita italiana, così abbandonata dalla Francia, cade. La relazione Alvisi solleva alcuni dei veli che nascondevano il vero stato degli Istituti di emissione. Col mese di giugno la Borsa di Torino comincia a sentire sempre più grave il peso dei suoi impegni. Cominciano oscillazioni e ribassi nei titoli. Il Banco Sconto si trova gravemente imbarazzato, e per essergli negato soccorso dalla Banca Nazionale e dal Banco di Napoli, è obbligato a chiudere gli sportelli ed a chiedere la moratoria. Ecco il riassunto dell’anno:
Azioni del/della: | 2 agosto | 27 settembre | 21 dicembre |
Banca Generale | 597 | 565 | 529 |
Banco di Roma | 735 | 715 | 738 |
Banca Industriale | 407 | 490 | 511 |
Banca di Torino | 635 | 622 | 523 |
Banca Tiberina | 252 | 131 | 93 |
Banco Sconto e Sete | 200 | 75 | 67 |
Banca di Genova | 175 | 420 | 410 |
1890 — Il movimento di caduta, inarcatosi nel 1882, portò nel 1890 le sue inevitabili conseguenze. L’insolvenza della Società dell’Esquilino precipitò le condizioni degli Istituti bancari e di credito. Sicché al 20 dicembre di tale anno i titoli delle Banche sopra indicate li troviamo quotati cosi:
Azioni del/della |
| Azioni del/della |
|
Banca Generale | 133 | Banca Tiberina | 47 |
Banco di Roma | 610 | Banco Sconto e Sete | 107 |
Banca Industriale | 470 | Banca di Genova | 325 |
Banca di Torino | 132 |
|
|
1891- La crisi è generale in Europa. Le tristi condizioni monetarie dell’Argentina e del Brasile perturbano il mercato di Londra; la carestia in Russia esercita cattiva influenza sull’oriente europeo. In Italia la crisi continua a svolgersi. Le azioni della Banca Generale sono a 307, della Banca di Torino a 304, della Tiberina a 40, del Banco Sconto o Sete a 70.
1892 — Anno tristissimo per il commercio, l’industria e per le finanze degli Stati. Le complicazioni risorte per il Panama sparsero il pessimismo nella Borsa di Parigi, da cui si ripercosse su Berlino, Londra e Vienna; quasi tutti i valori francesi e tedeschi caddero considerevolmente. In Italia cominciarono a divenir pesanti le obbligazioni e le azioni ferroviarie per il decresciuto traffico. Cominciano le oscillazioni nei titoli del Credito Mobiliare. I titoli, sempre più abbandonati dal capitale estero ed anche da quello italiano, che si rifugia pauroso nelle Casse di risparmio, caddero sempre più. Ecco i soliti dati al 31 dicembre:
Azioni del/della |
| Azioni del/della |
|
Banca Generale | 330 | Banca Tiberina | 23 |
Banco di Roma | 380 | Banco Sconto e Sete | 92 |
Banca Industriale | 208 | Banca di Genova | 340 |
Banca di Torino | 425 |
|
1893-1894. — Tra la fine del 1893 ed il principio del 1894 si giunse al punto più terribile della crisi. Fu veramente questo l’anno nero dell’economia italiana.
Negli Stati Uniti precipita il valore dell’argento, scoppia una terribile crisi monetaria che si ripercuote nell’Inghilterra. In Australia pure infierisce una crisi bancaria che accumula rovine. Per riflesso di questi disastri coloniali e della continuata crisi sud-americana, a Londra tremano le case più potenti e cade la Casa secolare dei Fratelli Baring.
Nel nostro Paese i disastri si susseguono ininterrotti. Se negli anni precedenti si era andati male, in questo si precipita. Erano già scomparse, nel 1889, a Genova la Banca Provinciale di Genova (8 milioni di capitale) e la Tiberina a Roma (24 milioni di capitale); nel 1890 la Banca Subalpina di Torino (20 milioni), il Credito Torinese in Torino (8 milioni), la Banca dell’Industria e del Commercio in Torino (8 milioni), la Banca di Firenze (5 milioni) e la Società dell’Esquilino in Roma (15 milioni); avevano diminuito il capitale per 5 milioni la Banca di Genova, per 6 milioni il Banco Sconto e Sete; nel 1892 la Banca di Torino avea diminuito di 5 milioni il capitale, la Società Veneta per imprese e pubbliche costruzioni in Padova avea diminuito il suo da 20 ad 8 milioni e la Banca Generale in Roma da 50 a 30 milioni. In quest’anno 1893 le cadute diventano fragorose. La Banca Generale chiede la moratoria, il Credito Mobiliare in Roma (75 milioni) subisce la stessa sorte, preludendo al fallimento, nel 1896, della Società Generale Immobiliare (25 milioni di capitale versato). Ma quasi questo non bastasse, il piccone demolitore attacca il credito nella sua parte più vitale, negli Istituti di emissione; e nel 1893, dopo l’inchiesta famosa, cade la Banca Romana con 95 milioni di deficit.
Il cambio supera di un colpo il 14% della rendita scende ad 81. La Sicilia comincia a rumoreggiare.
Onde i valori bancari precipitano cosi:
Azioni del/della | 31marzo1893 | 8febbraio1894 |
Banca Generale | 404 | 73 |
Banca di Genova | 330 | 245 |
Banca Tiberina | 30 | 6 |
Banca di Torino | 411 | 171 |
Banco di Roma | 555 | 200 |
ed i valori industriali li seguono:
Nel quadro seguente e riassunta, per i 15 più importanti valori italiani, la storia della perdita verificatasi in soli sei mesi nei titoli bancari ed industriali italiani e nel valore delle relative aziende:
Valore nominale | Valore versato | Quantità dei titoli emessi dai singoli Istituti | Denominazione dei titoli | Prezzo al 30 giugno 1893 | Prezzo al 31 dicembre 1893 | Valore capitale al 30 giugno 1893 | Valore capitale al 31 dicembre 1893 | Perdita di capitale |
1000 1000 300 500 500 250 500 500 500 250 500 200 125 260 500 | 750 700 300 500 500 250 500 500 500 250 500 200 125 125 400 | 200.000 30.000 100.000 420.000 300.000 60.000 110.000 40.000 50.000 120.000 20.000 70.000 32.000 100.000 150.000
| Banca Naz. del Rogito Banca Naz. Toscana Banca Generale . . . Ferrovie Meridionali Ferrovie Mediterr.. . Ferrov. second. Sarde Navigazione Gen. . . Condotte d’acqua . . Immobiliare…. Risanamento Acqua Marcia Raffineria Ligure-Lomb. Tram Omnibus Roman. Fondiaria Vita. . . . Credito Mobiliare . .
| 1040 850 314 085 533 352 323 258 60 46 1110 246 220 113 448 | 730 620 125 592 471 260 278 120 20 20 1000 216 160 87 154 | 208,000.000 25.600.000 31.400.000 287.700.000 191.880.000 21.120.000 35 860.000 10 320 000 3.000.000 5.520.000 22.200.000 17.220.000 7.040.000 11.300.000 67.200.000 | 146.000.000 18.600.000 12.500.000 248.640.000 170.640.000 15.600,000 30.580.000 4.800.000 1.O00.000 2.400.000 20.000.000 15.120.000 5.420.000 8.700.000 23.100.000 | 62.000.000 6.900.000 18.900.000 39.060.000 21.240.000 5.520.000 5.280.000 6.520.000 2.000.000 3.120.000 2.200.000 2.100.000 1.920.000 2.600.000 44.100.000 |
945.260.000 | 722.800.000 | 222.460.000 |
In sei mesi il valore del capitale di queste 15 grandi aziende cade da 945 a 722 milioni, con una perdita di 222 milioni e mezzo, ossia del 23,54%. Verso la metà dell’anno 1894, passato il momento peggiore della bufera, cominciano a scorgersi i primi sogni non della ricostituzione, ma della liquidazione, con cui si cerca di spazzare il terreno dai rottami che lo ingombrano. A Londra si sistema la liquidazione della Casa Baring; e negli Stati Uniti ed in Francia si ripiglia lena riposando.
In Italia il Governo stringe una convenzione colla Banca Nazionale, che incorpora i due Istituti toscani e si assume la liquidazione della Banca Romana.
Il capitale cerca di riparare alla mancanza delle Banche scomparse, creandone delle nuove. Così sorsero il Banco di gestioni e liquidazioni, fondato in parte coll’aiuto della Banca Warschauer di Berlino e la Banca Commerciale Italiana, costituita da banchieri tedeschi.
1895 – Fu ancora un anno triste in cui si soffersero le conseguenze delle vicende passate. La guerra d’Africa pesò duramente sul bilancio finanziario ed economico.
1896 – L’Italia stringe la pace con l’Abissinia; Jameson fa il suo celebre raid nel Transvaal, i Cretesi ottengono l’autonomia, la Spagna lotta in Cuba. La Germania rapidamente migliora.
In Italia il Ministero della lesina, Rudinì-Luzzatti, diede opera – resa più facile dagli eroici provvedimenti di Boselli-Sonnino – a riordinare le finanze. La politica del raccoglimento non mancò di produrre benefici effetti ed apparvero serii indici di miglioramento, che doveano accentuarsi negli anni successivi. Ma furono soltanto indici di miglioramenti sicuri nell’avvenire. Per ora i valori ristagnano senza alcuno slancio.
1897 – La Grecia è sconfitta dalla Turchia, la Spagna prosegue la sua infelice guerra cubana. Ma altrove regna la tranquillità. In Italia il Gabinetto Rudinì continua la sua attitudine di raccoglimento e di economia. Il bilancio dello Stato migliora e con esso la rendita e il cambio. Il commercio con l’estero fu alquanto più vivo; i redditi ferroviari cominciarono a sollevarsi ed i valori di borsa ripresero un certo slancio. Così noi troviamo in dicembre le azioni della Banca d’Italia a 740; e se le antiche banche sono oramai ridotte a valori di liquidazione, i titoli industriali mostrano tutti una tendenza all’aumento.
Ecco alcuno quotazioni del dicembre:
Azioni Banca Torino | 414 | Gas Roma | 852 |
» Banco Sconto e Sete | 81 | Acciaierie Terni | 423 |
» Credito Italiano | 551 | Lanificio Rossi | 1427 |
» Banco di Roma | 120 | Cotonificio Cantoni | 451 |
» Meridionali | 665 | » Mediterranee | 500 |
Unico punto nero, il rincaro del grano in fin d’anno, che doveva essere preludio dei gravi e tristi avvenimenti dell’anno posteriore.
1898. – Segnò un momento di sosta nel miglioramento economico che era appena ai suoi inizi. I mercati finanziari esteri furono inquieti per gravi avvenimenti politici: la guerra fra la Spagna e gli Stati Uniti, gli urti tra Francia ed Inghilterra per gli incidenti di Fashoda, le discordie intestine della Francia, attorno alla questione Dreyfus.
Il raccolto del 1898 fu scarso in Europa. Negli Stati Uniti si fecero grandiose speculazioni al rincaro del grano.
In Italia l’aumento del prezzo del pane, unito al malcontento per tanti anni di malgoverno e di strettezze, provocò disordini e rivolte in quasi tutta la penisola. La repressione rapida però, il fatto che la rivolta non era causata da speciali cagioni di depressione ed il fiorire del commercio estero, ricondussero presto le cose allo stato normale. Il graduale risveglio economico ed il migliorare lento, ma continuo, delle pubbliche finanze, fece ritornare man mano la confidenza nel mercato dei capitali. In fin d’anno, la rendita chiuse a 102,32.
I valori principali erano quotati cosi al 31 dicembre:
Azioni Banca Italia | 1007 | Azioni Banco di Roma | 177 |
Azioni Banca Torino | 415 | Azioni Gas Roma | 743 |
» Banco Sconto e Sete | 251 | Acciaierie Terni | 1215 |
Banca Commerciale | 669 | Società metallurgica | 217 |
» Credito Italiano | 644 | Cotonificio Cantoni | 440 |
» Meridionali | 721 | » Mediterranee | 516 |
1899. – Il miglioramento continua. Il capitale abbandona i titoli di rendita dello Stato e gli altri valori a reddito fisso e si rivolge verso i titoli industriali. Questa ricerca dei titoli industriali fu così forte che nel 1899 il denaro rimase singolarmente caro; lo sconto fu del 6% a Londra, del 7% a Berlino e del 4½% a Parigi. Il portafoglio dello Banche si gonfiò, la loro circolazione fiduciaria divenne maggiore. La chiusura felice dell’affare Dreyfus in Francia accentuò questo andamento. Ne risentirono favorevolmente anche la Russia e la Spagna che, appena finita la guerra cubana, preso uno slancio insperato. Gli Stati Uniti diedero l’esempio di una prodigiosa attività.
In Italia pure le cose presero un andamento decisivamente migliore. Gli sforzi fatti per pareggiare il bilancio, l’organizzazione civile dell’Eritrea ed il progressivo ritiro di parte della circolazione cartacea produssero i loro buoni effetti. Il gettito delle imposte crebbe, aumentarono i redditi ferroviari, il risparmio aumentò esso pure, il commercio con l’estero raggiunse cifre considerevoli.
Così anche il mercato dei valori si mantenne ad una discreta altezza, malgrado la persistenza nell’altezza dell’aggio (al 30 dicembre):
Azioni Banca Italia | 905 | Azioni Banco di Roma | 118 |
Azioni Banca Torino | 340 | Azioni Gas Roma | 727 |
» Banco Sconto e Sete | 211 | Acciaierie Terni | 1595 |
Banca Commerciale | 727 | Cotonificio Cantoni | 479 |
» Credito Italiano | 627 |
1900-901. – I bisogni del commercio e dell’industria non hanno cessato di aumentare, il rialzo delle merci ha reso sempre maggiore il bisogno di danaro. Ne è risultato un aumento nei valori dei capitali nel 1900, che ha spinto a imprese avventate, specialmente là dove lo slancio preso dal 1898 in poi era stato maggiore, vogliam dire in Germania. È così che l’industria siderurgica cominciò nel 1900 a discendere dalle altezze vertiginose, nel mentre numerose banche tedesche fallirono poco pulitamente. Gli Stati Uniti hanno continuato ad assumere una posizione sempre più importante nel mercato mondiale del denaro, favoriti anche da una serie ininterrotta di ottimi raccolti.
Il gran serbatoio però devo si è riversato il metallo giallo nel 1900, è stato Parigi. L’Esposizione universale non portò gli effetti economici sperati; ma, i suoi 47 milioni di visitatori crearono il bisogno di continue e considerevoli rimesse di danaro da parte del mondo intero. Però, bisogna convenire che, malgrado questo, le condizioni finanziarie della Francia non sono delle più brillanti. Grazie al protezionismo, il deficit ha rifatto la sua comparsa nel bilancio della Repubblica, o in misura tale da destare ragionevoli preoccupazioni. L’Inghilterra poi si trova peggio che mai impelagata nella guerra Sudafricana. Lo staccarsi dalle sue idee liberali per darsi all’imperialismo costa caro al Regno Unito. Le spese visibili della guerra sorpassano di parecchio i due miliardi e mezzo, e le ultime notizie indicano che i boeri hanno intenzione di far salire di molto questa somma. Per farvi fronte, il cancelliere dello Scacchiere emise nel mese di marzo del corrente anno un prestito di guerra di 30 milioni di sterline 2¾ per cento, al 98½: esso fu sottoscritto 30 volte. Nel mese d’agosto vi fu una emissione di buoni dello Scacchiere 3% a 98; essi sono rimborsabili in 3 anni. Il Governo si trova gravemente indebitato con la Banca d’Inghilterra, che comincia a risentire di questo stato di cose.
Esaminando il bilancio dello grandi banche, constatiamo che gli incassi di oro al principio dell’esercizio era 1860 milioni di lire alla Banca di Francia, di 586 milioni alla Banca di Germania e 732 alla Banca d’Inghilterra. Durante l’anno l’incasso della Banca di Francia passa a 2324 milioni, quello della Banca tedesca a 728 milioni, e quello della Banca d’Inghilterra a 780 milioni. Non sono dunque le grandi Banche che hanno sofferto per la interruzione nella produzione mineraria nel Transvaal.
Nello stesso anno 1900 gli Stati Uniti d’America regolarizzarono definitivamente la loro circolazione monetaria, adottando come moneta il dollaro d’oro.
Fra questo movimento mondiale, l’Italia ha continuato marcatamente a migliorare le sue condizioni economiche.
Il bilancio dello Stato è consolidato in guisa che si stanno preparando seri progetti per incominciare uno sgravio, che dovrà proseguire e allargarsi, delle imposte di consumo, che più duramente premono sulle classi mono abbienti. Ma i due fatti principali sono il costante rialzo della rendita all’estero, che fa prevedere non lontana una possibile conversione e la discesa dell’aggio, il quale dal mese di settembre 1901 è andato rapidamente al disotto del 3%, segno sicuro di un miglioramento nelle condizioni della circolazione monetaria, che speriamo vorrà sempre più rapidamente accentuarsi.
Purtroppo però non ci è dato ancora cantar vittoria, e lo condizioni economiche tristissime dell’Italia meridionale, le quali nella Puglia sono addirittura desolanti, ci ammaestrano di quanto senno ed energia ancora faccia d’uopo armarci, prima di poterci dire completamente fuori del tristo pelago in cui ci eravamo immersi.
Riassunto generale dei valori bancari ed industriali.
Come riassunto generale delle cose fin qui detto, diamo nelle seguenti due tabelle le variazioni annue del corsi dei titoli delle principali Società bancarie, industriali e commerciali.
Come si può agevolmente scorgere, la tendenza generale per tutti i valori è al ribasso dopo i primi anni. Per alcuni valori il ribasso continua sino alla fine, trattandosi di imprese definitivamente fallite. Anzi talvolta non si fanno più quotazioni, perché il titolo scompare dal mercato.
Per alcuni altri titoli che poterono resistere, dopo il punto di depressione più acuta, ricomincia un periodo di lenta ascesa.
TITOLI | Valore nominale | Corsi di mercato al 31 Marzo | Borse alle quali si riferiscono le quotazioni | |||||||||||||||||||
1887 | 1890 | 1891 | 1892 | 1893 | 1894 | 1895 | 1896 | 1897 | 1898 | 1899 | 1900 | 1901 | ||||||||||
Banca Nazionale del Regno | 1000 | 2190 | 1830 | 1640 | 1280 | 1335 | – | – | – | – | – | – | – | – | Genova | |||||||
id. d’Italia | 900 | _ |
|
|
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| 915 | 855 | 759 | 703 | 814 | 1030 | 891 | 846 | Roma | |||||||
id. Nazionale Toscana | 1000 | 1145 | 980 | 980 | 980 | 1150 | – | – | – | – | – | – | – | – | Firenze | |||||||
id. Romana | 1000 | 1187 | 1070 | 1055 | 1002 | 400 | 350 | 350 | – | – | – | – | – | – | Roma | |||||||
id. di Genova | 400 | 496 | 390 | 305 | 280 | 318 |
| — | — | — | — |
| — | — | Genova | |||||||
Credito italiano | 500 | – | – | – | – | – | – | 560 | 558 | – | 542 | 668 | 617 | 526 | Milano | |||||||
Banca generale | 300 | 687 | 464 | 381 | 261 | 329 | 70 | 38 | 50 | 45 | 69 | 107 | 97 | 50 | Roma | |||||||
id. Tiberina | 200 | 600 | 52 | 35 | 35 | 20 | 8 | – | 6 | 7 | 7 | – | – | – | Torino | |||||||
Id. di Torino | 400 | 854 | 454 | 410 | 309 | 355 | 175 | 272 | 445 | 455 | 383 | 435 | 320 | — | Torino | |||||||
Banco di Roma | 250 | 1010 | 650 | 550 | 300 | 320 | 135 | 153 | 110 | 120 | 143 | 154 | 122 | 131 | Roma | |||||||
Credito mobiliare italiano | 500 | 1020 | 534 | 518 | 374 | 467 | 153 | – | – | – | – | – | – | – | Firenze | |||||||
Banca Commerciale | 500 | – | – | – | – | – | – | – | – | – | 591 | 800 | 774 | 645 | Torino | |||||||
Banco Sconto e Sete(anno 1899 nuove azioni) | 100 | 498 | 41 | 94 | 60 | 87 | 41 | 67 | 58 | 60 | 76 | 291 | 223 | 161 | Torino | |||||||
Società Italiana per le S.F. Meridionali | 500 | 790 | 687 | 695 | 617 | 68S | 604 | 662 | 656 | 662 | 716 | 773 | 739 | 722 | Firenze | |||||||
id. id. Mediterranee | 500 | 596 | 580 | 519 | 481 | 550 | 457 | 498 | 503 | 505 | 514 | 597 | 546 | 533 | Milano | |||||||
id. id. Sicule | 500 | 600 | 555 | 570 | 578 | 620 | 555 | — | 590 | 590 | 660 | 700 | 700 | 670 | Torino | |||||||
Società di Navigazione Generale Italiana | 500 | 381 | 376 | 370 | 301 | 33S | 261 | 318 | 308 | 307 | 356 | 494 | 447 | 437 | Genova | |||||||
id. Veneta d’imprese e costruzioni | 80 | 324 | 157 | 90 | 118 | 218 | 148 | 208 | 197 | 2S | 31 | 122 | — | 57 | Milano | |||||||
id. Italiana condotte d’acqua | 500 | 550 | 280 | 253 | 232 | 266 | 97 | 163 | 191 | 176 | 222 | 307 | 270 | 242 | Roma | |||||||
id. Generale Immobiliare | 500 | 1254 | 490 | 375 | 170 | 70 | 36 | 26 | 52 | 10 | 14 | 22 | — | — | Roma | |||||||
id. pel risanamento di Napoli. | 250 | — | — | 193 | 160 | 55 | 41 | 34 | 27 | 17 | 32 | 36 | 155 | — | Roma | |||||||
Linificio e Canapificio Nazionale | 100 | 310 | 255 | 247 | 208 | 190 | 180 | 87 | 115 | 131 | 150 | 151 |
| 154 | Milano | |||||||
Lanificio Rossi | 1000 | 1415 | 1436 | 1140 | 1060 | 1226 | 1190 | 1430 | 145S | 1334 | 1340 | 1545 | 1536 | 1368 | Milano | |||||||
Cotonificio Veneziano | 250 | 208 | 277 | 263 | 236 | 258 | 200 | 242 | 290 | — | — | — | 254 | 208 | Milano | |||||||
Società Anonima acqua Pia (antica Marcia) | 500 | 2120 | 1195 | 1077 | 1057 | 1140 | 1015 | 122S | 1245 | 1253 | 1250 | 1255 | 1116 | 1100 | Roma | |||||||
id. Anon. Raffineria Ligure-Lombarda
| 200 | 312 | 212 | 281 | 287 | 230 | 202 | 175 | 216 | 226 | 337 | 462 | 431 | 382 | Genova | |||||||
Obbligazioni |
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5 % netto – Credito Fond. Cassa risp. di Milano | 500 | 501 | 485 | 4SI | 484 | 497 | 501 | 505 | 508 | 513 | 517 | 521 | 516 | 510 | Milano | |||||||
5% lordo- id. id. Bologna | 500 | 502 | 500 | 500 | 500 | 507 | — | 506 | 508 | — | — | 522 | — |
| Bologna | |||||||
4% lordo- id. Op. Pia di S. Paolo | 500 | 505 | 510 | 505 | 500 | 516 | 509 | 505 | 518 | 517 | 525 |
| 515 | 519 | Torino | |||||||
5% lordo- id. Banco di Napoli. | 500 | 495 | 462 | 482 | 478 | 462 | — | 390 | 418 | 406 | 447 | 471 | 456 | 446 | Napoli | |||||||
5% lordo- id. Banco di Sicilia | 500 | 503 | 504 | 504 | 500 | 504 | — | 504 | 500 | 302 | — | — | 459 | — | Palermo | |||||||
5% lordo- id. Banco S. Spirito | 500 | 492 | 469 | 475 | 460 | 468 | 370 | 378 | 332 |
| 360 | 458 |
| 496 | Roma | |||||||
4% netto- id. Banca Nazionale | 500 | 496 | 485 | 4S0 | 480 | 496 | 467 | 4S9 | 492 | 485 | 512 | 520 | 502 | 503 | Roma | |||||||
3% Obbligazioni Meridionali | 500 | – | 319 | 305 | 307 | 317 | 298 | 300 | 303 | 309 | 336 | 343 | 328 | 328 | Milano | |||||||
4 % id. Mediterranee | 500 | – |
| 440 | 428 | – | 277 | – | – | 505 | 517 | 523 | 495 | 492 | Milano | |||||||
Le variazioni della ricchezza in Italia.
Le vicende, prospere od avverse, che si sono descritte nel cenno cronologico precedente, ebbero la loro ripercussione su tutti gli aspetti principali della vita economica del nostro paese.
Esaminiamo alcune di queste influenze, sempre sulla scorta dei dati più sicuri ed attendibili di fonte ufficiale.
Innanzitutto come è variata la ricchezza in Italia nel periodo descritto?
Per rispondere a questa domanda è innanzitutto da sapere come si fa a valutare la ricchezza di un paese. Il metodo più sicuro a questo proposito è ancora il seguente, adottato dagli insigni statistici De Foville in Francia e Pantaleoni in Italia:
Se tutti i cittadini di uno Stato, eccetto gli agenti del fisco, morissero entro un anno, gli agenti avrebbero applicata la tassa di successione all’ammontare totale della ricchezza privata posseduta da tutti i componenti il detto paese ed avrebbero all’uopo fatto una stima di tutto l’avere nazionale.
In via di fatto i cittadini invece muoiono a squadre, successivamente un po’ ogni anno; e quindi gli agenti del fisco valutano soltanto una frazione della ricchezza totale. Quale sarà questa frazione, conoscendo la quale è possibile calcolare la ricchezza totale?
Evidentemente essa si avrà, calcolando quanto tempo ci vuole affinché un individuo che ottiene una successione debba, a sua volta, abbandonarla ai suoi eredi. Moltiplicando invero la successione degli individui morti in un anno, per la cifra media di anni che corre tra l’anno in cui quegli individui scomparvero e quello in cui saranno spariti gli individui che da essi ereditarono, non si avrà fatto altro che ripetere il valore lasciato dai primi per tante volte quante vi sono squadre intermedie fra essi e quelli che da essi ereditarono, ossia, tante volte quanti sono gli anni che corrono, affinché la stessa successione venga ad essere trasmessa nuovamente. La durata media di una generazione, la quale, secondo molti, si definisce la distanza tra la morte dei padri ed il momento medio della morte di tutti i figli, è di 80 anni, secondo gli statistici più reputati: Rümelin, De Foville, Pantaleoni, Bodio, Inama-Sternegg, Griffon. Moltiplicando i valori lasciati in successione in un anno per 80 si ha così la ricchezza totale posseduta da tutte le generazioni viventi in un anno. Occorrerà fare una media tra diversi anni vicini per compensare il maggior numero di morti in un anno col minor numero in un altro anno, e la maggior ricchezza lasciata in un anno colla minor ricchezza lasciata per caso in un altr’anno, in cui morirono meno ricchi.
Inoltre dovranno aggiungersi, ai valori tassati mortis causa, anche i valori trasmessi tra vivi, donationis causa, in quanto sono, per la massima parte del casi, anticipazioni sull’asse ereditario. Bisogna infine tenere conto di un altro elemento, cioè degli occultamenti fatti al fisco: il Pantaleoni calcolò questo elemento per l’Italia al 25% ed il Rodio lo accolse, dopo un’inchiesta compiuta presso le persone competenti.
Se si tiene conto di tutte queste considerazioni, si ottengono, dopo una serie di calcoli che riproduciamo in nota, in fine della presente rivista, i seguenti dati sulla ricchezza media di quinquennio in quinquennio:
Ricchezza media | ||
Quinquennio1876-80 | (1°periodo) | Lire 46.204.973.878 |
»1881-1885-86 | 2°» | » 51.667.241.200 |
»1886-87-1800-91 | 3°» | » 54.079.410.451 |
»1801-92-1895-90 | 4°» | » 54.082.083.675 |
»1896-97-1900-901 | (5°quinq.) | » 51.445.504.008 |
Osservando queste cifre, balza innanzitutto subito agli occhi l’evidente rallentamento subito dalla ricchezza privata nel terzo periodo. Infatti, mentre l’aumento fra il primo ed il secondo periodo quinquennale è stato di 5 miliardi e 400 milioni, l’aumento fra il secondo ed il terzo si è limitato a 3 miliardi. Tra i due primi periodi quinquennali dunque l’aumento annuo medio della ricchezza privata sarebbe stato di 1 miliardo e 100 milioni, mentre tra il secondo ed il terzo scende a circa 600 milioni! Notisi che, durante questo periodo, le leggi fiscali, e specialmente la legge 12 luglio 1888, n. 5515, dettero all’Amministrazione mezzi fiscali più rigorosi per inseguire o ricercare la materia tassabile; sicché può calcolarsi che circa 100 milioni annui del maggior capitale siano dovuti al perfezionato accertamento fiscale. L’aumento reale della ricchezza era quindi di poco superiore all’incremento della popolazione in quel periodo (0,7%); sicché si può dire che nel quinquennio 1880/87-1800/91 la ricchezza per testa rimase quasi stazionaria.
Peggio accadde nel quinquennio successivo, in cui la ricchezza privata totale più non crebbe, ma anzi diminuì di 600 milioni in tutto, ossia di 120 milioni all’anno. Se si pensi che in quel periodo pure si continuava ad economizzare ogni anno, si vede che i risparmi fatti non bastavano nemmeno a riparare ai deprezzamenti enormi che ogni anno si verificavano nella ricchezza immobiliare e mobiliare.
Ma la gravità delle rovine appare tutta nel quinquennio ultimo, che si trovò a raccogliere i rottami della débacle 1892-94. In questo periodo la ricchezza appare diminuita di L. 2.166.526.194. La perdita maggiore si ha nel primo anno 1896-97 e nel secondo: dopo comincia il lavorio di ricostituzione, che diventa rapidissimo nel 1900-001, come può meglio vedersi nella nota.
Però queste cifre riconfermano l’opinione di quegli economisti, i quali affermano che lo slancio ora ripreso dall’economia privata in Italia non è ancor giunto a ricostituire la fortuna perduta negli anni di sventura. Il che del resto ci è assodato anche da altri dati.
La crisi nei beni mobili ed immobili.
Di questa dégringolade nei valori soffersero tanto i valori mobiliari quanto quelli immobiliari. I primi dal 1880-91 al 1892-97 si mantennero all’incirca sui 16-17 miliardi; mentre i secondi cadevano da 38 a 36 miliardi.
Dati precisi sul deprezzamento dei terreni e dei fabbricati si possono ottenere solo in parte da statistiche ufficiali.
Quanto ai terreni l’ultima statistica risale (è veramente umiliante doverlo riconoscere) al 1886. Ma già sin d’allora si notava un deprezzamento notevolissimo nelle terre e nei fitti. In provincia di Torino, ad es., i terreni della pianura erano già deprezzati e solo si sostenevano i terreni a vite.
Dopo il 1886 le cause che conducevano al rinvilio dei terreni e che si possono riassumere nel continuo ribasso dei prezzi delle derrate agricole, per la concorrenza transatlantica e per la rottura del trattato colla Francia, si inacerbirono sempre più.
Il che si vede dal seguente specchietto di prezzi, i quali ribassano continuamente sino al 1893-94-95 in media per rialzare leggermente in seguito. I prezzi più bassi sono in corsivo.
Anni | Vino in botti e caratelli in ettolitri | Olio d’oliva al quintale | Canapa greggia al quintale | Lino greggio al quintale | Grano o frumento | Granoturco alla tonnellata | Avena alla tonnellata |
Lire | Lire | Lire | Lire | Lire | Lire | Lire | |
1879 | 25 | 160 | 110 | 110o | 310 | 225 | 200 |
80 | 30 | 150 | 100 | 120 | 300 | 205 | 195 |
81 | 35 | 140 | 95 | 110 | 270 | 165 | 195 |
82 | 33 | 120 | 90 | 108 | 245 | 170 | 185 |
83 | 30 | 125 | 85 | 100 | 230 | 165 | 175 |
81 | 33 | 135 | 80 | 95 | 215 | 145 | 165 |
85 | 38 | 130 | 85 | 105 | 220 | 145 | 170 |
80 | 30 | 120 | 80 | 100 | 230 | 145 | 165 |
87 | 30 | 125 | 75 | 100 | 215 | 135 | 155 |
88 | 30 | 120 | 10 | 100 | 230 | 150 | 160 |
89 | 34 | 120 | 67 | 100 | 210 | 155 | 160 |
1890 | 38 | 120 | 70 | 100 | 240 | 155 | 162 |
91 | 33 | 110 | 73 | 98 | 270 | 160 | 180 |
92 | 23 | 105 | 70 | 103 | 250 | 155 | 168 |
93 | 23 | 110 | 81 | 120 | 210 | 135 | 170 |
94 | 23 | 105 | 80 | 108 | 195, | 110 | 155 |
95 | 20 | 105 | 85 | 100 | 210 | 155 | 160 |
96 | 29 | 95 | 77 | 90 | 230 | 145 | J50 |
97 | 25 | 108 | 70 | 85 | 260 | 145 | 175 |
98 | 20 | 108 | 70 | 83 | 275 | 100 | 185 |
99 | 27 | 120 | 70 | 83 | ? | 155 | 170 |
1900 | 30 | 112 | 80 | 106 | 250 | 155 | 180 |
1901 | 25 | 175 | ? | ? | 245 | 155 | 190 |
Quanto ai fabbricati soccorrono le notizie contenute nella pubblicazione della Direzione generale di statistica intitolata «Notizie sulle condizioni demografiche, edilizie ed amministrative di alcune grandi città italiane ed estere», pubblicazione preziosa per mostrare il cadere dei valori edilizi dal 1887 al 1891, anno a cui si ferma.
Prendendo i dati di alcune fra le principali città d’Italia abbiamo le seguenti notizie:
A Torino il prezzo medio di costruzione per ogni metro quadrato di una casa ordinaria di abitazione nel centro principale del Comune, avente, oltre il piano terreno, un ammezzato, tre piani e soffitte, senza tener conto del prezzo dell’area, si calcolava, nel 1882, a L. 250, nel 1891, a L. 210.
Diamo ora i prezzi dei terreni fabbricabili:
nei quartieri antichi:
Quanto ai fitti poi, il prezzo medio di pigione annua per un appartamento non mobigliato, composto di 6 stanze, ciascuna illuminata da finestra, compresa la cucina, ma escluso l’ingresso, se non è una stanza abitabile, si calcolava:
1888 | 1891 | |
Nei centri più commerciali …. | L. 1200 | 1000 |
» nuovi quartieri signorili …. | » 1100 | 900 |
» quartieri meno centrali …. | » 800 | 700 |
» . » . abitati dalla piccola borghesia | » 650 | 500 |
La direzione della Statistica, pubblicando questi dati nel 1893, avvertiva che in quell’anno le condizioni erano ancora peggiorate rispetto al 1891.
A Roma, come è noto, la crisi assunse proporzioni epiche. Gli appartamenti che nel 1888 erano affittati ai prezzi mensili da lire 150 a 200, si davano nel 1892 per lire 110 a 150; gli appartamenti, il cui prezzo era da 90 a 120 lire, nel 1892 si avevano per 80 a 110, e quelli di lire 75 a 90 erano discesi da lire 60 a 70. La caduta nei prezzi delle aree da costruzione fu ancora più forte.
Persone competenti affermano che dal 1891 al 1898 la maggior parte delle case nuove subastate dai Crediti fondiari furono a questi aggiudicate per la metà all’incirca del loro credito; il che significa un rinvilio del 75 per cento sui prezzi peritali anteriori al 1890.
Il movimento degli affari.
Un altro esempio eloquente del movimento seguito dalla economia italiana, l’abbiamo nell’andamento delle tasse sugli affari. Le più importanti per il nostro scopo sono quelle sul bollo e registro.
Ecco lo cifre:
Tasso di registro | Tasso di bollo | ||
L. | L. | ||
1885-86 | 60.514.064 | 56.562.255 | |
86-87 | 67.446.869 | 60.069.75 | |
88-89 | 69.413.193 | 66.425.110 | Anni buoni |
89 | 67.918.563 | 71.199.435 | |
90 | 65.089.344 | 70.932.354 | |
1890-91 | 60.877.581 | 70.456.571 | Crisi |
92 | 61.098.035 | 74.034.574 | |
93 | 59.293.965 | 72.985.011 | |
94 | 58.759.588 | 72.001.551 | |
95 | 58.755.048 | 67.976.165 | Depressione |
96 | 57.809.377 | 68.171.699 | |
97 | 61.964,923 | 68.343.131 | |
98 | 59.147.829 | 68.172.627 | |
99 | 62.166.208 | 68.976.932 | Ricostituzione lenta |
’99-900 | 60.124.007 | 08.125.012 |
La tabella è eloquente per se stessa. Quando gli anni sono buoni, gli affari crescono di numero e portano su valori più elevati, il contrario negli anni avversi.
Il credito dello Stato ed i cambi.
Anche questo muta con variazioni simili a quello già descritte.
La Rendita pubblica ha i seguenti corsi:
Corso del Consolidato 5% secondo i prezzi a contanti.
Borsa di Roma | Borsa di Parigi |
| |||||
Massimo | Medio | Minimo | Massimo | Medio | Minimo | ||
1884 | 99,67 | 95,29 | 89,37 | 99,45 | 95,17 | 89,45 |
Anni buoni |
85 | 98,37 | 96,38 | 91,10 | 98,15 | 95,96 | 90,25 | |
86 | 102,87 | 96,63 | 96,21 | 102,55 | 99,50 | 96,00 | |
87 | 100,75 | 98,51 | 92,82 | 100,00 | 97,59 | 90,50 | |
88 | 99,54 | 97,27 | 91,03 | 99,15 | 90,16 | 92,05 | |
89 | 98,87 | 95,80 | 93,52 | 98,15 | 95,02 | 90,90 | |
1890 | 98,45 | 95,56 | 93,81 | 97,60 | 94,28 | 91,60 | |
91 | 96,28 | 93,38 | 89,96 | 95,50 | 91,85 | 87,00 | Crisi |
92 | 97,42 | 94,49 | 91,50 | 94,10 | 91,10 | 86,70 | |
93 | 97,49 | 94,96 | 89,35 | 93,50 | 87,92 | 78,05 |
Depressione |
94 | 92,01 | 88,34 | 82,64 | 87,30 | 79,53 | 72,00 | |
95 | 95,1 | 93,21 | 90,41 | 90,95 | 88,18 | 83,80 | |
96 | 97,33 | 93,20 | 86,23 | 93,75 | 80,94 | 78,00 | |
97 | 100,53 | 97,35 | 92,20 | 90,55 | 93,09 | 87,45 | Ricostituzione lenta |
98 | 102,05 | 99,46 | 97,99 | 95,50 | 93,12 | 90,30 | |
99 | 103,30 | 100,83 | 98,41 | 96,75 | 94,08 | 91,25 | |
1900 | 102,30 | 99,70 | 97,70 | 95,90 | 94,70 | 92,80 | |
1901 | 102,80 | 101,75 | 99,30 | 101,95 | 98 – | 95,50 | Risveglio |
Come sempre, i corsi massimi si hanno nel 1884-87 ed i corsi minimi nel 1891-95. In seguito si ha una ripresa. Viceversa il cambio che era al minimo ed in qualche momento persino così favorevole a noi da essere al disotto della pari nel 1884-87, aumenta in seguito, raggiunge il massimo nel periodo 1892-95 e solo dopo il 1900 accenna a scemare di nuovo. Come dal seguente specchietto:
Cambio su Parigi | ||||
Massimo | Medio | Minimo | ||
1884 | 100,40 | 100,00 | 99,77 |
Floridezza
|
85 | 101,00 | 100,38 | 100,141 | |
86 | 100,45 | 100,19 | 99,84 | |
87 | 101,70 | 100,82 | 100,40 ) | |
88 | 102,21 | 100,98 | 100,10 | |
89 | 102,20 | 100,07 | 100,09 | |
1890 | 102,10 | 101,15 | 100,55 | |
91 | 103,85 | 101,55 | 100,67 | |
92 | 105,05 | 103,55 | 102,30 |
Punto massimo sfavorevole |
93 | 115,95 | 107,97 | 103,97 | |
94 | 115,70 | 111,08 | 100,37 | |
95 | 109,37 | 105,57 | 104,02 | |
96 | 112,02 | 107,03 | 104,50 , | |
97 | 100,27 | 105,14 | 104,32 | |
98 | 109,00 | 100,97 | 104,75 | |
99 | 108,45 | 107,32 | 105,80 | Si prepara la discesa del cambio nel 1901. |
1900 | 107,40 | 100,00 | 105,42 | |
1901 | 105,70 | 103,50 | 101,25 |
Il bilancio dello Stato.
La vicenda degli avanzi e dei disavanzi.
Uno degli indici più sicuri delle mutazioni nello stato economico di un paese si ha nel bilancio dello Stato.
Quando l’economia privata prospera, anche lo Stato chiude i suoi bilanci col pareggio od un avanzo. E quando invece la crisi imperversa nel paese, il disavanzo compare nei bilanci pubblici, e questi contribuiscono alla loro volta, insieme col malgoverno, a peggiorare le condizioni delle economie private.
Il quinquennio più triste dell’economia privata va accompagnato alla massima disorganizzazione del bilancio dello Stato e ad una pressione tributaria, non mai raggiunta per lo innanzi. Il che si spiega col fatto, che il governo credeva suo dovere, allora, d’intervenire a coprire del suo mantello pietoso i guasti della circolazione bancaria. E come le sue condizioni stesse non si reggevano in bilico a causa di spese eccezionali per la guerra, marina e le colonie, dai buchi del mantello si vedevano in risalto le magagne che oramai inquinavano tutte le manifestazioni della vita italiana.
Il bilancio dello Stato si trovò stretto fra le spire di questo circolo vizioso: aumento di bisogni, minor gettito delle entrate. Queste producevano meno, perché il reddito imponibile si assottigliava e l’uomo di governo tassava di più. Le penurie della circolazione accrescevano le difficoltà dell’azienda pubblica; poiché ogni pagamento semestrale dei coupons della rendita investita all’estero, poneva in imbarazzo il governo per l’acquisto dell’oro necessario, tanto più caro comparativamente, quanto maggiormente la nostra carta moneta rinviliva. Così abbiamo la seguente lista dei deficit:
Esercizi finanziari | Entrate effettive | Spese effettive | Avanzi o disavanzi |
| (milioni di lire) | (milioni di lire) | (milioni di lire) |
1862 | 480,25 | 926,71 | — 446,46 |
63 | 524,18 | 906,52 | — 382,34 |
64 | 576,45 | 944,01 | — 367,56 |
65 | 645,68 | 916,40 | — 270,72 |
66 | 617,13 | 1338,58 | — 721,45 |
67 | 714,46 | 928,60 | — 214,14 |
68 | 748,56 | 1014,36 | — 265,80 |
69 | 870,69 | 1019,56 | — 148,87 |
1870 | 865,98 | 1.080,75 | — 214,77 |
71 | 966,18 | 1013,28 | — 47,10 |
72 | 1010,18 | 1093,76 | — 83,58 |
73 | 1047,24 | 1136,25 | — 89,01 |
74 | 1077,22 | 1090,50 | — 13,88 |
75 | 1096,32 | 1082,45 | + 13,87 |
76 | 1123,33 | 1102,63 | + 20,70 |
77 | 1242,55 | 1207,95 | + 34,60 |
78 | 1191,63 | 1175,08 | + 16,55 |
79 | 1222,89 | 1179,96 | + 42,93 |
1880 | 1221,23 | 1194,41 | + 26,82 |
81 | 1278,02 | 1224,76 | + 53,26 |
82 | 1299,33 | 1293,43 | + 5,90 |
83 | 1332,90 | 1329,95 | + 2,95 |
1884 (1°semestre) | 658,02 | 666,79 | 8,77 |
1884-85 | 1413,28 | 1403,69 | + 4,99 |
85-86 | 1409,10 | 1432,61 | – 23,51 |
86-87 | 145:1,48 | 1161,49 | – 8,01 |
87-88 | 1499,93 | 1572,86 | – 72,93 |
88-89 | 1500,84 | 1736,21 | – 235,37 |
89-90 | 1562,59 | 1087,01 | – 71,42 |
1890-91 | 1510 – | 1617,24 | – 77,21 |
91-92 | 1528,09 | 1571,16 | – 43,07 |
92-93 | 1.550,62 | 1569,39 | – 18,77 |
93-94 | 1517,12 | 1616,55 | – 99,43 |
94-95 | 1569,91 | 1600,35 | – 30,44 |
95-96 | 16:13,60 | 1699,07 | – 65,47 |
96-97 | 1614,83 | 1021,03 | – 9,20 |
97-98 | 1629,49 | 1620,03 | + 9,46 |
98-99 | 1658,82 | 1626,16 | + 32,66 |
99-900 | 1671,52 | 1033,10 | + 38,42 |
1900-901 | 1724,20 | 1674,29 | + 49,91 |
Agli aumenti nelle entrate contribuirono tutti i redditi, tranne quello del dazio consumo. Se però guardiamo da vicino, anno per anno, gli andamenti dei gettiti delle principali imposte, vediamo i seguenti dati importanti:
Imposta sui terreni: rese 120 milioni nell’esercizio 1885-86; dopo decresce continuamente sino a 106 milioni, cifra che si mantiene con costanza quasi assoluta dal 1887-88 al 1899-900. Bisogna però dire che questa diminuzione fu dovuta all’abolizione dei due decimi di guerra, i cui effetti cominciarono a sentirsi precisamente dall’esercizio 1885-86 in poi.
Imposta sulla ricchezza mobile riscossa per ruoli: va da milioni 82,26 nel 1869, a mil. 128,83 nel 1891-92. Poi comincia a decrescere fino al 1894-95, anno in cui risale a 142,69 milioni, causa la legge 22 luglio 1894, che rialza la ragione dell’imposta dal 13,20 al 20 per cento. Dopo quest’anno, si mantiene oscillante fino al 1899-90 fra i 142 e i 143 milioni.
L’imposta sui fabbricati sola presentò un costante aumento. Da 43,71 milioni nel 1869, andò man mano crescendo sino a 106 mil. nell’esercizio 1893-94, balzando poi nell’esercizio seguente a 144 milioni, e chiudendo con un gettito di 146 milioni nel 1899-900, dovuto però anche alle continuo e più accurate revisioni dell’imposta.
Delle tasse sugli affari mostrammo altrove l’andamento. I dazi interni di consumo poi presentano un fatto speciale che corrobora il nostro asserto sulla diminuzione dei consumi verificatisi da parte della popolazione. Prendendo come punto di partenza il 1869, vediamo che il loro gettito continua rapidamente a crescere, malgrado l’abolizione del macinato, fino al 1889-90, anno in cui toccano i 380 milioni. Precipitano allora sino ai 314 milioni nell’esercizio finanziario 1893-94, per poi, al pari degli altri redditi, riprendere faticosamente l’ascesa fino ai 360 milioni nel 1899-900. E contemporaneamente, le tasse di fabbricazione (sugli spiriti, birra, gazzose, alcool e zucchero), in continua ascesa sino ai 36 milioni nel 1886-87, decrescono fino a 26 milioni nel 1892-93, per poi risalire piano, fino al 1895-96, rapidamente dipoi, raggiungendo i 64 milioni nel 1899-900.
Quanta parte del pareggio poi sia dovuta ad imposizione più grave, risulta dall’enumerazione delle seguenti leggi:
Legge 22 luglio 1894: ristabilisce sull’imposta sui terreni il decimo abolito con la legge 1°marzo 1886.
Legge 22 luglio 1894: eleva l’imposta di ricchezza mobile al 20%
Legge 12 luglio 1888: aumenta le tasse di registro e bollo, di successione, di negoziazione delle cartelle.
Legge 30 giugno 1891: estende la sovraimposta di due decimi alla tassa annuale sulla circolazione dei biglietti di banca.
Legge 22 luglio 1891: aumenta le tasse di registro o bollo e quella di successione.
Legge 11 aprile 1898: eleva il dazio sul grano da L. 5 a L. 7,50, prescrivendone il pagamento in oro.
Legge 3 luglio 1898: aumenta da 4 a 7 lire il dazio consumo sulle farine.
Legge 12 luglio 1888: aumenta il prezzo del sale raffinato e macinato.
Legge 2 luglio 1896: aumenta le tasse sugli istituti d’emissione.
Contemporaneamente, con altre leggi che l’enumerare sarebbe ozioso, si rendeva più rigoroso e fiscale l’accertamento delle materie tassabili.
Come si vede, dunque, anche l’andamento delle finanze pubbliche concorda con quanto abbiamo visto per l’economia generale.
Le emissioni di Debito pubblico.
Col peggiorare della pubblica finanza o colla riduzione dei proventi delle imposte si rende di nuovo palese la necessità di ricorrere ai debiti. L’accensione di debiti, che avea raggiunto un massimo nel 1866, quando si emisero per 608 milioni di rendita e di altri titoli, era andata lentamente scemando sino al 1880 in cui le emissioni eransi ridotte a 4.785.805 lire di rendita pubblica.
Ma negli anni seguenti si principia nuovamente a farsi imprestare grosse somme, ora per un motivo ora per un altro.
Nel 1881 le emissioni raggiungono 21.887.012 lire, di cui 5.883.502 lire di rendita emesse per effetto degli art. 6 ed 11 della convenzione di Basilea, e 16, 003, 420 di titoli diversi, in gran parte obbligazioni dell’asse ecclesiastico e titoli speciali per i lavori del Tevere.
Nel 1882 si fa il prestito di 650.410.000 lire per l’abolizione del corso forzoso a cui aggiungendo 16.702.145 lire di titoli diversi (obbligazioni dell’asse ecclesiastico e lavori del Tevere) si raggiungo un totale di 607.142.146 lire di nuovi debiti.
Nel 1883 si emettono 20.812.830 lire di titoli diversi; nel 1° semestre del 1884 lire 4.757.150.
Nel 1881-85 le emissioni di titoli diversi raggiungono 37.833.355 lire, a cui si aggiungono 68. 183.152 lire di anticipazioni degli Istituti di emissione per pagare alla Società dell’ex-Regia il prezzo dello stock dei tabacchi al 1° gennaio 1884, per cui i nuovi debiti salgono a 100.016.507 lire.
Ai titoli diversi (obbligazioni ecclesiastiche e lavori del Tevere) si restringono le emissioni degli anni seguenti:
86 | 48.820.000 |
87 | 20.218.000 |
88 | 25.000.000 |
89 | 18.910.332 |
90 | 13.000.000 |
1890-91 | 11.771.452 |
1891-92 | 13.352.000 |
Nel 1892-93 cominciano a farsi sentire le conseguenze della dissennata politica finanziaria ed economica degli anni precedenti; cosicché alla omissione di titoli diversi in lire 15.940.000 si aggiungono 73.461.665 lire versate dalla Cassa Depositi e Prestiti per il servizio delle pensioni civili e militari, a cui non si provvide più colle entrate normali del bilancio, ma con uno storno di fondi della Cassa Depositi e Prestiti. In tutto i nuovi debiti in quell’anno salirono alla cifra di 89.401.065 lire.
Nel 1893-94 si emettono titoli diversi per lire 18.000.000 e si ricevono 73.930.820 lire di versamenti della Cassa Depositi e Prestiti per il servizio pensioni. Ma per la fuoruscita delle monete divisionarie d’argento e degli scudi, altro effetto della cattiva politica economica degli anni precedenti, lo Stato fa un altro debito di 75.927.095 lire sotto forma di emissione per una somma corrispondente di biglietti di Stato e di monete di ramo e di nichelio. In tutto i nuovi debiti salgono a 167.857.915 lire.
Nel 1891-95 le emissioni di titoli diversi si riducono a 10.107.185 lire; si emettono 12.000.000 lire di monete di nichelio; e si ricevono 68.954.093 lire di versamenti della Cassa Depositi e Prestiti pel servizio pensioni. In tutto 91.061.279 lire di nuovi debiti.
Nel 1895-96, ammaestrati dall’esperienza, non si emettono più titoli speciali rovinosi per i lavori del Tevere, si rinuncia alle anticipazioni della Cassa Depositi e Prestiti, facendo di nuovo gravare il servizio delle pensioni sul bilancio normale; e si emettono solo 5.500.000 lire di monete di nichelio. È l’inizio del rinsavimento. I finanzieri si persuadono che è inutile chiudere pro-forma il gran libro del Debito Pubblico per accrescere il debito sotto mille altre forme diverse e palliate. Ma disgraziatamente la guerra d’Africa costringe il Governo a riaprire apertamente il gran libro del Debito Pubblico che erasi con solennità chiuso nel 1882; e vi si inscrivono 92.500.000 lire di rendita 4½ per cento, a cui aggiungendo i 5⅓ milioni di monete di nichelio, si ha un debito totale nuovo per quell’anno di 98 milioni di lire.
Nel 1896-97 si emettono per le spese d’Africa altre 39.500.000 lire di rendita 4½ per cento; e nel 1897-98 si portano a benefizio del tesoro, autorizzandolo ad emetterle a poco a poco, le ultime 14.560.165 lire della medesima rendita.
Con quella emissione si chiude l’era dei prestiti In Italia, almeno per ora, poiché nel 1898-99, e nel 1899-000 non si accese più alcun nuovo debito.
Ma colle accensioni di debiti propriamente detti non è esaurito tutto ciò che si riferisce ai debiti fatti dallo Stato; poiché di questi una parte viene elencata sotto forma di costruzioni di ferrovie e di movimento di capitali.
Che se noi vogliamo tener conto di tutte le partite di debito acceso ed estinto per qualsiasi causa, otteniamo il risultato che si contiene (in centinaia di migliaia di lire) nella seguente tabella:
Anni | accensione di debiti (come sopra) | Vendita beni ed affrancamento di canoni | Alienazione di rendita consolidata per la costruzione delle ferrovie | Prodotto delle obbligazioni emesse per costruzioni ferroviarie a carico dello Stato | Prodotto dei titoli emessi per conto della Cassa degli aumenti patrimoniali | Parte del prezzo del materiale mobile ceduto alle Società e destinato a spese ferroviarie | Estinzione, debiti ———– Totale |
1880 | 4.705 | 36.335 | 62.000 | – | – | – | 64,283 |
81 | 21.887 | 28.755 | 79.000 | – | – | – | 72.846 |
82 | 607.142 | 27 989 | 69.000 | – | – | – | 718.575[2] |
83 | 20.872 | 26.172 | 72.000 | – | – | – | 47.905 |
84(1° sem.) | 4.757 | 8.968 | 33.000 | – | – | – | 10.459 |
31-85 | 100.010 | 20.882 | 65.000 | – | – | – | 95.334 |
85-30 | 48.825 | 20.202 | 14.500 | – | – | 151.188 | 26.625 |
80-87 | 20.218 | 17.851 | 29 | 117.920 | – | 46.000 | 32.152 |
87-88 | 25.000 | 19.675 | – | 231.793 | 30.171 | 34.450 | 22.995 |
88-89 | 18.910 | 13.432 | – | 132.000 | 70.050 | 32.561 | 22.195 |
89-90 | 13.000 | 117.614 | – | 115.985 | 22.055 | – | 28.186 |
90-91 | 11.771 | 141.733 | 95.277 | – | 22 000 | – | 29.042 |
91-92 | 13.357 | 9.916 | 81.974 | – | – | – | 30.358 |
92 93 | 89.401 | 8.831: | 29.091 | – | – | – | 72.147 |
93-91 | 107.852 | 18.336 | 35.718 | – | – | – | 116 020 |
94-95 | 91.061 | 45.960 | – | – | – | – | 46.557 |
95-90 | 98.000 | 14.445 | – | – | – | – | 19.660 |
90-97 | 39.500 | 13.537 | – | – | – | – | 18.833 |
97-98 | 14.560 | 13.528 | – | – | – | – | 24.539 |
98-99 | – | 13.557 | – | – | – | – | 19.284 |
99-900 | – | 6.296 | – | – | – | – | 20.483 |
Ed anche da questo prospetto si vede come solo negli ultimi anni le accensioni di debiti, sotto diversa forma e per diversi motivi, e le alienazioni di patrimoni raggiungono una cifra inferiore alla estinzione dei debiti.
Speriamo che l’èra dei prestiti sia chiusa per sempre; poiché le soverchie emissioni, se sono conseguenza di crisi economiche nel paese e di disavanzi di bilancio, sono alla loro volta causa di scoraggiamento delle imprese industriali e di indebolimento del credito dello Stato.
Dove si impiega il risparmio nazionale nei tempi di crisi.
Il peggiorare Infatti nel 1887-95 dell’economia privata e pubblica, fa sì che i risparmi mutino direzione nei loro impieghi.
Il cattivo andamento della cosa pubblica fa ribassare il valore della rendita; e l’aumento delle imposte scoraggia dagli investimenti industriali e commerciali.
Ora è noto, come già per legge normale, negli anni prosperi, i risparmi volentieri si indirizzano agli impieghi industriali e commerciali e fanno aumentare il valore delle terre, delle case e dei titoli bancari industriali.
Ma negli anni cattivi, i risparmi, intimoriti dai fallimenti e dalle perdite sofferte, non vogliono più azzardarsi nell’agricoltura, nell’industria e nei commerci, e cercano degli impieghi di tutta sicurezza, da padre di famiglia, dove non ci sia nessun pericolo.
Così, ad esempio, si investono in rendita dello Stato, che per quanto non sottratta ad oscillazioni, è più sicura dei valori industriali o degli altri impieghi. Così in Italia, il risparmio compra rendita che prima era all’estero e che ritorna perciò nell’interno.
Ecco i pagamenti fatti in diverse date all’estero per interessi di rendita italiana :
1895 | L.93.450.525 |
97-98 | 89.283.476 |
99 | 82.490.406 |
1899-900 | 75.516.000 |
II che da una parte è cosa buona, perché il nostro maggior titolo di Stato viene sottratto alla speculazione estera; ma è un indizio dello scarso credito che gode l’Italia all’estero, il quale si disfa della sua rendita. D’altro canto i risparmi nazionali abbandonano gli impieghi aleatori, industriali e commerciali per rifugiarsi nei forzieri sicuri delle Casse di risparmio, dove si riceve meno, ma si corre minor rischio. Di questo fatto, ci è fornita una corta riprova dal dato ricordato dal comm. Canovaj, segretario della Direzione generale della Banca d’Italia a Roma, secondo cui, in 9 anni, dal 1888 al 1897, circa mezzo miliardo si ritirò dagli Istituti di credito per emigrare in quelli di risparmio.
Il credito dei depositanti nelle Casse ordinarie di risparmio che era nel
1880 di 686 milioni, aumenta così:
85 di 951 milioni
90 di 1166 milioni
95 di 1343 milioni
99 di 1430 milioni
1900 di 1465 milioni
Al 31 dicembre 1900 la situazione del patrimonio e dei depositi delle Casse di risparmio ordinarie ora la seguente:
- Numero delle Casse 184
- Patrimonio L. 222.668.090
- Risparmi L. 465.056.550
- Conti correnti 38.915.297
- Buoni fruttiferi 3.253.302
Nello Casso postali di risparmio il credito sale del pari:
- 1880 46 milioni
- 85 176 »
- 90 310 »
- 95 462 »
- 99 628 »
Il che in parte, ripetiamo, è un indizio buono; ma in notevole parte, sovratutto se si pensa che aumenti grandissimi nei depositi a risparmio avvennero nei periodi peggiori dell’economia nazionale, dimostra che i nuovi risparmi cercarono le Casse postali ed ordinarie di risparmio, per paura d’investirsi altrove. Il che, certo, non contribuisce a tenere elevato il valore dei terreni, delle case e degli impianti industriali.
Una gran parte di questi non trovando compratori, cade nelle mani degli Istituti di credito che avevano fatto mutui ipotecari o cambiari, e qui ristagnano. Onde le immobilizzazioni bancarie, le quali esercitarono tanta funesta influenza sulla vita economica del paese. Basterà citare alcuno cifre relative al 1893, quando gli Istituti di emissione gemevano sotto il peso dei salvataggi compiuti o del malessere generale.
Immobilizzazioni | ||||||||
ISTITUTI | Effetti cambiari garanti con ipoteca | Beni immobili | Crediti ipotecari | Altre immobilizzazioni | Totale | |||
Banca Nazionale del Regno Banco di Napoli …. Banca Nazionali> Toscana Banca Toscana di credito Banca Ito ninna …. Banco di Sicilia …. | 109.521.109 – – – – 1.419.299
| 13.476.741 2.890 757 10.821 – 6.146.027 15.393 | 19.013.238 18.453.656 751,056 375.770 12.079.022 –
| – 6.396.737 5.941.154 974.250 – 1.622.585 | 142.641.08927.747.151 6.706.031 1.350.020 18.225.050 3.087.278 | |||
110.970.404 | 22.545.740 | 51.305.743 | 14.934.727 | 199.750.020 | ||||
Sofferenze e cambiali rinnovabili. | ||||||||
ISTITUTI | Cambiali rinnovabili | Sofferenze | Totale | |||||
Banca Nazionale del Regno Banco di Napoli Banca Nazionale Toscana Banca Toscana di credito Banca Romana Banco di Sicilia | 28.472.980,62 29.629.034,35 – – 2.987.460,68 10.364.600,26 | 20.995.548,16 19.680.795,58 4.600.000,- – 13.050.694,91 3.609.452,04 | 49.465.528,78 49.309.829,93 4.600.000, – – 16.038.155,59 13.974.052,30 | |||||
71.454.075.91 | 61.936.490.69 | 133.390.566,60 | ||||||
Nel 1894, però, liquidata la situazione ed emanata la nuova logge bancaria, le immobilizzazioni dei tre Istituti rimasti apparivano in tutta la loro gravità. Ecco i valori delle Immobilizzazioni e delle altre operazioni vietate dalla legge 10 agosto 1893 (al 31 dicembre 1894):
- Banca d’Italia L. 414,014,000
- Banco di Napoli »153.835.000
- Banco di Sicilia » 11.777.000
Notisi, che non si conta fra le immobilizzazioni della Banca d’Italia il conto corrente con la Banca Romana in liquidazione, che il 20 febbraio 1894 ammontava a ben L. 92.413.910,51.
Anche qui, corno in tutti gli altri campi dell’attività nazionale, dopo avere toccato l’imo fondo nel 1893-94, la situazione in seguito va lentamente migliorando. E le immobilizzazioni così decrescono:
Banca d’Italia | Banco di Napoli | Banco di Sicilia | Totali | ||
In milioni di lire |
| ||||
28 febbraio 1894 | 419,4 | 107,8 | 19,3 | 030,5 | |
31 dicembre 1894 | 414,0 | 100,3 | 17,9 | 592,8 | |
» » 1895 | 357,8 | 142,9 | 17,9 | 518,0 | |
» » 1890 . | 342,8 | 139,2 | 10,2 | 498,2 | |
» » 1897 | 297,5 | 134,9 | 13,5 | 445,9 | |
» » 1893 | 250,8 | 130,9 | 11,8 | 393,5 | |
» » 1899 | 245,3 | 121,8 | 10,1 | 377,2 | |
» » 1900 | 245,1 | 119,2 | 8,9 | 373,2 | |
30 novembre 1901 | 239,1 | 117,7 | 8,5 | 305,3 |
Traffico interno ed estero.
Le cose dette fin qui trovano suffragio altresì nelle statistiche relative al traffico nell’interno e coll’estero. Ad esempio, sulle ferrovie della Rete Mediterranea, il numero dei viaggiatori-kilometro, che era di 891 milioni nel 1886, sale nel 1888 a 1088 milioni, ma diminuisce nel 1890 a 1032 milioni, e si ferma nel 1892 a 1043 milioni, coi 1893 a 1045 milioni, ed ancora nel 1897 è di 1087 milioni, e solo ascende coi 1898 a 1219 milioni.
Del pari sulla Rete Adriatica i viaggiatori-kilometro aumentano da 726 milioni nel 1886 a 931 milioni nel 1888, ma diminuiscono a 815 mil. nel 1892, e si fermano a 838 milioni nel 1893, e sono ancora a 830 milioni nel 1896, per salire a 957 milioni solo noi 1898. Nel 1898 il numero totale dei viaggiatori-kilometro ascese a 2.525.885.001, e nel 1899 passò a 2.570.895.436.
Quel che si dice dei viaggiatori, si ripete per le merci e specialmente per quelle a piccola velocità, che formano il 95 per cento del totale.
Rete mediterranea | Rete adriatica | ||
Merci trasportate nel | 1886 | Tonnellate 7.355 mila | Tonnellate 4.777 mila |
87 | 7.866 | 5.135 | |
88 | 8.128 | 5.263 | |
89 | 8.038 | 5.931 | |
1890 | 7.986 | 5.995 | |
91 | 7.721 | 6.011 | |
92 | 7.676 | 5.711 | |
93 | 7.751 | 5.412 | |
94 | 7.956 | 5.650 | |
95 | 8.384 | 5.902 | |
96 | 8.771 | 6.145 | |
97 | 9.014 | 6.631 | |
98 | 9.713 | 6.926 | |
99 | 10.355 | 7.804 |
Anche qui il movimento raggiunge un massimo nel 1888 per la Mediterranea, e nel 1891 per l’Adriatica, dopo il quale i cattivi raccolti, i diminuiti affari fanno per qualche anno scemare i trasporti, e solo in ultimo si riprende il movimento ascendente, raggiungendo ed oltrepassando le cifre di prima.
Quanto al commercio coll’estero, parla la seguente tabella del commercio speciale (cioè non compresi i metalli preziosi ed il traffico di transito).
Importazioni | Esportazioni | ||||
Cifre effettive | Media per abitante | Cifre effettive | Media per abitante | ||
1884 | 1.318.777.666 | 45,58 | 1.070.928.479 | 37,02 | Anni di massima espansione |
85 | 1.459.809.801 | 50,13 | 950.758.988 | 32,65 | |
86 | 1.458.243.889 | 49,75 | 1.028.231.720 | 35,08 | |
87 | 1.604.947.273 | 51,41 | 1.002.136.702 | 33,97 | |
88 | 1.174,601.582 | 39,57 | 891.934.639 | 30,05 |
Depressione |
89 | 1.391.154.246 | 46,57 | 950.615.760 | 31.82 | |
1890 | 1.319.638.433 | 43,89 | 895.945.253 | 29,80 | |
91 | 1.120.584.583 | 37,24 | 878.800.165 | 28,98 | |
92 | 1.173.891.984 | 33,65 | 958.187.220 | 31,48 | |
93 | 1.191.227.553 | 38,89 | 964,188.135 | 31,48 | |
94 | 1.094.649.101 | 35,62 | 1.026.500.040 | 33,31 | |
95 | 1.187.288.208 | 38,29 | 1.037.707.599 | 33,47 |
Ripresa
|
96 | 1.180.172.694 | 37,83 | 1.052.097.943 | 33,73 | |
97 | 1.191.598.770 | 87,97 | 1.091.734.230 | 34,79 | |
98 | 1.413.335.346 | 44,76 | 1.203.609.304 | 38,12 | |
99 | 1.506.561.188 | 41,43 | 1.431.416.878 | 45,07 | |
1900 | 1.699.235.462 | 47,98 | 1.338.346.253 | 44,60 | |
1901(1° gen. al 30 novembre) | 1.692.788.406 | – | 1.291.358.081 | — |
Nello stesso periodo del 1900, l’importazione era stata di L. 1.641.588.453 e l’esportazione di L. 1.207.948.458.
Sono in corsivo gli anni di massimo e di minimo traffico. Anche qui duo movimenti, di discesa sin verso 1891-1894, e di progressivo miglioramento poi.
La popolazione e l’emigrazione.
Chiudiamo il nostro resoconto dando uno sguardo sommario al movimento verificatosi in quello che l’economia classica chiamava il terzo elemento della produzione: cioè al movimento della popolazione.
La popolazione presente nel regno alla mezzanotte dal 9 al 10 febbraio del corrente anno è risultata di 32.449.754. Nel penultimo censimento del 31 dicembre 1881 si erano censiti 28.450.628 abitanti. Quindi, in 19 anni e 40 giorni si è verificato un aumento di 3.990.126 abitanti, che corrisponde a un accrescimento medio aritmetico per anno di 7,34 per 1000. Fra il 1861 e il 1871 l’aumento era stato di 7,12, e fra il 1871 e il 1881 di 6,19 per 1000.
L’incremento attuale è uno dei più elevati d’Europa ed è dovuto specialmente ad una diminuzione della mortalità, più che ad un incremento della natalità. Fenomeno questo che si riscontra in quasi tutti i paesi civili odierni, come risulta da un esame comparativo del censimento del 1900-901, fatto dal Giffen e da altri nell’ultimo numero del «Journal of the Statystical Society». Ecco un quadro dimostrativo per dipartimenti:
Compartimenti | Popolazione presente | Aumento | ||
| al 31 dicembre 1881 | al 9 febbraio 1901 | assoluto | medio aritmetico annuo per 1000 abitanti |
Piemonte | 3.070.250 | 3.320.311 | 256.061 | 4,4 |
Liguria | 892.373 | 1.080.944 | 188.571 | 11,1 |
Lombardia | 3.680.615 | 4.278.188 | 597.573 | 8,5 |
Veneto | 2.814.173 | 3.130.429 | 316.250 | 5,9 |
Emilia | 2.183.891 | 2.451.752 | 268.361 | 6,4 |
Toscana | 2.203.809 | 2.548.154. | 339.285 | 8,0 |
Marche | 939.279 | 1.064.749 | 125.470 | 7,0 |
Umbria | 672.000 | 644.307 | 72.307 | 6,6 |
Lazio | 903.472 | 1.206.354 | 302.882 | 17,5 |
Abruzzi e Molise | 1.317.215 | 1.442.305 | 125.150 | 5,0 |
Campania | 2.896.577 | 3.142.378 | 245.801 | 4,4 |
Puglia | 1.589.064 | 1.949.423 | 360.359 | 11,9 |
Basilicata | 524.504 | 490.000 | – 34.504 | -3,4 |
Calabria | 1.257.883 | 1.375.700 | 117.877 | 4,9 |
Sicilia | 2.927.901 | 3.529.260 | 601.865 | 10,7 |
Sardegna | 682.002 . | 789.314 | 607.312 | 8,2 |
Regno | 28.459.628 | 82.449.754 | 3.990.126 | 7,3 |
Come si vede, gli aumenti più forti di popolazione dal 1881 in poi si sono verificati nel Lazio (quasi unicamente in Roma), nelle Puglie, in Liguria e in Sicilia. Gli aumenti più deboli in Piemonte, Campania, Calabrie, Abruzzi e Veneto, regioni che, come vedremo, danno il contingente massimo alla emigrazione. Anzi, questo elemento è così marcato, che nella Basilicata, dove dal 1882 al 1900 il numero dei nati superò quello del morti di 80.266, si è verificata una diminuzione di 34.501 individui, a causa della emigrazione, che nello stesso periodo salì a 168.978 individui.
Anche in Italia, come all’estero, si è verificato un marcato movimento dalla campagna verso le grandi città. Difatti, mentre la popolazione rurale e quella delle piccole città si mostrano quasi stazionarie, o crescono in modo debolissimo, le grandi città, in ispecie Roma, Milano e Genova, presentano notevoli incrementi, che salgono fino al 50%.
Calcolando la superficie totale del regno in 286.648 Km quadrati, la densità della popolazione, che al 31 dicembre 1881 era di 99,28 abitanti per Km quadrato, è ora di 113,55.
Per l’emigrazione, i dati vanno solo a tutto il 1899. Per quanto le cifre abbiano qui una sicurezza solo molto relativa, diamo il quadro riassuntivo per tale materia :
Anni
| Emigrazione totale | Emigrazione propria o permanente | Emigrazione temporanea | |||||
Numero totale degli emigranti | Emigranti per 100.000 abitanti | Num. totale degli emigranti | Emigranti per 100.000 Abitanti | Num. totale degli emigranti | Emigranti per 100.000 abitanti | |||
Cifre effettive | per 100 | Cifre effettive | per 100 | |||||
1876 | 108.771 | 395 | 19.750 | 18 | 72 | 89.015 | 82 | 323 |
77 | 99.213 | 358 | 21.087 | 21 | 70 | 78.120 | 79 | 282 |
78 | 90.203 | 345 | 18.535 | 19 | 66 | 77.733 | 81 | 279 |
79 | 119.831 | 428 | 40.824 | 34 | 146 | 79.007 | 66 | 282 |
80 | 119.901 | 425 | 37.934 | 32 | 134 | 81.967 | 68 | 291 |
1881 | 135.832 | 479 | 41.007 | 31 | 147 | 94.225 | 69 | 332 |
82 | 101.502 | 500 | 65.748 | 41 | 230 | 95.814 | 59 | 336 |
83 | 169.101 | 588 | 68.416 | 40 | 238 | 100.685 | 60 | 350 |
84 | 147.017 | 509 | 58.049 | 39 | 201 | 88.908 | 61 | 308 |
85 | 157.193 | 510 | 77.029 | 49 | 205 | 80.164 | 51 | 275 |
86 | 167.829 | 572 | 85.355 | 51 | 291 | 82.174 | 49 | 281 |
87 | 215 005 | 731 | 127.718 | 59 | 433 | 87.917 | 41 | 298 |
88 | 290.736 | 979 | 195.993 | 67 | 660 | 94.743 | 33 | 319 |
89 | 218.412 | 732 | 113.093 | 52 | 379 | 105.319 | 48 | 353 |
90 | 217.244 | 722 | 101.733 | 48 | 148 | 112.511 | 52 | 374 |
1891 | 293.031 | 970 | 175.520 | 60 | 580 | 118.111 | 40 | 390 |
92 | 223.007 | 735 | 107.309 | 48 | 353 | 116.298 | 52 | 382 |
93 | 240.751 | 806 | 121.312 | 50 | 406 | 122.439 | 50 | 100 |
94 | 225.323 | 731 | 105.455 | 47 | 342 | 119.808 | 53 | 389 |
95 | 293.181 | 946 | 169.513 | 58 | 547 | 123.008 | 42 | 399 |
96 | 307.482 | 980 | 183.020 | 60 | 589 | 123.802 | 40 | 397 |
97 | 299.855 | 955 | 165.429 | 55 | 527 | 134.120 | 45 | 428 |
98 | 233.715 | 895 | 126.787 | 41 | 400,4 | 150.928 | 56 | 195,5 |
99 | 308.339 | 973 | 131.308 | 42 | 414,6 | 177.031 | 58 | 559 |
900 | 352.782 | 985 | 153.209 | 40 | 410,8 | 199.573 | 60 | 574,2 |
901(1°sem.) | 325 021. | – | 120.342 | – | – | 205.279 | – | – |
L’emigrazione massima è data dal Veneto. Seguono poi le Provincie meridionali e il Piemonte. Il minimo si verifica nel Lazio, nell’Umbria, nelle Marche e in Liguria.
Guardando alle professioni, troviamo che emigrano sopratutto gli agricoltori (61-70%); poi i braccianti, i muratori e gli operai.
È interessante vedere dove si dirige questa immensa fiumana di uomini. Naturalmente, la più forte emigrazione temporanea avviene in Europa, e specialmente verso i paesi più vicini all’Italia, come la Francia, la Svizzera e l’Austria.
L’emigrazione propria invece ha preso una direzione marcata verso l’America, come risulta dal seguente prospetto, che indica la immigrazione italiana in America secondo le statistiche americane, dal 1890 al 1899:
Anni | Argentina (non compresi quelli arrivati da Montevideo) | Uruguay | Brasile | Stati Uniti del nord | Totale |
1890 1891 1892 1893 1894 1895 1896 1897 1898 1899 | 39.122 15.511 27.850 37.977 37.699 41 203 75.204 44.678 39.135 53.295 | 12.873 4.559 4.966 2.894 4,255 3.557 5.046 3.651 2.894 3.219 | 31.275 132 326 55.0451 58.552 34.872 97.344 96.324 78.915 33 272 ? | 62.969 69.297 61.434 70.570 39.827 44,003 20.076 59.431 58.613 77.419 | 146.230 221.693 149. 299 169.993 116.653 186.107 196.650 186.675 133.914 ? |
Sarebbe senza dubbio di molta importanza tentare un calcolo del valore capitale approssimativo di questa ingente emigrazione di uomini. Esso, però, per le sue difficoltà, merita di essere trattato in un lavoro a parte.
Conclusione.
Le vicende della Economia Nazionale e della Finanza in Italia durante l’ultimo ventennio del secolo scorso e la crisi attraversata dal 1890-96, quali le siamo venute analizzando per sommi capi, sono riprova delle teorie che i classici economisti hanno svolte da tempo sulle crisi e, più ancora, dei principii fondamentali sui quali s’assidono sorelle la scienza economica e l’arte di governo nei tempi moderni.
Raggiunta l’indipendenza e l’unità, l’Italia s’era andata sino al 1883 avviando con assiduo lavorio e con una finanza saggia a condizioni economiche progressivamente migliori e vieppiù promettenti. Nel 1883 veniva soppresso il corso forzoso, riconducendo l’oro in Paese mediante un prestito collocato all’Estero di 644 milioni.
Questo provvedimento, salutare ma forse prematuro, certo attuato su basi assai fragili e delicate, richiedeva imperiosamente dal Governo e dal Paese una linea di condotta austera, consapevolmente e tenacemente intesa a riportare e favorire il risparmio e il lavoro fecondo, i due soli, i due indispensabili fattori della pubblica come della privata prosperità.
Purtroppo lo Stato ed il Paese seguirono dopo il 1884 una linea di condotta diametralmente opposta a quella che sola avrebbe potuto maturare i frutti del coraggioso lavoro sin allora proseguito, e assidere stabilmente l’Italia fra i Paesi in cui l’economia pubblica assodata e progressiva è mezzo e stimolo ad ogni civile miglioramento.
Nel campo delle imprese private, vediamo dal 1880 sino al 1881 in misura moderata e fruttuosa, dopo il 1884 in misura sempre crescente ed eccessiva, prevalere le imprese edilizie, incoraggiate dalla temporanea affluenza di capitali esteri provocata dal ribasso, poi dalla scomparsa dell’aggio.
Ecco manifestarsi, nella forma specifica e particolarmente grave della speculazione edilizia, l’immobilizzazione di capitali, la sovra-produzione, che è il fenomeno tipico, il fattore inesorabile delle crisi.
Giustizia vuole si riconosca che dal canto loro i Poteri pubblici nulla fecero per indirizzare saggiamente la forma di attività allora prevalente, e che nelle condizioni di molte tra le principali città italiane, segnatamente della Capitale — non modificate ancora dalle esigenze dei tempi moderni — aveva, entro certi limiti, ragion d’essere.
Difatti né lo Stato, che pur vi era larghissimamente interessato in linea morale e finanziaria, né l’Amministrazione Capitolina, ebbero mai un concetto unico o direttivo sulla trasformazione edilizia di Roma; si favorì l’edificazione a spizzico, a sbalzi, un po’ in tutti i rioni, disseminando le risorse, senza nulla ottenere di completo e di soddisfacente. Piano regolatore e Regolamento edilizio si ebbero allorquando la febbre speculativa aveva già dato i malsani suoi frutti, e furono un compromesso fra opposti interessi, anziché freno e norma per un razionale sviluppo.
Si commise l’errore inesplicabile di favorire l’edificazione suburbana, là dove entro l’ambito delle mura vi erano aree esuberantissime e vi sorgevano già case a dismisura; consentendo l’erezione di edilizi a 6-7-8 piani, contrari ad ogni postulato dell’igiene e dell’estetica, si favorì l’esorbitanza dei prezzi delle aree e la speculazione delle rivendite.
L’impresa del Risanamento a Napoli, iniziata nel 1887-1888 e destituita di ogni effetto veramente salutare per la massa della popolazione, rovinosa per lo Stato ed i privati, fu esempio tipico dell’insipienza del Governo e della follia collettiva di quel tempo.
Al tempo stesso e d’altra parte, lo Stato, con le enormi costruzioni di linee ferroviarie improduttive, le spese smodate ed inutili per la guerra e la marina, coll’impresa d’Africa, i disavanzi del bilancio, colle emissioni di debito pubblico, larvate in varie forme, veniva assorbendo la maggior parte del risparmio-nazionale.
La sollecita ricomparsa dell’aggio dell’oro, l’indirizzo poco savio e rassicurante della nostra politica in generale, richiamavano tosto oltr’Alpe i capitali esteri.
Ed allora le banche d’emissione inconsultamente eccederono nella circolazione fiduciaria, creando così una ingannevole larghezza di capitali che aggravava il male e dovea renderne più intensi e funesti gli effetti, là dove invece freni applicati in tempo avrebbero impedito nuove imprese e compresso la spinta speculativa dei prezzi in genere, specie nei rami prediletti dalla moda del momento, cioè le imprese edilizie.
La forte protezione accordata alla generalità delle industrie con le nuove tariffe doganali del 1887 spingeva al tempo stesso varie regioni a nuovi e larghi impianti industriali.
E se questi, ad es. nel ramo tessile, si chiarirono vitali o benefici, lo stesso non si può affermare per altri rami, ad es., per le industrie metallurgiche e di costruzioni navali, in cui un’altissima protezione doganale e la clientela dello Stato – elementi artificiosi – hanno avuto parte prevalente. Così, quasi a farlo apposta, si distraeva per tutti i canali il risparmio nazionale, si assottigliava quella vis medicatrix degli investimenti del risparmio, che sola può convertire in cespiti fruttuosi e duraturi le creazioni dell’iniziativa industriale o speculativa; si attuava uno squilibrio fra la disponibilità vera e gli impegni dei mercati; si costruiva sovra l’arena un edificio appariscente sì ma sproporzionato, eccessivo, e quindi inesorabilmente caduco.
E le crepe, poi le cadute, si manifestarono là dove appunto maggiore era stata la sovra-produzione, l’eccesso di iniziative giustificate dapprima, ma cui era mancato poi indirizzo e freno, quando la concorrenza, lo spirito d’imitazione, la moda, sovrana non solo nei consumi ma anche nell’investimento dei capitali fluttuanti e nell’impiego del credito, le resero esuberanti e ne assottigliarono al tempo stesso la base – la quale, giova ripeterlo, è pur sempre una sola: – la rispondenza al bisogno vero, la possibilità di assorbimento da parte del risparmio.
Dal 1889 al 1894 caddero tutte le Imprese edilizie, salvo alcune minori come la Compagnia Fondiaria Milanese, e la Società di Risanamento Torinese, le quali aveano operato investendo soltanto il capitale proprio, senza ricorrere al credito.
Del credito, in tutte lo forme, si era abusato.
E così rovinarono prima le imprese le quali direttamente o indirettamente del credito si erano valse nella forma sua più labile o pericolosa : — il credito cambiario o bancario.
Cadde poi nel 1894 la Società Immobiliare Romana, malgrado che, per la particolarità del suoi statuti, avesse potuto sfruttare il credito sotto la forma, tanto più sicura e larga, di obbligazioni di piccolo taglio ammortizzabili a lunghe scadenze.
Si era abusato del credito, non solo per l’edilizia, ma, dal più al meno, per tutti i rami della produzione e dell’economia nazionale, non esclusa l’agricoltura (segnatamente in Sardegna o nel Mezzodì).
Quindi, inevitabilmente, dopo gli istituti edilizii, che dell’abuso furono, oltreché la impersonazione maggiore, altresì l’esponente maggiore, se ne risentirono le Banche, cioè quegli Enti i quali nell’economia nazionale compiono la funzione altissima del credito, di raccogliere i capitali accumulati dal risparmio e di distribuirli fra i vari rami della produzione.
Non vi ha vero credito, durevolmente fecondo, se non in relazione ed in misura al risparmio effettivo e disponibile.
Da noi invece un’eccessiva e mal regolata circolazione fiduciaria delle troppe Banche d’emissione — funesta eredità delle antiche divisioni politiche, del regime a corso forzoso e dell’abolizione sua, operatasi in condizioni troppo artificiose — concorse anch’essa a creare una larghezza di credito, un’apparenza di mezzi fittizia e temporanea quanto funesta.
Dal 1883 fino al 1890, cioè fino al periodo nel quale, scoppiata la crisi, le operazioni cominciarono largamente a decrescere, gli sconti e le anticipazioni della Banca Nazionale crebbero da L. 1.703.000 a L. 2.004.000 (anno 1889), con un aumento percentuale di ben 70.50 p.% .
Gli sconti e le anticipazioni degli altri cinque Istituti d’emissione crebbero da 816 a 1646 milioni, con un aumento complessivo di 116%, che nel 1887 aveva raggiunto 2.068 milioni, e il 153% rispettivamente!
Nel 1887 il Banco di Napoli aveva fatto operazioni per 1057 milioni, contro 384 nel 1883, un aumento così di ben 170% in soli 4 anni!
Il danno fu proporzionato alla misura degli errori e delle colpe.
Nella Convenzione 30 ottobre 1894 tra il Governo e la Banca Nazionale, le perdite dipendenti dalle operazioni di quest’ultima furono riconosciute in 150 milioni al massimo.
Pel Banco di Napoli, come emerge dalla relazione del ministro Luzzatti, premessa alla legge 17 gennaio 1895, le perdite salirono a 90 milioni, cioè al 126 per cento del patrimonio e della massa di rispetto uniti insieme in L. 71.500.000.
In altre parole, il Banco di Napoli consumò tutto il suo attivo e venne a trovarsi allo scoperto ancora di oltre 18 milioni che, senza l’intervento dello Stato, avrebbero dovuto ricadere sui portatori dei suoi biglietti, aventi corso legale!
Il Banco di Napoli non aveva avuto, nel favorire le operazioni edilizie, parte proeminente; ma era stato invece inconsideratamente largo di credito ad ogni sorta d’imprese (agricole, ecc.), che risentirono anch’esse il soffio della speculazione dal 1883 al 1890.
Contrasto significante!
Dalla fine del 1895 al 31 dicembre 1899, cioè nel periodo di risveglio lento ma graduale e serio che pure abbiamo illustralo, gli impieghi delle banche di emissione in sconti ed anticipazioni sono cresciuti di soli 109 milioni, cioè da 309 a 418 milioni.
Gli è che questo risveglio si è compiuto, come è legge e caratteristica degli organismi sani e vitali, con forze proprie, con l’accumulazione del risparmio nazionale, non con stimolanti artificiali e passeggeri.
Ma a lumeggiare pienamente le conseguenze degli eccessi, ai quali durante il periodo 1881-1890 si abbandonò l’economia nazionale, giova ricordare ancora questo fatto.
Dal dicembre 1893 al maggio 1894, cioè nel periodo più fosco della crisi, i depositanti delle Casse di risparmio di Torino, Roma, Genova, Alessandria, Macerata, Parma, e fin di Bergamo e Brescia, succursali della Cassa di risparmio di Lombardia, la più potente fra le consimili istituzioni d’Europa tutta, si affollarono, colti da panico, agli sportelli.
Per venire in soccorso alle Casse, lo Stato, che nell’agosto 1893 aveva promulgato una nuova rigidissima legge sugli Istituti d’emissione, dovette autorizzarli ad eccedere i limiti legali della circolazione.
Ma non basta. Se vi ha istituto amministrato con prudenza, questo è certo la Cassa di Torino. Essa ha ognora circoscritto i propri investimenti a titoli dello Stato o da questi garentiti, a mutui a Corpi morali; delle decine di milioni che essa raccoglie, nessuna frazione va a fecondare l’industria ed il lavoro nazionale, come pur fanno e lodevolmente le Casse di Bologna, Parma, ecc. Legge suprema ed inesorabile dell’Istituto torinese è la sicurezza dell’impiego.
Abbiamo visto come durante la crisi il risparmio si rifugia pauroso, oltreché nei titoli dello Stato, nei forzieri delle Casse di risparmio, le quali così traggono incremento dalla generale depressione e sfiducia.
Or bene, la Cassa Torinese, dal dicembre 1893 al maggio 1894, rimborsò, in eccedenza ai nuovi depositi, solo 5 milioni, su un totale di circa 50. Il suo patrimonio, frutto di dotazione e riserva, era fine dicembre 1892 di L. 9.011.000.
Ora nel 1893 essa ebbe una perdita di ben L. 1.502.000 per svalutazione dei suoi titoli, e la provvista dei mezzi necessari per far fronte al run che poi le sottrasse solo il 10% dei depositi, le causò un danno complessivo non minore di L. 300.000, come dichiarano le relazioni del Consiglio. Malgrado i frutti di un capitale proprio di 9 milioni circa, l’eccedenza netta delle rendite sulle spese fu pel 1893 di sole L. 37.000, pel 1894 di L. 40,000.
Questo esempio tipico vale a dimostrare che se l’abuso del credito è cagione di mali, questi colpiscono poi gli stessi istituti più saldi e che meglio si credono sottratti alle vicende dei mercati.
Nel mondo economico moderno, caratteristica suprema a chi lo sappia analizzare, appare la solidarietà intima ed inevitabile di tutti gli interessi.
Lo svolgimento ed il tramonto della crisi sono essi pure una piena e concludente illustrazione delle teorie degli economisti classici.
La depressione fu esagerata quanto eccessiva era stata la sovra-valutazione dei cespiti edilizi.
Soltanto così si poté mano mano, lentamente, ottenere che il risparmio, la ricchezza disponibile del Paese, che solo rappresenta la domanda vera, l’acquirente bona fide, tornasse agli investimenti in case e poi in terreni edificativi.
Riassumendo il periodo da noi preso in esame pone in evidenza una grande e sconfortante assenza di cultura economica, di direzione consapevole, di vedute collettive sane, sia nel Governo, sia nel Paese, per quanto,riflette l’economia e la finanza.
Certo non mancarono ammonimenti da parte di pochi più veggenti e più saggi, fra i quali Stefano Iacini. Ma solo la realtà dei mali valse a convincerci degli errori che ne erano stata la causa. Solo l’essere ricaduti, dopo sogni ambiziosi e malsani, ai piedi dell’erta aspra e faticosa, ci aprì gli occhi sulla inanità e leggerezza della condotta seguita per molti anni.
È vero che oggi vedesi la Germania vittima d’una sovra produzione industriale, d’una crisi che colpisce profondamente molti rami della produzione; la Francia, gravata d’un debito immenso, avviata a compromettore, con un bilancio dello Stato eccessivo e sempre crescente, quella floridezza economica generale e diffusa, quella potenza di produzione e di risparmio ristoratore che gli altri Paesi fin qui le invidiavano, attoniti; vediamo l’Impero britannico sciupare ricchezze, forze, prestigio nella guerra Sud-africana, con un’ostinazione degna invero di causa migliore.
Ma gli errori dei Paesi più ricchi e potenti sono magro conforto e certo non costituiscono valida scusa alle Nazioni, che come l’Italia, fornite di risorse tanto minori, poste in presenza di doveri multiformi ed imperiosi di rinnovamento civile ed economico in tanti campi ed in tante regioni, dovrebbero essere tanto più caute, austere e previdenti.
Un altro insegnamento e questo virilmente confortante ci deve dare la crisi attraversata dall’Italia dal 1889 al 1896, ed è l’ammirazione, la fede nella energia del nostro Paese.
Due cose infatti sono a considerare:
La crisi nostra, a differenza della maggior parte dei consimili periodi patologici sopportati dalle altre Nazioni nel secolo XIX, fu accompagnata da gravi avvenimenti politici, quali la malaugurata impresa africana, i moti del 1893-94, il dissesto grave del Bilancio dello Stato, le commozioni d’ordine interno.
In secondo luogo — e su questo non sarà mai a sufficienza richiamata la attenzione pubblica — l’aumento costante e rapido della popolazione costituisce già di per sé solo un gravissimo onero al nostro bilancio economico nazionale, in confronto a quello degli altri Paesi.
L’Italia è nella condizione di una famiglia chiamata ad educare una prole numerosa, a fronteggiare nel tempo stesso molte e gravi esigenze di diversa natura, nonché ad accumulare nuovo capitale per la produzione.
Se malgrado tutto ciò l’Italia ha potuto, come lo dimostra questa sommaria rivista, non solo sanare le piaghe della crisi maturata sin dal 1885-1886 ed infierita sino a cinque anni addietro, ma segnare nuovi sensibili progressi della produzione e del risparmio nazionali, è giustizia riconoscere che il Paese ha più salda fibra di quanto noi stessi si sia generalmente proclivi ad ammettere, combattuti come siamo fra le visioni degli ideali passati e futuri, le lacune e le difficoltà dell’ora presente.
Questo dobbiamo augurarci: che all’energia paziente e tenace, quale si attesta nella massa del Paese, corrisponda per l’avvenire moderazione e saggezza in chi ne dovrebbe indirizzare le sorti: il Governo e le classi dirigenti.
NOTA.
sul calcolo della ricchezza Italiana.
Il calcolo da farsi per valutare la ricchezza privata consiste, secondo le cose dette nel testo, delle seguenti operazioni: 1° risalire dalle tasse riscosse ai varii saggi che colpiscono le successioni e le donazioni a seconda dei gradi di parentela tra gli eredi e il de cuius, o tra il donatario e il donante, mediante semplici proporzioni, al valore sottoposto a tassa; 2° nel sommare i valori sottoposti a tassa di successione con quelli sottoposti a tassa per trasferimento a titolo gratuito fra vivi; 3° nell’accrescere questa somma del 25% a titolo di coefficiente di correzione per ricchezza che sfugge al fisco; 4° nel moltiplicarla per 36, numero degli anni di durata media di una intera generazione.
Ottenuti questi dati, è opportuno ragionare su medie quinquennali, anziché sui valori annuali, per togliere certi elementi di errore, quali una successione straordinaria, una speciale epidemia, ecc., che possono accrescere fuor di luogo le cifre di una determinata annata.
I dati così ottenuti li abbiamo, fino al 1891-92, per opera del Bodio: noi li abbiamo estesi fino al 1900-1901. (Tabella A).
Tabella A. | ||||
Anni | Successioni | Passaggi d’usufrutto | Donazioni | Totale dei valori trasmessi |
Lire | Lire | Lire | Lire | |
1876 | 809.093.900 | 21.295.916 | 133.941.877 | 964.331.693 |
77 | 836.993.600 | 25.314.000 | 205.043.220 | 1.067.380.820 |
78 | 848.098.600 | 28.971.000 | 155.815.670 | 1.033.885.270 |
79 | 781.942.700 | 28.778.200 | 149.634.525 | 960 355.425 |
1880 | 924.722.100 | 32 350.400 | 150.860.278 | 1.107.932.778 |
81 | 880.121.400 | 34.517.000 | 180.961.900 | 1.095.630.300 |
82 | 905.662.600 | 25.740.800 | 181.491.800 | 1.112.895.200 |
83 | 905.338.600 | 29.251.800 | 177.337.400 | 1.171.930.800 |
1884-85 | 977 956.000 | 27.267.400 | 182.309.600 | 1.187.5:13.000 |
1885-86 | 946.647.100 | 40.514.200 | 185.658.400 | 1.172.819.700 |
1886-87 | 1.054.738.800 | 30.576.800 | 177.850.800 | 1.266.166.400 |
1887-88 | 1.061.455.400 | 30.607.000 | 173.963.000 | 1.266.025.400 |
1888-89 | 949.812.393 | 29 866.352 | 164.430.005 | 1.144.139250 |
1889-90 | 1.003.838.881 | 29.958.193 | 162.464.278 | 1.196.261.352 |
1890-91 | 1.021.037 382 | 22.975.866 | 161.965.067 | 1.205.978.315 |
1891-92 | 1.015.908.507 | 29.916.036 | 163.607.342 | 1.209.431.885 |
1892-93 | 1.008.942.208 | 30.347.623 | 162.437.170 | 1.201.727.001 |
1893-94 | 1.069.106.873 | 26.779.217 | 165 011.622 | 1.260.897.712 |
1894-95 | 937.873.769 | 28.755.536 | 171.921.315 | 1.138.550.620 |
1895-96 | 1.009.939.728 | 24.789 475 | 163.782.993 | 1.198.513.196 |
1896-97 | 923.390.232 | 31.243,003 | 160.392.513 | 1.118.025.748 |
1897-98 | 907.434.164 | 32.366.374 | 161.660.087 | 1.101.460.625 |
1898-99 | 926.591.503 | 33.779.608 | 161.694.509 | 1.122.065.710 |
1899-900 | 931.403.443 | 32.425.678 | 172.670.167 | 1.136.199.288 |
1900-901 | 1.014.882.887 | 25.001.107 | 168.028.158 | 1.238.412.142 |
Le tasse di successione e di donazione fino al 1804 furono le seguenti:
Categorie | Successioni | Tasse per 100 lire di valori trasmessi |
A | Successione tra ascendenti e discendenti | 1.44 |
B | » coniugi | 3,90 |
C | » fratelli e sorelle, a favore di istituti di carità e di Società di mutuo soccorso registrate | 6.50 |
D | zii e nipoti, prozii e pronipoti | 7.80 |
E | cugini germani | 10.40 |
F | tra altri parenti e collaterali fino al decimo grado | 11.70 |
G | fra parenti oltre il decimo grado, parenti ed estranei | 13.- |
H | nel casi di adozione | 5.36 |
Per la categoria II, la tassa di 5.36 non è indicata nei dati ufficiali, ma fu dal Bodio calcolata col seguente criterio. Le pubblicazioni ufficiali dicono che le tasse di successione nei casi di adozione sono gravate della metà delle tasse normali che sarebbero dovute senza l’adozione. Fu quindi presa la metà della media aritmetica delle tasse stabilite per i casi di successione senza adozione, ossia dei valori 7.80, 10.40, 11.70 e 13, delle categorie D, E, F e G.
Tassa per i passaggi d’usufrutto, per L. 100 di valore trasmesso: L. 2.40, sulla metà del valore.
Categorie | Donazioni | Tasse per 100 lire di valori trasmessi |
A | Donazioni tra ascendenti e discendenti | 1.56 |
B | tra coniugi | 3.00 |
C | tra fratelli e sorelle, a favore di Istituti di carità e di beneficenza e di Società di mutuo soccorso registrate | 6.50 |
D | tra zii e nipoti, prozii e pronipoti | 7.80 |
E | tra cugini germani |
|
F | tra altri parenti e collaterali lino al decimo grado | 11.70 |
G | parenti oltre il decimo grado, affini ed estranei | 13.- |
H | nei casi di adozione | 5.36 |
I | a contemplazione di matrimonio,esclusi i casi di parentela in linea retta | 4.94 |
K | a favore di Comuni e Provincie, a scopo di beneficenza, istruzione ed igiene | 0.97 |
I valori 5.36, 4.94 e 0.97, non sono dati nelle pubblicazioni ufficiali per le rispettive categorie II, I, K. Da esse si rileva solo che per la categoria II la tassa è la metà delle tasse normali stabilite nel casi senza adozione; fu quindi trovato il 5.36 con lo stesso criterio indicato per le successioni. Anche per la categoria I la tassa è la metà della tassa normale; fu quindi calcolata la metà della media aritmetica delle tasse gravanti le categorie C, D, E, F, G. Per la categoria K, finalmente, l’imposta essendo stabilita in un decimo delle tasse normali (che a seconda dei casi possibili, erano del 6.50% o del 13%) fu preso dal Bodio il decimo della media aritmetica fra queste cifre. Nel prospetto della Direzione generale del Demanio dall’anno 1801-02 in poi le due categorie I e K figurano riunite in una sola cifra. Mancandogli gli elementi per scinderle, il Bodio suppose che le rispettive cifre stessero fra loro nella proporzione delle corrispondenti degli anni precedenti, le quali erano date separatamente per ciascuna delle due categorie. Noi invece abbiamo preferito misurare quella proporzione e allegarla come coefficiente di importanza alla tassa di 0.97, facendo poi la media fra questa e l’altra di 4.94: ne è venuta una tassa media di 3.05, che è assai prossima a quella di 3.36 adottata dal Pantaleoni. Del resto, si adotti l’un sistema o l’altro, gli scarti nei risultati sono insignificanti.
Con la legge 22 luglio 1804, D. 300, le tasse si modificarono cosi :
Categorie | Successioni | Tasse per 100 lire di valori trasmessi |
A | Successioni tra ascendenti e discendenti | 1.60 |
B | tra coniugi | 4.50 |
C | tra fratelli e sorelle, | 7.- |
D | a favore di Istituti di carità e di beneficenza e di Società di mutuo soccorso registrate | 5.- |
E | tra zii e nipoti, prozii e pronipoti | 8.50 |
F | tra cugini germani | 12.- |
G | tra altri parenti e collaterali fino al decimo grado | 13.- |
H | tra parenti oltre il decimo grado, affini ed estranei | 15.- |
I | nei casi di adozione | 6.06 |
Tassa per i passaggi d’usufrutto, per 100 lire di valore trasmesse L. 3 sulla metà del valore.
Categorie | Donazioni | Tasse per 100 lire di valori trasmessi |
A | Donazioni tra ascendenti e discendenti | 1.60 |
B | tra coniugi | 4.50 |
C | tra fratelli e sorelle, a favore di Istituti di carità e di beneficenza e di Società di mutuo soccorso registrate | 7.- |
D | tra zii e nipoti, prozii e pronipoti | 5.- |
E | tra cugini germani | 8.50 |
F | tra altri parenti e collaterali lino al decimo grado | 12.- |
G | parenti oltre il decimo grado, affini ed estranei | 13.- |
H | nei casi di adozione | 15.- |
I | a contemplazione di matrimonio,fatto da persone diverse degli ascendenti o discendenti degli sposi e a favore di Provincie e Comuni, a scopo di beneficenza, istruzione e igiene | 3.50 |
L | nei casi di adozione | 6.06 |
Eseguendo ora le operazioni, indicato anteriormente, sulla tabella A, si ha, per le medie quinquennali, il seguente ammontare della ricchezza privata (tabella B).
Tavola B. | |||||
Anni | Totale dei valori trasmessi | Aggiunta del 25% per le mancate denunzie | Totale | Prodotto della moltiplicazione per 36 delle cifre della colonna precedente | Medie quinquennali |
1876 77 78 79 1880 81 82 80 84-85 85-86 87-88 88-89 90-91 91-92 92-93 93-94 94-95 95-96 97-98 98-99 99-900 | 961.331.093 1.007.380.820 1.033.885.270 960.355.425 1.107.932.778 1.005.030.300 1.112.895.200 1.171.930.800 1.187.533.000 1.172.819.700 1.203.100.400 1.200.025.400 1.144.139.250 1.190.201.352 1.205.978.315 1.209.431.885 1.201.727.001 1.200.897.712 1.138.550.020 1.198.513.190 1.118.025.748 1.101.400.025 1.122.005.710 1.130.199.288 1.238.412.142 | 241.082.923 260.845.205 258.471.818 240.088.850 270.983.105 273.907.575 278.223.800 262.982.700 290.883.250 293.204.025 315.001.000 316.500.350 280.034.813 290.065.338 301.494.578 302.357.971 300.431.750 315.224.428 284.037.655 209.028.290 279.500.437 275.305.156 280.516.427 284.049.822 309.003.035 | 1.205.414.016 1.334.220.025 1.202.350.588 1.200.441.281 1.381.915.973 1.309.537.875 1.391.119.000 1.404.913.500 1.484.410.260 1.4*4.024.625 1.578.858.000 1.582.531.750 1.430.174.063 1.495.320.090 1.507.472.893 1.511.789.850 1.502.158.750 1.570.122.140 1.423.188.275 1.498.141.495 1.397.532.185 1.370.825.781 1.402 582.137 1.420.219.110 1.548.015.177 | 43.304.926.176 48.032.130.900 40.524.837.108 43.215.994.110 49.850.975.028 49.303.303.500 50.080.284.000 52.736.880.000 53.438.980.000 52.776.880.500 50.838.888.000 50.971.143.000 51.480.200.268 53.831.700.840 54.209.024.148 54.424.434.810 54.077.715.000 56.740.397.040 51.234.777.700 53.933.093.820 50.311.158.660 49.565.728.116 50.492.956.932 51.128.907.960 55.728.740.872 |
46.204.973.878
51.067.241.200
54,679.416.451
54.082.083.075
51.445.594.008 . |