Statistiche elettorali
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 03/03/1897
Statistiche elettorali
«La Stampa», 3 marzo 1897
Le elezioni generali politiche prossime rendono di attualità vivissima l’indagine della composizione del corpo elettorale. i progetti di modificazione del suffragio amministrativo e politico fanno sorgere la domanda: in quale proporzione gli aventi diritto al voto partecipano alle elezioni? Sono maggiormente inclini a votare gli elettori per capacità o gli elettori per censo?
La solerte Direzione generale della statistica italiana, la quale avea già pubblicato tredici giorni dopo le elezioni generali del 26 maggio e 2 giugno 1895 la statistica generale dei loro risultati, ha compiuto da pochissimi giorni novelle indagini su quell’importante avvenimento. Spigoliamo dall’interessate ed opportuno documento alcune cifre, le quali possono giovare a formarsi un concetto dell’elettore medio italiano. Il numero degli elettori era nel 1895 di 2,159,214; di essi 39,029, ossia l’1,81 per cento, erano temporaneamente privati del diritto di voto: cosicché elettori effettivi erano solo 2,120,185, ossia il 6,86 per cento abitanti. La Lombardia con 358.000 vantava il numero assoluto massimo di elettori; veniva subito dopo il Piemonte con 342.000, superiore però alla prima nel numero relativo di elettori (10,36 di fronte ad 8,95 per cento degli abitanti).
Al basso della scala per numero assolto trovavasi la Basilicata con 21,000 elettori, ossia il 3,90 per cento della popolazione. La Sicilia però con 124,000 elettori aveva un numero relativo ancora minore di elettori, cioè solo 3,63 per cento abitanti. La graduazione nel numero relativo degli elettori corrisponde abbastanza bene alla scala discendente nella cultura e nella ricchezza delle varie regioni italiane.
La destinazione degli iscritti per capacità ed iscritti per censo ha solo un valore relativo, perché le persone aventi diritto all’elettorato per più titoli si fanno iscrivere ad arbitrio all’una od all’altra categoria. Ad ogni modo su 2,120,185 elettori, 1,635,352, ossia il 77,13% erano iscritti per capacità e 484,833, cioè il 22,87 per cento erano iscritti per censo. Fra gli elettori iscritti per capacità la percentuale massima è data col 20,46 da coloro che superarono l’esperimento finale del corso obbligatorio o della seconda classe elementare. Seguono col 17,86 per cento i soldati in congedo col certificato favorevole delle scuole reggimentali, col 16,68 per cento i cittadini che scrissero di proprio pugno davanti a notaio la domanda d’iscrizione nelle liste.
Con enorme salto vengono dopo i consiglieri, direttori di Banche, Opere pie col 5,08 i laureati e professionisti, col 4,47, impiegati col 3,66, i professori, sacerdoti e maestri col 3,32; i licenziati dal ginnasio, liceo e scuole tecniche col 2,92, gli ufficiali e sottufficiali coll’1,37 per cento. Agli elettori per capacità apportano finalmente un contingente trascurabile i membri delle Accademie, Camere di commercio e Comizi Agrari col 0,07, i decorati di ordini equestri col 0,12 delle medaglie al valore civile e militare col 0,16, e delle medaglie dei Mille o delle battaglie nazionali col 0,16.
Nella categoria degli elettori per censo il 20,86 per cento è dato dai contribuenti per imposte dirette che non pagano meno di lire 19,80 l’anno; frazioni trascurabili sono date dagli affittuari e dai coloni di fondi rustici.
Le cifre ora esposte hanno una grande importanza nel giudizio eventuale che si voglia fare sulle proposte di riforma al diritto elettorale. Il 55 per cento degli elettori è composto da persone che hanno una istruzione non superiore alla elementare; poco più del 22 per cento dai censiti; e solo il residuo 23 per cento da persone che si presuppone abbiano una coltura superiore alla elementare. Si comprende perciò come l’istituto del voto plurale che molti vorrebbero, ad imitazione del Belgio, trapiantare in Italia, debba necessariamente adattarsi alle condizioni di un ambiente profondamente diverso.
La difficoltà maggiore consiste nel trovare realmente le categorie di elettori cui si possa onestamente attribuire un voto plurimo. Le statistiche che stiamo esaminando ci presentano infatti alcuni fenomeni curiosi e strani riguardo alla distribuzione degli elettori per capacità e per censo nelle varie provincie italiane. La provincia di Torino, la quale ha fama di essere fra le più colte meno illetterate parti d’Italia, presenta la percentuale minima di elettori per capacità e la massima di elettori per censo. Alcune provincie meridionali, in cui notoriamente vive il massimo numero di illetterati, danno una percentuale altissima agli elettori per capacità; ad esempio Trapani coll’82, Teramo pure coll’82, la Sicilia e la Sardegna col 77 per cento.
Benché questo possa dipendere dalla povertà delle regioni meridionali, che assottiglia il numero degli elettori per censo e dà la preponderanza agli elettori per capacità, chiaro appare che una legge uniforme elettorale per l’Italia dà ora e potrà dare anche dopo una riforma risultati disparatissimi e fra di loro disformi.
I votanti nel 1895 furono 1,251,366 ossia il 59,02% degli elettori iscritti. L’affluenza massima alle urne si ebbe nelle Puglie col 72,62; seguono la Campania col 72,46; le Calabrie col 71,29; gli Abruzzi e Molise col 69,98; la Sicilia col 69,73; la Sardegna col 66,55 e la Basilicata col 65,36. L’affluenza minima si ebbe nell’Emilia col 59,30, nel Piemonte col 57,87, nella Lombardia col 50,34, nel Veneto col 47,24 e nella Liguria col 46,90. Evvi dunque una distinzione nettissima e profonda fra il settentrione ed il mezzogiorno d’Italia.
Quanto più dalle regioni meridionali dell’Italia si ascende verso il settentrione, tanto più scema l’ardore e l’interessamento per le elezioni politiche. Senza volere menomamente collegare i due fenomeni con relazioni di causa ad effetto, è certissimo che la affluenza alle urne varia in ragione inversa della latitudine e diretta della temperatura.
Se esaminiamo il concorso alle urne a seconda delle categorie di elettori, si vede che la percentuale massima del 67,02 per cento è data dai consiglieri conciliatori, direttori di Banche e di Casse di risparmio; vengono poi i decorati al valor civile e militare col 62,26 per cento; della medaglia dei mille o delle battaglie per l’indipendenza col 61,78. Votarono pure in gran copia i laureati col 61,38 per cento; i cittadini che scrissero di proprio pugno davanti a notaio la domanda di iscrizione nelle liste col 60,76; i membri di ordini equestri nella proporzione del 60,51 per cento; i contribuenti alle imposte dirette per non meno di 19 80 lire col 60,37. Le masse elettorali, ossia i soldati in congedo ed i licenziati delle scuole elementari concorsero alle urne nella proporzione rispettiva del 59 e del 58 per cento.
I più tiepidi nell’adempimento del loro dovere elettorale furono i membri delle Accademie, delle Camere di commercio e dei Comizi Agrari col 52,37 per cento, e gli ufficiali ed i sottufficiali col 49,24; i professori, maestri, insegnanti e sacerdoti si addimostrarono apparentemente i più avversi alle gare politiche e manifestarono la loro ripugnanza al voto col servirsi del loro diritto nella infima proporzione del 40,56 per cento. L’astensione imposta dall’Autorità ecclesiastica al clero ha esercitato qui una influenza grandissima; non sembra però che l’influenza abbia molto irraggiato al di là della ristretta classe dei sacerdoti, perché gli elettori censiti, i licenziati dalle scuole elementari ed i soldati in congedo, che formano la gran massa del Corpo elettorale, intervennero alle urne con sufficiente solerzia.
Negli strati popolari il massimo dei votanti ci è dato da coloro che si servirono del famoso articolo 100 per acquistare il diritto al voto mediante semplice scritturazione davanti a notaio della domanda di iscrizione nelle liste.
Le cifre che abbiamo ora ricordate ci dimostrano parecchie cose e parecchie relazioni curiose ed interessanti; le nuove elezioni imminenti ci diranno se dopo il 1895 siano cambiate le disposizioni e gli umori del corpo elettorale. L’esperienza passata insegna in modo evidentissimo quanto lungo sia ancora il cammino da percorrersi e quanto faticosa la educazione e l’infiltrazione lenta nelle masse, perché gli elettori si convincano della importanza del loro diritto ed imparino a servirsene convenientemente.