Opera Omnia Luigi Einaudi

Le nuove ferrovie

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 15/02/1908

Le nuove ferrovie

«Corriere della sera», 15 marzo 1908

 

 

 

Il vasto programma ferroviario annunciato alla Camera nella seduta di giovedì dall’on. Bertolini non può essere giudicato fugacemente: troppo gravi e numerosi sono i problemi tecnici, economici, amministrativi e sociali che esso affronta e che dovrebbero essere discussi ad uno ad uno.

 

 

Abile fu certamente l’on. Bertolini nella parte sociale del suo discorso; poiché l’annuncio di non lievi miglioramenti al personale delle ferrovie di Stato giova a dimostrare che il Governo non ha voluto aspettare la pressione del memoriale dei ferrovieri organizzati per prendere quei provvedimenti che giustizia e convenienza dimostravano opportuni; ed è a lodarsi pure il proposito di creare uno stato economico speciale pei ferrovieri delle linee secondarie anche se esercitate dallo Stato. Il nuovo ordinamento, mentre risponde a giustizia, gioverà a mettere un freno alle richieste troppo numerose di passaggio di ferrovie secondarie all’esercizio di Stato, richieste da null’altro mosse fuorché dalla speranza nutrita dai ferrovieri di veder migliorate le proprie paghe.

 

 

La riforma nell’ordinamento amministrativo delle ferrovie di Stato risponde a concetti altra volta esposti da competentissimi tecnici su queste colonne: necessità di raggruppare i troppo numerosi servizi centrali nei tre grandi rami del movimento, della trazione e della manutenzione e opportunità di toglier via tutto quel che di esuberante e di ingombrante si era andato in due anni sviluppando nell’organo intermedio delle direzioni compartimentali.

 

 

L’esperienza dirà se l’ordinamento collegiale dato a queste direzioni non sia ancora troppo farraginoso; e se la figura del capo di compartimento, ridotto quasi a presidente di un collegio non deliberativo o consultivo ma esecutivo, non sia per riuscire inutile e quasi decorativa. Ma di questi e di altri problemi si potrà ragionare in seguito con calma. Oggi il problema che più interessa e che è stato portato solennemente dinanzi all’opinione pubblica dal discorso dell’on. Bertolini è quello delle nuove comunicazioni ferroviarie.

 

 

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Diciamo subito che il programma nelle sue linee generali ci è piaciuto perché – ed ha fatto male il ministro dei lavori pubblici a non insistere vivamente su questo concetto – esso è un programma sovratutto nazionale. È grato a noi, che scriviamo nell’alta Italia, l’affermare che l’esecuzione delle direttissime Roma-Napoli, Bologna-Firenze e Genova-Milano risponde sovratutto al grande interesse nazionale di avvicinare le diverse regioni italiane, pur troppo disgiunte dalla disgraziata configurazione naturale del nostro Paese. Noi non possiamo discutere nei particolari suoi la convenienza delle proposte che sono state annunciate a pro delle regioni meridionali: ma supponiamo che esse obbediscono al concetto di creare le vie per le quali i prodotti di tutte le regioni interne vengano incanalati facilmente ed a costi ridotti verso i punti di concentrazione commerciale.

 

 

Di qui le derrate che non saranno destinate al consumo locale, ed i viaggiatori troveranno due grandi linee litoranee ed una linea interna pianeggianti e facili che li condurranno verso il nord e che dal nord condurranno verso il sud una corrente contraria di merci e di viaggiatori; la direttissima Napoli-Roma-Pisa-Genova-Milano-Torino, la litoranea Lecce-Bari-Ancona-Bologna e la interna Roma-Firenze-Bologna. Attualmente le linee mediterranea e toscana sono rese di esercizio difficile dall’esistenza di tratti frequenti a binario unico, di curve ristrette, di armamenti deboli, di forti pendenze. L’Appenino si erge come un baluardo formidabile a separare dal punto di vista ferroviario l’Italia settentrionale da quella media e meridionale. L’annuncio del completamento della direttissima Roma-Napoli tutta a doppio binario, della costruzione della direttissima Bologna-Firenze, che abolirà la strozzatura della Porretta, della posa del doppio binario da Montalto a Grosseto ed a Pisa e dalla Spezia a Genova, della costruzione della grande galleria di valico dell’Appennino sopra Genova e dell’Arquata-Tortona è annuncio gradito, il quale prova essere oramai entrata nel convincimento di tutti la necessità urgente di una sistemazione ferroviaria che annulli – per quanto è possibile – l’ostacolo delle montagne e dei colli che sono la bellezza d’Italia, ma sono nel tempo stesso l’ostacolo maggiore alla sua unificazione economica.

 

 

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Se questo programma nazionale piace, dubbi ragionevoli sorgono rispetto ai particolari della sua attuazione. L’on. Bertolini ha insistito assai su un punto per lui essenziale: che debba essere consentita la costruzione di nuove linee quando queste siano destinate a smaltire un nuovo traffico e debba essere rifiutata quando esse sposterebbero soltanto il traffico esistente. Ed ha perciò accolto la direttissima Firenze-Bologna, dove il traffico supera le 80 mila lire al chilometro, la Arquata-Tortona, dove il traffico supera le 260 mila lire: ed ha respinto la Savona-Cartosio-Torino, e la Oneglia-Ormea-Ceva le quali servirebbero solo a spostare un traffico che raggiunge sulla esistente Savona-Torino le 40 mila lire a chilometro. Il principio è giusto in tesi generale; poiché è assurdo sprecare capitali nella costruzione di nuove linee laddove bastano le esistenti, ed ancor più assurdo sarebbe concedere le linee concorrenti a capitalisti privati che farebbero concorrenza allo Stato; ma deve essere contemperato con un altro, che certo è stato tenuto presente in tutte le proposte di ferrovie nuove od almeno impianti nuovi anche dove il traffico non esiste quando vi sia fondata speranza di farlo sorgere per mezzo appunto della ferrovia. Il contegno dei deputati piemontesi, a cui terranno dietro senza dubbio le vivaci proteste dell’opinione pubblica del Piemonte e della Liguria occidentale, deve aver già dimostrato al Governo che esso non ha avuto in questo punto un chiaro concetto della gravità del problema. Si, è vero; i piemontesi chiedono – ed è stata questa la loro disgrazia – troppe cose nello stesso tempo, invece di affermarsi solennemente su un punto solo per volta del loro programma ferroviario; il progetto della Savona-Cartosio-Torino non è tecnica ammissibile, almeno a parere della Commissione Adamoli, la quale ne sconsigliava l’attuazione immediata: il progetto della Oneglia-Ceva risponde ad un concetto antieconomico – ed anche questo è stato detto dalla Commissione Adamoli – quale è quello di creare un nuovo grande porto vicino a quello di Savona che non è giunto all’estremo della sua potenzialità. Ma è verissimo del pari (e il Piemonte è sicuro di avere nelle sue proposte la solidarietà piena della Lombardia e di tutta l’alta Italia) che la ferrovia Savona-Torino è assolutamente inadeguata al più meschino servizio di merci e di viaggiatori. Essa ha un traffico di sole 40 mila lire per km.; ma chi sa dirci quanti ne avrebbe di più se essa non avesse pendenze fortissime, curve ristrette, gallerie di ardua ventilazione? Una buona linea creerebbe indubbiamente un traffico assai maggiore, a meno di supporre inesistente la più concorde esperienza del passato. Invece l’on. Bertolini ha promesso soltanto il doppio binario da Torino a Carmagnola e in seguito a Ceva, la trazione elettrica da Savona a San Giuseppe e la eventuale molto lontana costruzione di una nuova linea merci Savona – San Giuseppe. Meglio avrebbe fatto a seguire senz’altro i consigli della Commissione Adamoli ed a promettere l’impianto immediato della trazione elettrica da Savona sino addirittura a Ceva e di funicolari aeree pei carboni da Savona a San Giuseppe, insieme con provvedimenti radicali per migliorare il difettoso impianto dell’intera linea. Questi più energici provvedimenti dovrebbero portare i loro frutti naturali di un cresciuto traffico; e se questo rapidamente aumentasse e la linea rifatta Savona-Torino si dimostrasse ancora insufficiente, il Governo non potrebbe più resistere ai giusti voti di Torino per un miglior congiungimento con Savona. Né, se la pressione dell’opinione pubblica sarà abbastanza forte, sarà assurdo sperare che si aprano contemporaneamente al traffico la direttissima Genova-Arquata (per cui si prevedono non meno di 10 anni di tempo per la grande galleria di valico) e la nuova comunicazione di Torino col mare, qualunque essa sia, o la vecchia linea completamente rifatta, come vorrebbero molti in provincia di Cuneo, o la Torino-Alba-Ceva, come desidererebbe la ricca regione albese, o la Torino-Cartosio-Savona. Del qual risultato, che permetterebbe di avviare nel cuore del Piemonte a basso costo il carbone e le altre merci facenti scalo a Savona, sarebbe lietissima Milano, la quale vedrebbe assicurata una più facile agibilità del porto di Genova e dei valichi dei Giovi, meno ingombri di merci dirette alla industriosa capitale del Piemonte.

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