La questione delle ferrovie piemontesi. Le comunicazioni fra Torino e il mare. L’assurdità della nuova soluzione
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/07/1909
La questione delle ferrovie piemontesi. Le comunicazioni fra Torino e il mare. L’assurdità della nuova soluzione
«Corriere della sera», 1 luglio 1909
La variazione, in apparenza piccola, che il ministro dei lavori pubblici ha fatto all’articolo della legge del 1908 riflettente le comunicazioni fra Torino e Savona ha avuto nel Piemonte una varia e larga eco di commenti. I deputati dei diversi collegi interessati si sono fatti eco alla Camera e fuori dei sentimenti di meraviglia e di malcontento gli uni e di soddisfare gli altri, che la notizia delle proposte governative ha suscitato nelle popolazioni da essi rappresentate. Giova subito dire che il malcontento è assai maggiore della soddisfazione: e sia lecito a chi scrive – il quale, pure appartenendo ad una delle regioni interessate, non copre né ha desiderio di coprire in essa alcuna di quelle pubbliche cariche che rendono gli uomini spesso incapaci di scernere e volere il vantaggio generale in confronto ai vantaggi particolari minori – affermare recisamente che il malcontento è giustificatissimo e che male ha provveduto agli interessi generali del Piemonte la Camera, non insorgendo energicamente contro la soluzione improvvisa e non studiata proposta dal Governo.
La questione è grave. La città di Torino ha imperioso bisogno di essere unita al mare ed al suo porto naturale, Savona, con una linea, che abbia i requisiti delle direttissime e possa soddisfare a tutte quelle esigenze del traffico dei viaggiatori e delle merci a cui soddisfano le direttissime.
Torino che ebbe in passato molta pazienza ferroviaria, può magari aspettare ancora qualche anno prima di conseguire il fine suo e può anche volere una soluzione che cagioni il minimo dispendio allo Stato, utilizzando nei limiti del possibile le linee esistenti; ma sempre una soluzione tale che risolva bene e definitivamente il problema. Questo fine di avvicinare Torino al mare non è soltanto un fine particolare, di interesse cittadino o regionale; è un vero grande interesse nazionale, come la direttissima Milano-Genova. È l’avvenire della industria e del commercio subalpini che dipendono in notevolissima parte da una efficace soluzione data al problema gravissimo.
L’attuale linea Torino-Bra-Ceva-San Giuseppe-Savona, che nella cartina qui riprodotta è segnata con linea nera marcata è quella che vorrebbe adempiere allo scopo di congiungere Torino al mare. Ma vi adempie malissimo; perché ha una lunghezza effettiva di km. 144.2 con una quota massima di 515 metri e una minima di 207 metri, con salite e discese continue, con una pendenza massima del 25 per mille, con curve strettissime. È una vera linea a montagne russe, su cui il traffico non si può svolgere se non con difficoltà e con costo altissimi.
Che le cose non possano continuar così, è ammesso da tutti ed anche dal Governo. Due vie si potevano seguire: l’una che si può chiamare programma minimo, consistente nel trovare qualche spediente temporaneo, che permettesse di sfogare provvisoriamente il traffico, e l’altra che potrebbe dirsi di programma massimo, consistente nel costruire una linea, o totalmente o parzialmente nuova, la quale fosse una vera direttissima e fosse quella soluzione definitiva a cui Torino e il Piemonte hanno diritto.
Il programma minimo sarebbe stato, ad es. quello patrocinato con tanto zelo dall’on. Maggiorino Ferraris, il quale voleva la costruzione di un breve tratto di ferrovia fra Ponti e Santo Stefano, lungo 14 chilometri, del costo di 9 milioni, costruibile in soli tre anni. Sulla cartina non sono segnate, per chiarezza, le linee Acqui-Savona e Bra-Nizza che il tratto Ponti-Santo Stefano servirebbe a raccordare. Basti il dire che il breve raccordo potrebbe in avvenire essere incorporato in una delle progettate direttissime (non la migliore però), quella Torino-Chieri-S. Damiano-Santo Stefano-Ponti-Cartosio-Savona, e, nel caso che fosse questa la direttissima scelta, non sarebbe stato denaro sprecato quello impiegato a costruirlo. E può aggiungersi che, anche astrazion fatta dalla direttissima per Cartosio provvisoriamente il raccordo Ponti-Santo Stefano veniva a permettere alle merci di giungere da Savona a Torino su ferrovie locali, non segnate sulla cartina, ma già esistenti, e definitivamente poi sarebbe stato pur sempre un complemento utile del sistema ferroviario piemontese. Queste considerazioni erano parse l’anno scorso buone al Governo ed al Parlamento, sicché erano stati appunto stanziati 9 milioni per eseguire un raccordo fra le linee Acqui-Savona e Bra-Nizza.
Improvvisamente ora l’on. Bertolini, ha mutato parere. Il raccordo non si deve più fare. Forse per adottare una soluzione definitiva, per passare dal programma minimo al programma massimo? Se a questo risultato fosse venuto il Governo, Torino, Savona ed il Piemonte avrebbero dovuto essergliene gratissimi. Invece no; la soluzione scelta è sempre di quelle del programma minimo; e per giunta pregiudica gravemente l’avvenire e sarà un ostacolo forse insormontabile alla costruzione di una vera direttissima. Basta guardar la carta per esserne persuasi. Il Governo ha deciso di prolungare la linea esistente Torino-Carmagnola-Fossano sino a Mondovì e Ceva ed a innestarla sulla esistente Ceva-Savona. Altro che direttissima! La linea Torino-Bra-Savona attuale misura km. 144.2; la futura direttissima ne misurerà invece 158. Come mai una soluzione siffattamente irrazionale sia stata decisa dal Governo non si può spiegare con ragioni tecnico-economiche. I più, nella provincia di Cuneo, che è attraversata dalla linea attuale Bra-Savona e dalla futura Fossano-Mondovì-Ceva-Savona, dicono che i motivi sono unicamente politici o, per meglio dire, si possono riassumere nell’affetto vivo che il Presidente del Consiglio ha per le sue terre, e nel desiderio di far cosa grata ai deputati di Fossano, Mondovì, Ceva e d’altri collegi finitimi, suoi fidatissimi seguaci. La quale universale persuasione sarebbe suffragata dalla povertà di argomenti tecnici ed economici che l’on. Bertolini ha addotto a difesa della sua tesi.
In sostanza egli ha detto: che il percorso fra Torino e Savona, che pei treni diretti è di 3 ore e 10 minuti passando per l’attuale Bra-Ceva, diventerebbe di 2 ore e 50 minuti passando per la Fossano-Mondovì-Ceva; e che il costo di quest’ultima sarebbe soltanto di 65 milioni, in confronto dei 120 milioni necessari per raddoppiare il binario sull’attuale Bra-Ceva, dei 126 milioni necessari per costrurre la Bra-Dogliani-Monesiglio-Cairo-Savona (linea segnata sulla cartina con crocette) e dei 140 milioni della Torino-Chieri-Cartosio-Savona. Ora è certo che il costrurre una direttissima completamente nuova (di cui sarebbero esempio le due segnate sulla carta per Chieri-Cartosio o per Alba) costa parecchio di più che il costrurre il rabberciamento Fossano-Mondovì-Ceva. Ma due quesiti dovea porsi e risolvere il Governo: 1) val meglio spender 65 milioni per prolungare il percorso con un giro vizioso per Fossano e Mondovì, lasciando sussistere la linea attuale nella sua parte più difficile che è la Ceva-Savona od è invece meglio spendere 120 o anche 140 milioni per costrurre una vera direttissima, adatta al grande traffico? Sembra ragionevole dire che i 65 milioni saranno sprecati, mentre i 120 sarebbero impiegati utilmente; 2) perché il Governo trascurò di tener conto di una variante alla attuale linea Bra-Savona che da tempo gli era stata messa innanzi e che avrebbe il vantaggio insigne di permettere una soluzione provvisoria efficace, e di essere l’avviamento ad una soluzione definitiva buona? Voglio accennare alla variante Monchiero-Dogliani-Monesiglio-Cairo-Savona. Il lettore può d’un tratto dalla cartina rilevare i vantaggi di questa variante, la quale si staccherebbe a Monchiero dalla linea attualmente in esercizio e toccando Dogliani, Monesiglio e Cairo raggiungerebbe Savona con pendenze miti e breve percorso. Il ministro se n’é sbrigato dicendo che sarebbe costata 120 milioni; e il Parlamento non ha studiato la questione meglio del ministro e della Giunta del Bilancio che, con acquiescenza incredibile, accettò ad occhi chiusi i calcoli del ministro.
Un confronto più attendibile sarebbe il seguente:
- Linea Fossano-Mondovì-Ceva-Savona voluta dal Governo: Torino-Savona Km. 64 esistenti.
- Fossano-Ceva km. 39 da costruire.
- Ceva-S. Giuseppe km. 25 esistenti con pendenza del 25 per mille.
- S. Giuseppe-Savona km. 30 da costruire con pendenza dell’11 per mille.
Lungh. comples. Km. 158 di cui Km. 69 da costruire.
- Linea Monchiero-Dogliani-Cairo-Savona: Torino-Monchiero Km. 67 esistenti.
- Monchiero-Cairo km. 37 da costruire.
- Cairo-Savona km. 31 da costruire con pendenza dell’11 per mille.
Lungh. compless. Km. 133 di cui 68 da costruire.
Come si può affermare che i 69 km. di linea nuova della Fossano-Mondovì-Ceva costino 65 milioni di lire ed i 68 della Monchiero-Dogliani-Ceva-Savona costino invece 120? La lunghezza reale della Monchiero-Dogliani-Cairo-Savona sarebbe più breve di 23 km. e la virtuale di 100 km. della linea scelta dal Governo, con un grande vantaggio per l’esercizio. Il tempo richiesto per il tragitto Torino-Savona colla linea governativa sarà ridotto a 2 ore e 50 minuti; ma con la Monchiero-Savona sarebbe ridotto a 2 ore.
E finalmente: la Fossano-Mondovì-Ceva non solo non è una direttissima ma è un prolungamento di una linea già lunga; la variante per Monchiero-Dogliani ridurrebbe fin d’ora il percorso da 144 a 135 km. e preparerebbe l’attuazione della direttissima Torino-Savona, perché sistemando in avvenire il tratto Bra-Monchiero e correggendo il giro di Troffarello-Carmagnola, col raccorciamento per Carignano si verrebbe ad ottenere una linea che presenterebbe buonissime condizioni di tracciato planimetrico ed altimetrico, quelle condizioni cioè che si richiedono per le direttissime.
Qui non si dice che il Parlamento dovesse approvare senz’altro una soluzione piuttosto che un’altra. Ma si afferma soltanto che si doveva respingere la soluzione governativa, che è una soluzione politica e non economica, che pregiudicherà in modo irreparabile l’avvicinamento di Torino al mare; e si doveva studiare sul serio fra le molte proposte quella da attuare nell’interesse generale. Purtroppo a Torino per voler troppo ed accettar tutto, si è finito per non avere un chiaro e studiato programma ferroviario, dando così agio al Governo di favorire soltanto interessi particolari.
La iattura è grave; e le proteste di Torino e del Piemonte saranno certo seguite dall’opinione pubblica nazionale con simpatia vivissima.