L’esposizione finanziaria del min. Carcano alla camera
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 12/12/1908
L’esposizione finanziaria del min. Carcano alla camera
«Corriere della sera», 12 dicembre 1908
L’avanzo 1907-1908 e gli avanzi previsti – I progressi del paese – Il nuovo titolo ferroviario – Gli aumenti di spese – Prossima riduzione della tariffa telegrafica – Il dazio sul grano (Servizio particolare del «Corriere della Sera») Quella dell’on. Carcano non è una «grande esposizione finanziaria», di quelle che sono aspettate con interesse e che colpiscono per la vastità della sintesi o per la importanza dei provvedimenti annunziati. Ma è dubbio che si sentisse il bisogno di una esposizione così fatta nel momento attuale, grave di non risoluti problemi di politica internazionale e poco adatto alle audacie economiche e finanziarie; cosicché noi vorremmo piuttosto dare lode al ministro del tesoro di essersi mantenuto sobrio nel promettere e modesto nei propositi.
Il proposito più fermo dell’on. Carcano, che più di ogni altro trapela da ogni frase del suo discorso, è anzi quello di frenare gli slanci altrui nel votare spese nuove e nel deliberare sgravi di imposte. Ma le cifre da lui citate sono degne di attenta meditazione. Noi abbiamo voluto rileggere le esposizioni che l’attuale ministro e il suo predecessore, on. Majorana, pronunziavano nelle tornate del 7 dicembre 1907 e del 4 dicembre 1906, e il confronto suggestivo che qui sotto vogliamo riprodurre non è certo atto a sminuir forza agli avvertimenti ministeriali di prudenza. Come è noto, in questa occasione i ministri del tesoro presentano e commentano tre documenti finanziari importantissimi; il conto consuntivo dell’esercizio finito al 30 giugno, il bilancio di assestamento dell’esercizio in corso, il bilancio di previsione dell’esercizio futuro, che comincerà coll’1 luglio dell’anno successivo. Questi tre documenti culminano in una cifra; quella dell’avanzo o del disavanzo verificatosi nell’esercizio passato; o previsto per l’esercizio corrente o futuro. Questa cifra, suprema sintesi di documenti contabili complicatissimi e voluminosi, rispecchia, all’incirca e approssimativamente, la situazione finanziaria dello Stato. Ebbene, ecco le cifre dell’avanzo constatato o previsto nelle tre ultime esposizioni finanziarie.
ESPOSIZIONE MAJORANA DEL 4 DICEMBRE 1906:
- Consuntivo 1905-906, L. 62.995.087
- Assestamento 1906-907, L. 30.000.000
- Previsione 1907-908, L. 55.663.130.
ESPOSIZIONE CARCANO DEL 7 DICEMBRE 1907:
- Consuntivo 1906-907, L. 86.846.101
- Assestamento 1907-908, L. 29.268.932
- Previsione 1908-909, L. 25.904.300.
ESPOSIZIONE CARCANO DELL’11 DICEMBRE 1908:
- Consuntivo 1907-908, L. 36.547.757
- Assestamento 1908-909, L. 3.092.632
- Previsione 1909-910, L. 5.451.043.
I dati non sono in tutto comparabili, benché si sia fatto il possibile per renderli tali, eliminando talune partite perturbatrici, come i prelievi dagli utili in cassa dell’esercizio 1905-906 agli effetti dei nuovi disegni di legge; ma indubbiamente il confronto non è tale da spingere alacremente sulla via di una finanza facile. È vero che il ministro del tesoro dichiara di avere serbata «la maggiore prudenza nella stima delle entrate anche come fondi di riserva per i bisogni nuovi»; ma dichiarazioni eguali, forse più esplicite, egli aveva fatte l’anno scorso, ripetendo quelle anteriori dell’on. Majorana. Cosicché una conclusione si impone: gli avanzi sono diminuiti nel 1907-908 in confronto ai due avanzi precedenti, e più si teme abbiano a diminuire in avvenire.
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Una delle cagioni precipue di questa diminuzione l’on. Carcano l’addita negli effetti degli organici e degli stipendi migliorati dei funzionari pubblici: ai 62 milioni di lire di maggiori spese segnalate nella esposizione finanziaria del dicembre 1906 si aggiunsero nei due ultimi anni ben 53 altri milioni. In un momento in cui gli avanzi di bilancio minacciano di ridursi per evanescente diminuzione, avrebbero torto i funzionari a non riconoscere la grandezza dei sacrifici sopportati dallo Stato, ossia dai contribuenti, per migliorare le loro sorti; e a non dare, con raddoppiata lena, opera al buon funzionamento di tutti i servizi pubblici.
L’altra grave incognita delle nostre finanze è l’azienda ferroviaria. I provvedimenti contabili escogitati dall’on. Bertolini dovranno essere oggetto di attento esame, inteso ad evitare che si migliori solo l’apparenza e non la sostanza del bilancio ferroviario. Ma un provvedimento si imponeva: liberare la Cassa Depositi e Prestiti dalle assorbenti domande di capitali per spese ferroviarie che la mettevano nell’impossibilità di provvedere agli antichi suoi fini di banchiera degli enti locali. Per poco che si fosse continuato nel sistema odierno, avremmo assistito a una emissione da parte di provincie e comuni, non più assistiti dalla fida Cassa. E poiché, per il loro più ristretto mercato e per il minor credito degli enti emittenti, questi prestiti avrebbero dovuto portare interessi variabili dal 3,75 al 4,50 e forse più per cento, e le conseguenze sarebbero state tutt’altro che piacevoli per molte iniziative locali, il Governo ha sentito che era suo dovere rinunziare a sfruttare da solo i risparmi depositati alle Casse postali e affluenti alla Cassa Depositi e Prestiti, e ha deciso di ricorrere al mercato emettendo cartelle al 2,50 per cento ammortizzabili in 50 anni.
Poiché in qualche modo nuovi debiti dovevano farsi, ricorrendo al mercato, è meglio che sian fatti per conto dello Stato che degli enti locali. Noi vogliamo credere che non vi sia troppa difficoltà nell’ottenere l’assorbimento dei 15 milioni di lire di nuove cartelle all’anno. Il nostro consolidato 3,75% si conserva al disopra della pari ed è in sostanza un 3,50% differito, il quale anzi, a far bene i conti, frutta meno del 3,50%.
Il nuovo titolo dovrebbe essere assai ricercato dalle piccole borse desiderose di trovare impieghi sicuri. Circostanza la quale dovrebbe consigliare un piccolo mutamento al taglio dei titoli annunciati dal ministro. Invece di fare dei tagli piuttosto grossi (da quello di lire 500 si salta subito al taglio di lire 5000), sarebbe opportuno emettere anche titoli da 100 e 200 lire e non trascurare neppure quelli da mille.
Il nostro paese, insieme con la Francia e con la Svizzera, è uno di quelli in cui il Debito pubblico è maggiormente democratizzato, diffuso presso un ingente numero di portatori. È una buona e sana tendenza da incoraggiare; poiché, mentre è opportuno invitare i grossi capitali a correre le alee industriali e commerciali, è consigliabile offrire sovratutto mezzi sicuri di impiego alle piccole borse.
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Trascurando i provvedimenti sugli istituti di emissione, che sono una mera conseguenza della saggia legislazione passata, altri due punti meritano di essere posti in rilievo: l’accenno ai maggiori stanziamenti nel bilancio della guerra e l’elogio alla virtù di attendere del ministro delle finanze.
L’incertezza nell’attuale situazione internazionale, e le risultanze dell’inchiesta sull’esercito, giustificano ampiamente i sacrifici che si dovranno sopportare per rendere l’esercito, baluardo della patria, più saldo e vigoroso. A questa suprema necessità si inchinano anche i più rigidi finanzieri, e noi abbiamo la fiducia che, quando i danari siano impiegati bene, e quando tacciano desideri di altre spese d’ordine meno elevato, il rinvigorimento dell’esercito potrà essere ottenuto senza turbare l’equilibrio del bilancio.
Purtroppo l’elogio della «virtù di attendere» al ministro delle finanze, noi temiamo abbia ad essere, per anni parecchi, una pietra sepolcrale messa sui vasti disegni di riforma tributaria, accarezzati da molti e annunciati anche in parecchie più rosee esposizioni finanziarie degli anni ultimi. Abbiamo sciupato una magnifica occasione di compiere una benefica e possibile riforma, quando avevamo gli avanzi splendidi; e non si sa quando quella occasione si ripresenterà. Noi vorremmo però che in questi anni di virtuosa attesa il ministro delle finanze non trascurasse di compiere quelle piccole riforme che sono possibili e facili senza alcun pericolo della solidità del bilancio. L’anno scorso, in momenti di crisi economica, si compié una riduzione delle tasse sulle anticipazioni e sulle cambiali, di cui oggi l’on. Carcano loda gli effetti benefici per l’economia nazionale, e probabilmente anche per il fisco. Riforme consimili, di poco conto una per una, ma di grande peso nell’insieme, si possono ancora compiere nell’aspra selvaggia selva delle tasse di registro e bollo e in qualcuna delle gabelle. L’industria e il commercio ne troveranno giovamento non piccolo e il fisco ne avrà alla fine vantaggio rilevante.
Così, mentre si tutelano gli interessi supremi della patria e si aspetta il ritorno degli anni buoni si prepara la via a quella riforma tributaria più vasta che dovrà essere il compito della finanza del domani.