L’agitazione delle provincie contro il progetto sulle spese locali
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 22/02/1907
L’agitazione delle provincie contro il progetto sulle spese locali
«Corriere della sera», 22 febbraio1907
Le province italiane sono in grande agitazione, a causa delle proposte contenute nel disegno di legge per la graduale avocazione allo Stato delle spese contemplate dal famoso art. 272 della legge comunale e provinciale.
Come è noto, il disegno di legge darebbe alle provincie un beneficio complessivo di lire 2.423.509 all’anno, sgravandole gradualmente delle spese di mobilio per gli uffici e gli alloggi dei prefetti e dei sotto-prefetti, per le pensioni agli allievi ed alle allieve delle scuole normali e per gli effetti di casermaggio dei reali carabinieri. Gli amministratori provinciali, i quali avevano chiesto molto di più, sono assai malcontenti, ed espongono le loro lagnanze per bocca del comm. Vaccari, presidente della Deputazione di Modena in un memoriale diretto, a nome di tutte le provincie italiane, all’on. Giolitti.
In questo memoriale il Vaccari ricorda vecchie e nuove promesse, non mai mantenute, a suffragio della tesi che lo Stato deve avocare a sé, oltre le spese sopra indicate, anche le altre, di gran lunga più onerose, sostenute dalle provincie per l’affitto e la manutenzione degli appartamenti prefettizi e sottoprefettizi, degli uffici dei prefetti e dei sottoprefetti, per la locazione delle caserme, la provvista dell’acqua e pei Comandi di legione, divisione, compagnia e tenenza dei carabinieri. Ai Comuni, dice il Vaccari, si è fatta ragione per tutte le loro domande: perché invece si vuole lesinare alle provincie la giustizia che è loro dovuta? Non sono forse queste spese della stessa natura di quelle che lo Stato si dichiara disposto ed assumersi? Non vi è ragione perché lo Stato provveda il mobilio delle prefetture e delle sottoprefetture ed incarichi invece le provincie di pagarne i locali. Né si comprende perché lo Stato non voglia fare le spese dell’alloggio dei prefetti e dei sottoprefetti, quando costoro sono ufficiali governativi. Fra i primi uffici dello Stato vi è pur quello di assicurare la pubblica sicurezza, onde è che tutte le spese per l’accasermamento o casermaggio dei carabinieri è ragionevole vengano trasferite dal bilancio delle provincie a quello della nazione.
Il Governo potrà rispondere che, accollandosi anche queste spese, il suo sacrificio sarà non più di 2 milioni e 423 mila lire, sebbene di 8 milioni. Il che è incontestabile: ma non è una buona ragione per negare alle Provincie quella giustizia che si concede ai Comuni, e negarla alle Provincie, i cui bilanci sono assai meno elastici ed assai più dissestati dei bilanci di quei grandi Comuni a cui favore sovratutto il disegno di legge ridonderebbe. E qui il comm. Vaccari ricorda l’antica querela delle Provincie contro l’ingiusto sistema tributario che le opprime e le intisichisce: per cui unica fonte loro di reddito è la sovrimposta sui terreni e sui fabbricati.
Stato e Comuni attingono a cespiti diversissimi – ricchezza fondiaria, ricchezza mobiliare, affari, consumi. Le provincie invece debbono esclusivamente rivolgersi alla proprietà terriera ed edilizia per compiere funzioni le quali tornano a vantaggio di tutte le classi sociali, anche degli industriali, commercianti e professionisti, che invece alle provincie non pagano un centesimo.
Abbiamo voluto riassumere il memoriale delle provincie perché, mentre esso espone cose indubbiamente giuste e reclami fondati, dimostra altresì in quale ginepraio si è messo lo Stato, toccando la materia dei tributi locali a spizzico, senza un piano d’insieme. Sarà ben difficile resistere alle buone ragioni delle provincie: ma allora dove andrà a finire lo sgravio sui consumi tanto solennemente promesso dal Majorana?
Un consiglio poi osiamo dare alle Provincie: di abbandonare l’antipatica pretesa che lo Stato paghi loro il mobilio esistente degli uffici e degli alloggi dei prefetti e sottoprefetti. Si contentino che lo Stato provveda per l’avvenire a questa spesa e non chiedano il rimborso delle spese sostenute in passato! Un po’ di larghezza non sarebbe di troppo, tanto più che quei mobili, messi all’asta sarebbero venduti per assai poca moneta.