C’è una sola cosa da fare
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 10/08/1947
C’è una sola cosa da fare
«L’Illustrazione italiana», 10-17 agosto 1947
Purtroppo, nel problema della ricostruzione, è assai più agevole compilare un ampio programma ovverosia piano organico, di quel che non sia decidersi sulla cosa che occorre intraprendere per prima.
Ma la scelta fra il lungo e il corto, fra il piano ampio e compiuto e l’opera singola non è libera. Oggi, qui in Italia, il far grande vuol dire non fare, vuol dire disordine, vuol dire buttare denaro dalla finestra.
Oggi non si può fare se non una cosa sola. Immaginare di poter fare due cose nel tempo stesso vuol dire non conoscere quali sono le forze delle quali si può disporre. Se non fossi sicuro che coloro i quali propongono ed espongono un piano complesso e compiuto sono uomini amanti del paese, convinti della bontà delle proprie idee, direi che essi hanno lo scopo preciso di impedire di fare alcunché.
Invece mi limito a rimpiangere che non tutti gli amanti del pubblico bene non si siano ancora persuasi che oggi fa d’uopo opporre l’estremo argine contro l’irrompere delle acque le quali minacciano di sommergere il paese. Rimandiamo a domani la discussione sulle tante cose buone che si possono e si debbono fare e sulla scelta delle ottime tra le migliori. C’è uno scopo il quale si impone sopra tutti gli altri: salvare la lira. E la lira si salva solo mettendo ordine nel bilancio dello Stato.
Quanto frutteranno le imposte nell’esercizio prossimo 1947-1948? Cinquecento miliardi, comprese le imposte straordinarie, invece dei 300 circa sperati nel corrente esercizio? Quanto darà in aggiunta al Tesoro il mercato monetario, tra Buoni del Tesoro, prestiti varii, depositi in conto corrente presso il Tesoro? Altri 250 miliardi?
E siano 750, od anche 800 miliardi effettivi, su cui si possa fare assegnamento. Fa d’uopo, ad ogni costo, limitare gli sborsi del Tesoro, tutti gli sborsi: residui degli esercizi precedenti, spese correnti in conto competenza, rimborsi di debiti, ad 800 miliardi. Non un soldo di più. è una risoluzione semplice, chiara, la quale non lascia luogo a dubbi. è una risoluzione crudele, la quale ignora le angosce dei pensionati; degli impiegati con grave carico di famiglia, dei disoccupati; una risoluzione la quale ignora che i prezzi potranno seguitare ad aumentare, che per qualche tempo seguiteranno ad andare a fondo quelli che già affogano; la quale non tiene conto della necessità di distribuire le imposte meglio di quanto non si faccia con gli strumenti capaci di dare i 500 miliardi in modo grossolano ed oggi, piuttostoché 400 miliardi in modo più equo e domani.
La brutalità e la grossolanità del non spendere un soldo di più di quel che oggi possono dare imposte esatte con gli ordigni esistenti a forza di sciabolate a destra ed a sinistra e con il mercato monetario quale è, sono innegabili. Ma non c’è una buona alternativa. Se non si adotta la regola semplice chiara e brutale, l’alternativa è lo scivolio della lira ossia, nonostante qualunque programma sapiente, l’alternativa è più vasta disoccupazione, maggiori dolori per pensionati ed impiegati, maggior malcontento e maggiore odio fra uomo e uomo, fra classe e classe.
La scelta, oggi, è tra il fermarsi ad un certo punto, al punto in cui ci troviamo, non fare un passo più innanzi verso il precipizio ovvero cadere in fondo all’abisso. Siamo in tempo, in gran tempo prima di giungere al margine dell’abisso. Possiamo salvarci; possiamo dare un colpo di timone e mutare l’attuale paurosa psicologia di sfiducia in una psicologia che sia nuovamente ottimista.
Bisogna dare il colpo di timone; e questo lo può dare non la promessa, ma il fatto di dir di no a qualunque eccesso delle spese sulle entrate da imposte e da prestiti. Riserviamo la nostra giusta propensione, la nostra incomprimibile tendenza, ben naturale in un paese libero, a rissare a discutere, ad accapigliarsi l’un l’altro, riserviamola alla lotta sul chi deve giungere a salvarsi entro il limite infrangibile degli 800 miliardi di lire di spesa annua. Sono persuaso che i compiti veramente necessari dello Stato, che le provvidenze più urgenti a favore di coloro che stanno per affogare possono attuarsi anche entro quel limite. Ma sia chiaro che soltanto i veramente meritevoli e bisognosi resteranno entro il recinto.
Duro ma necessario. Altrimenti, resteremo tutti fuori; e mancherà la materia del discutere e del rissare. Nel caos non si discute e non si rissa; si affoga. Tutti, insieme.