Il progetto del ministero sulla riduzione del prezzo del sale
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 28/10/1902
Il progetto del ministero sulla riduzione del prezzo del sale
«La Stampa», 28 ottobre 1902
Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), Vol. I, Einaudi, Torino, 1959, pp. 512-514
Roma, 27, ore 20.
Ho potuto avere alcune notizie più precise sulla riforma che il ministero prepara a proposito del prezzo del sale. Vi ho già telegrafato, tempo fa, che il ministero pareva intenzionato a limitare questa riduzione ai poveri, e ad affidare la rivendita del sale a prezzo ridotto alle congregazioni di carità. Ora il progetto, che è stato meglio concretato di questi giorni, si inspira in genere al concetto di distribuire il sale a prezzo ridotto soltanto ai poveri. Ma si sono dovute lasciare da parte le congregazioni di carità, le quali non in tutti i comuni funzionano bene, e spesso mancano di locali adatti e sovratutto di personale pagato e volonteroso di sobbarcarsi alle nuove incombenze volute dal disegno di legge.
La distribuzione del sale si farebbe direttamente dai comuni. Il sindaco, od uno dei consiglieri a turno, sovraintenderebbe a questa faccenda. Il segretario terrebbe i conti, aggiungendo questa alle altre sue mansioni. Verrebbe compilato un ruolo degli abitanti poveri aventi diritto al sale a prezzo ridotto. Ogni persona inscritta su quel ruolo riceverebbe, pagando la somma relativa, un libretto di buoni, con i quali potrebbe recarsi dal magazziniere del sale e provvedersi a seconda dei suoi bisogni.
Secondo i suoi ideatori, il progetto presenterebbe il vantaggio di fare una differenza fra il sale venduto ai ricchi e quello venduto ai poveri; e, pur soddisfacendo ad un criterio di giustizia, di diminuire la perdita che lo stato soffrirebbe ove la riduzione fosse generale. Anche riducendo il prezzo pei poveri della metà, a 20 centesimi, la perdita dello stato si calcola che non potrebbe mai essere superiore a 15 milioni; e si ha speranza di tenersi al disotto di questa cifra.
Noi non vogliamo discutere a fondo la questione del sale, perché bisognerebbe anzitutto vedere se la gabella del sale sia proprio quella che per la prima debba essere toccata. Ci limiteremo ad alcune osservazioni specifiche alla riforma ideata dal ministero e che francamente, ci appare assai pericolosa e di esito dubbio.
Innanzi tutto con quale criterio si faranno i ruoli dei contribuenti poveri aventi diritto allo sgravio d’imposta? Non sembra inevitabile che i favoritismi, le parzialità abbiano buon giuoco e possano frustrare i benefici effetti della legge? Se si adotterà il criterio della notorietà, non potranno in molti comuni i partiti al potere inscrivere gli amici ed escludere gli avversari? Ognuno sa a quali eccessi trascendano spesso i partiti che traggono la loro forza da camarille locali o da gruppi di famiglie. Né è senza pericolo il fatto che in molti comuni, per amore di popolarità o per avere ligi gli elettori, si tenderà ad applicare con larghezza il criterio della povertà; sicché pare probabile che il preventivo della perdita fatto dal ministero debba poi in pratica venire superato.
Se si adotteranno – ad evitare favoritismi – criteri estrinseci per constatare l’esistenza della povertà; potrà darsi che quei criteri non includano molti casi di povertà e contemplino invece casi di agiatezza. Il non pagare imposte dirette od il pagarne meno di una certa cifra non basta a provare che il tale sia povero; i possessori di titoli al portatore informino.
Si aggiunga che sarà difficile impedire le frodi e le incette del sale a prezzo ridotto. Il portiere o l’inquilino inscritto nel ruolo dei poveri provvederà il sale per tutta la casa, pur di guadagnarci su qualcosa; ed anche se si metterà un massimo al consumo individuale, sarà sempre possibile creare teste di legno. Si darebbe un nuovo impulso alla fioritura delle teste di legno, a danno dell’erario dello stato.
Saranno molti gli operai ed i veramente poveri che avranno le 5 o le 10 lire necessarie per comprare il libretto dei buoni di sale? Oggi è possibile avere 20 centesimi per comprare mezzo chilogrammo di sale; domani che si dovessero tirar fuori d’un colpo somme relativamente grosse, c’è da scommettere che parecchie famiglie proletarie mangerebbero la polenta senza sale. Se poi si volesse consentire il pagamento a chili, si dovrebbe tenere una contabilità grandiosa e complicata.
Quello della contabilità è un altro grave difetto del disegno ministeriale. Non si vede il costrutto di caricare i comuni di nuove funzioni e di nuove spese. Chi le pagherà? E su chi andranno a cadere i fitti dei magazzini, ecc. ecc.? O non è forse un assurdo che nello stesso comune vi abbiano ad essere, accanto alle rivendite di sali e tabacchi, altri uffici incaricati di distribuire il sale?
In fondo, tutto questo progetto di ridurre il prezzo del sale per le classi povere e non per tutti, corrisponde ad un concetto antiquato delle imposte indirette. Tutti i tentativi fatti nel passato di proporzionare le imposte sui consumi alle fortune sono cadute nel vuoto. Bisognerebbe che i poveri portassero addosso una scritta che indicasse la loro condizione di povertà. Il che, oltre ad essere impossibile, sarebbe poco piacevole per i poveri medesimi. Una volta si obbligava la gente ad acquistare una data quantità di sale, variabile in proporzione alla fortuna. Adesso si vuole proporzionare il prezzo a norma della ricchezza. Entrambi sono criteri ridicoli di finanza. Se proprio si vuole fare un dono ai poveri, sarebbe meglio regalare qualche lira agli iscritti sui ruoli lasciando loro libertà di comprare il sale dove e come loro più talentasse. Almeno si risparmierebbero le spese di controllo e di magazzino; ed i beneficati saprebbero di aver ricevuto un’elemosina. Forse, se questo sapessero, la rifiuterebbero e chiederebbero qualche altra riforma, atta a servire di maggior giovamento allo sviluppo della ricchezza ed alla domanda di lavoro.