Il marco-rendita
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 26/10/1923
Il marco-rendita
«Corriere della Sera», 28 ottobre 1923
Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), vol.VII, Einaudi, Torino, 1963, pp. 425-428
Dopo essersi chiamati Bodenmark si chiamano ora Rentenmark, ma pare siano sostanzialmente la stessa cosa: marchi territoriali o marchi di rendita sarebbero marchi garantiti sulle terre, case, stabilimenti, aziende industriali e commerciali. La nuova banca emetterebbe 3.200 milioni di marchi rendita uguali al 4% del valore in oro della proprietà stabile, visibile tedesca. Se la moneta fosse buona in ragione della sua «garanzia», una prima ipoteca uguale al 4%, con un margine libero del 96% dovrebbe essere ultra sufficiente. Tanto più, partendo dalla teoria della garanzia, il nuovo marco rendita dovrebbe sembrare tetragono ai deprezzamenti, in quanto esso pare sia, se ho ben capito, permutabile a richiesta in buoni od obbligazioni fruttanti interesse, forse il 6%, del medesimo ammontare e viceversa.
Il meccanismo sarebbe cioè il seguente: l’impero accende a favore della Banca di rendita un’ipoteca uguale al 4% del valore oro di tutti i beni stabili della Germania. Valutando questi, ai valori prebellici, ad 80 miliardi di marchi oro, l’ipoteca è uguale a 3.200 milioni di marchi oro. La Banca di rendita emette 3.200 milioni di obbligazioni fondiarie ipotecarie fruttanti il 6%; e sulla garanzia di queste obbligazioni, che essa tiene in cassa, emette 3.200 milioni di biglietti detti marchi rendita. Pare siano chiamati così perché se è vero che essi direttamente non fruttano nulla, i portatori possono, volendo, farseli cambiare in quelle tali obbligazioni ipotecarie dette sopra, fruttifere del 6 per cento. Parimenti, chi possegga una obbligazione e voglia far danaro, può sempre portarla allo sportello e farsela cambiare alla pari in biglietti di marchi rendita. Come si vede, la garanzia dei portatori di biglietti in marchi rendita starebbe in ciò che essi possono in qualunque momento ottenerne il cambio in obbligazioni, fruttifere e garantite con prima ipoteca sulla ricchezza tangibile tedesca; e viceversa la liquidità delle obbligazioni sarebbe assicurata per essere convertibili a vista in biglietti di marchi rendita, che sono mezzo legale di pagamento.
Tutto ciò può funzionare benissimo, ma non per la ragione addotta, della «garanzia». La teoria della garanzia è uno dei più sottili tra i molti errori monetari.
Che qualunque garanzia anche la più solida, come la terra, non basti o non serva a nulla, fu dimostrato dalla lacrimevole esperienza degli «assegnati» emessi al tempo della rivoluzione francese. I giornali parigini hanno buon gioco a ricordare ora la dolorosa esperienza. Il governo rivoluzionario si era impadronito dei beni della chiesa e della nobiltà, e aveva ideato di far subito danari, emettendo biglietti od assegnati i quali non solo erano garantiti sui beni confiscati, detti nazionali, ma davano diritto ai portatori di rendersi acquistatori all’incanto dei beni medesimi, i quali potevano essere pagati in assegnati. Assegnati, da «assegno» od ordine ai funzionari di consegnare in piena proprietà i beni nazionali agli acquirenti. Che cosa ci poteva essere di più solido?
Le cose andarono bene finché di assegnati in giro ce ne furono pochi. Ma, appena il governo rivoluzionario per far danari, in mancanza di imposte, cominciò a far girare il torchio degli assegnati, questi cominciarono a scadere di pregio. Invece di 100 franchi, furono quotati a 90, a 50, a 20, a 10, ad 1, a 0,50. A questo punto il governo ruppe il torchio, dichiarò nulli gli assegnati; ed emise in luogo loro i «mandati territoriali», anch’essi assegni sui beni nazionali a vendere. Ma si ripeté la stessa storia; col crescere della loro quantità, svilivano; finché giunti a 48 miliardi (cifra allora vertiginosa), il governo dovette cessare ogni emissione, perché la gente non si chinava più neppure a raccattar per le strade i biglietti da mille o li adoperava per accendere i sigari.
La garanzia sui beni nazionali si palesò subito irrisoria; poiché, agli incanti, se bastavano 100.000 franchi di assegnati per comperare un fondo nazionale, finché di assegnati ce ne erano pochi, ne occorsero poi 500.000 od 1 milione, o 10 milioni a mano a mano che gli assegnati si moltiplicavano e svilivano.
Così sarà del nuovo marco tedesco. Il problema non è quello della garanzia. Terra, oro, titoli, merci è indifferente quale essa sia. Valgono tutte molto o poco a seconda della quantità dei biglietti emessi. A che giova che un biglietto sia garantito in oro, quando la banca non cambia i biglietti in oro? A che cosa vale la garanzia in terre, quando la banca non dà al presentatore dei biglietti una data superficie di terra, di tale situazione e bontà, ma dà un altro titolo, detto ipotecario? Oggi i biglietti si limitano a 3.200 milioni di marchi e valgono, forse, 3.200 milioni di marchi oro; ma se domani crescessero a 6, a 10, a 20 miliardi ecco il nuovo marco cadere a precipizio come l’antico.
La garanzia in terra ha una utilità: ed è di persuadere la popolazione, la quale ha ficcata nella testa l’idea che la terra o l’oro siano qualcosa di specialmente solido, ad accettare i nuovi marchi rendita. Se, per ipotesi assurda, la gente fosse persuasa della solidità della luna, si potrebbero emettere dei marchi luna; ed andrebbero avanti benissimo anche quelli, purché e finché fossero pochi.
Dunque la condizione necessaria affinché il nuovo sistema funzioni è che i marchi emessi non eccedano i 3.200 milioni ora emessi. Il che si potrà ottenere soltanto ad una condizione: che il governo tedesco metta ordine nelle sue finanze prima del giorno in cui saranno consumati da lui per le spese pubbliche i 1.200 milioni di marchi rendita che la nuova banca metterà a sua disposizione. Pare invero che dei 3.200 milioni, la nuova banca debba fare quest’uso: 2.000 milioni da consegnarsi al pubblico contro sconto di effetti, nei soliti modi bancari, e 1.200 milioni da consegnarsi a prestito al governo. I primi sono necessari per dare all’industria ed al commercio un immediato mezzo di pagamento; i secondi servono al governo per vivere durante i mesi occorrenti a mettere la casa in ordine. Riuscirà entro questi pochi mesi il governo tedesco a riordinare le sue finanze, a far pagare imposte sul serio a contribuenti disabituati da anni a pagare alcunché? Riuscirà a sopprimere, dopo il sussidio del pane, tutti gli altri sussidi grazie a cui tanta gente in Germania viveva finora a ufo? Riuscirà a ristabilire le paghe al livello antebellico?
Se sì, il marco rendita avrà adempiuto al suo ufficio, assai simile a quello dei 650 milioni di corone oro mutuate dagli stati europei all’Austria: rimettere il bilancio in pareggio. Se sì, alla fine del periodo transitorio, il bilancio tedesco, riparazioni comprese, vivrà da sé, senza ricorrere a nuove emissioni; ed agevolmente il marco rendita potrà trasformarsi in marchi oro.
Se no, se il bilancio tedesco sarà, consumati i 1.200 milioni, tuttora in disavanzo, bisognerà pure stampare altri marchi rendita e ricomincerà per i nuovi marchi il rotolio che condusse i vecchi marchi a precipizio. A nulla gioverà averli chiamati con un nuovo nome ed aver loro attribuito una garanzia ipotecaria sui beni dei privati, la quale esiste sempre, tacitamente, a favore dello stato. Lo stato non può, invero, far pagare imposte quante vuole e non hanno le imposte un privilegio su qualunque altro credito privato?