Opera Omnia Luigi Einaudi

Le novità tecniche degli ultimi decreti

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 09/04/1925

Le novità tecniche degli ultimi decreti

«Corriere della Sera», 9 aprile 1925

Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), vol. VIII, Einaudi, Torino, 1965, pp. 208-210

 

 

 

 

Esaminate dal punto di vista tecnico, le novità contenute nell’ultimo comunicato Stefani chiariscono quanto sia inestricabile il groviglio in cui era andato a cacciarsi il ministro delle finanze e dal quale è sperabile che l’intervento del presidente del consiglio lo abbia tratto.

 

 

Estensione ai contratti di vendita dell’obbligo del deposito prima limitato ai contratti di acquisto. Esempio caratteristico delle regolamentazioni consequenziarie a cui un primo decreto costringe. Appena si decretò che i compratori a termine dovessero versare subito una specie di cauzione del 25%, fra le altre obbiezioni si addusse questa: che in tal modo si favorivano i ribassisti-venditori, non obbligati a cauzione, contro i rialzisti compratori che devono versarla. Siccome l’obbiezione era giusta, viene ora il rimedio: anche i venditori devono depositare il 25% (gradualmente, ma in luglio ci arriveremo) dei titoli venduti. Il taccone è peggiore del buco. Se prima le borse non potevano funzionare per un verso, domani non funzioneranno per tutti e due i versi. Come se la caveranno gli operatori ad osservare la legge, con la molteplicità e l’incastro dei contratti, a termine, a premio, di acquisto, di vendita, succedentisi, a seconda delle vicende del mercato, gli uni agli altri nello stesso senso o nei due sensi, da parte di persone che, nove volte su dieci, non posseggono e non hanno nessuna intenzione di ritirare o di consegnare i titoli acquistati o venduti, è quasi impossibile immaginare? L’art. 4 fu fabbricato, con tutte le sue successive varianti, da chi evidentemente ritiene che i soli contratti seri siano i contratti a contanti o quelli a termine destinati a chiudersi con la effettiva consegna o ritiro dei titoli e del danaro; e reputa tutte le altre specie di contratti quasi una invenzione del diavolo.

 

 

Se è così, i decreti sono idonei allo scopo; ma sia ben chiaro che in tal caso i 60 ed i 45 agenti di cambio sono troppissimi e sarebbero bastati una mezza dozzina al massimo. Se le borse sono quello che sono, se devono aiutare l’incanalamento del risparmio verso le industrie, i contratti speculativi devono continuare ad essere i nove decimi dei contratti di borsa; e se le cose stanno così, l’articolo 4 ed i suoi amminicoli sono inapplicabili.

 

 

Ammissione di società in nome collettivo fra gli agenti esclusi dai primi due terzi. A Milano ed a Torino, per comprendere i 200 o 120 agenti che si volevano escludere, avrebbe bisognato costituire società in nome collettivo composte in media di 8 soci. Chi se le immagina? Se un agente di cambio è serio, non va a mettersi in società in nome collettivo, il che vuol dire con responsabilità illimitata e solidaria, con colleghi, di cui non sia assolutamente sicuro. Si fa presto a vedersi mangiato l’intiero patrimonio da poche operazioni di un socio un po’ avventato o poco scrupoloso! In società di questo genere entrerebbero gli agenti di tipo speculativo, che hanno in passato guadagnato in fretta il milione necessario per la cauzione e che non temono di avventurarlo in cerca di altri guadagni. Chissà mai quale concetto aveva il decretista di una società in nome collettivo per credere che ci potessero entrare persone curanti del proprio patrimonio! Società in nome collettivo ce ne sono molte; ma sono tra fratelli, tra amici intimi, tra persone che si conoscono a fondo. Vengono su dalla vita; non si improvvisano a tamburo battente. Forse, i giuristi troveranno qualche spediente per stipulare società che non siano tali. Ma, oltreché pericolose, valeva la pena di tanto baccano per stimolare a nuove finzioni?

 

 

Al lume dei fatti, si vede ora quanto sia stata esagerata la richiesta di un milione come cauzione degli agenti. Se ci fu un mese difficile per la liquidazione, quello fu marzo. Eppure non consta che in marzo, nonostante il tracollo dei valori e gli scarti fortissimi da pagare, sia saltato in Italia un solo agente di cambio. La esorbitante cauzione sarebbe dunque stata inutile. Forse sarebbe stata d’impaccio. Per non saltare o semplicemente per non fare brutta figura, il che può equivalere a saltare, l’agente è bene possegga mezzi liquidi, non cauzioni in titoli, vincolate, non utilizzabili se non dietro formalità e cautele. Tutto ciò che si metterà nella cauzione, sarà sottratto ai mezzi liquidi, disponibili per il giro degli affari. Cauzione adeguata sta bene; ma cauzione esorbitante pare debba avere questo solo risultato: che dietro all’agente di cambio starà il capitalista, il quale vorrà dividere gli utili o ricevere un interesse lautissimo, oltre al rimborso delle imposte di ricchezza mobile, complementare, ecc., che la pubblicità della cauzione farà capitare addosso all’agente. Insomma, i decreti sono come le ciliege: uno tira l’altro, ma gli ultimi sono peggiori dei primi.

 

 

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