Opera Omnia Luigi Einaudi

Verso l’orario delle tre ore nei pubblici uffici?

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 21/11/1920

Verso l’orario delle tre ore nei pubblici uffici?

«Corriere della Sera», 21[1] e 23[2] novembre 1920

Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), vol. V, Einaudi, Torino, 1961, pp. 919-922

 

 

 

I

 

L’orario unico pomeridiano del ministro Croce

 

Dunque, gli impiegati del ministero dell’istruzione pubblica non accettano l’orario unico che il ministro Croce e il consiglio d’amministrazione avevano fissato dalle 12,30 alle 19,30, in via di esperimento; e volevano invece stare in ufficio dalle 8,30 alle 15,30 e anzi andarsene alle 14,30. Pare che il consiglio dei ministri, prima di decidersi, voglia studiare l’argomento e abbia deciso di vietare qualsiasi esperimento innanzi che il consiglio abbia deliberato.

 

 

È un primo inizio di resistenza e noi ci auguriamo che gli studi siano fatti sul serio e che si giunga a conclusioni nettamente sfavorevoli. Poiché negli uffici pubblici regna l’anarchia, l’esperimento pare fosse incominciato in qualche amministrazione innanzi che il consiglio dei ministri l’avesse vietato; e gli effetti sono stati naturalmente disastrosi. La pretesa di lavorare dalle 8,30 alle 15,30 od alle 14,30 è una lustra. In realtà, in ufficio si giunge non prima delle 9 e alle 12 nessuno lavora più. Praticamente l’orario unico vorrà dire sostituzione del lavoro di tre ore al lavoro di sette, checché si dica nei comizi quotidiani che si tengono nei ministeri.

 

 

Nelle ore in cui il pubblico ha bisogno di trovare gli impiegati in ufficio, che sono ancora le ore pomeridiane, nessuno più ci sarà a riceverlo. In quelle in cui i ministri tornano ai ministeri dalle sedute del parlamento e devono conferire coi capiservizio, questi saranno soli, senza aiuto e perfino senza uscieri. Tutto ciò perché gli impiegati possano procurarsi nelle ore pomeridiane una seconda occupazione privata. Noi torniamo a ripetere: se il pretesto della rinnovata agitazione è l’aumento del prezzo dei biglietti del tram, lo stato rimborsi il biglietto a quelli che effettivamente hanno bisogno di andare in tram. Ma non si affermi un principio, il quale crescerebbe ancor più il costo di quei servizi pubblici che non sono già segnalati per l’alta resa e per tenuità di onere ai contribuenti.

 

 

II

 

Gli impiegati attuano l’orario unico mattutino contro il ministro Croce.

 

Come è noto, da vario tempo fra i funzionari dello stato si agita la grave questione dell’orario unico, questione che involge il delicato problema del funzionamento dei servizi statali. Tale agitazione si è, più forte che altrove, manifestata nel dicastero della pubblica istruzione, dove gli impiegati hanno diretto al ministro Croce un memorandum redatto in forma vivace, col quale lo informano di voler ricorrere ad ogni mezzo per applicare l’orario unico. Il consiglio dei ministri come è noto, esaminata la questione, dette incarico agli on. Croce, Labriola e Bonomi di studiare la possibilità dell’orario unico, e di esaminare le modificazioni all’orario vigente nelle pubbliche amministrazioni; decise inoltre che nessun esperimento di tale natura fosse iniziato nei ministeri senza che il gabinetto avesse preso decisioni collegiali.

 

 

Tale divieto era stato posto per dimostrare agli impiegati che il governo non intendeva assolutamente accettare le loro imposizioni; ed essi, di conseguenza, avrebbero dovuto attendere le decisioni della commissione interministeriale prima di abbandonarsi ad inconsulte agitazioni. Invece gli impiegati del ministero della pubblica istruzione stamane hanno attuato per unanime consenso l’orario unico recandosi in ufficio alle 8,30 ed uscendone alle 14,30.

 

 

Di tale atto di indisciplina erano stati informati gli impiegati delle altre amministrazioni, i quali verso le 14 si sono recati in piazza della Minerva per applaudire i loro colleghi. Sono accorse numerose guardie regie che hanno disciolto la dimostrazione.

 

 

Ora si attende di conoscere quale sarà l’atteggiamento del ministro Croce di fronte a questa aperta ferita recata al prestigio dell’autorità statale da parte di alcuni suoi funzionari.

 

 

I funzionari del ministro preposto all’educazione nazionale hanno deciso di passare, e sono passati, all’azione diretta contro il ministro ed il governo, rei di non avere immediatamente ceduto al loro ultimatum per la concessione dell’orario unico dalle 8,30 alle 14,30. La causa è cattiva: pessimo il modo scelto per difenderla. È immorale che l’esempio dell’indisciplina parta proprio da quel ministero che dovrebbe essere modello di austerità e di rispetto alle leggi ad una gioventù che nella capitale medesima, impedendo stamane fragorosamente ad un insigne filosofo di pronunziare il discorso inaugurale dell’anno accademico, non ha certo acquistato le simpatie di coloro i quali amerebbero fosse tenuta alta la dignità della scuola italiana. Impiegati della Minerva e studenti universitari scendono in basso imitando metodi che parevano un privilegio di coloro i quali alla persuasione vogliono sostituire la forza del pugno, alla parola l’urlo, alla votazione della maggioranza legale i colpi d’arma da fuoco. Giova sperare che il governo ed il ministro della pubblica istruzione non si lascino imporre un compromesso dalla piazza, ma tengano fermo alla soluzione comandata dall’interesse pubblico.

 

 

In fondo si tratta di decidere un punto essenziale: se cioè i servizi pubblici debbano essere organizzati nel modo conveniente a chi li fornisce, ovvero a chi li domanda. Oggi, gli estremi di tutte le specie pretendono far fare un grande progresso al mondo sostenendo la prima tesi: che gli interessati, ossia gli operai e impiegati, devono organizzare i servizi nel modo che ad essi fa più comodo. Orbene, bisogna opporre a questa l’altra tesi, che è la sola democratica, la sola giusta: comanda chi paga. Sono gli utenti, sono i contribuenti coloro che devono dire come e che cosa devono fare i produttori di un servizio. Solo così si producono cose utili e l’umanità progredisce. L’altro sistema, quello sindacalista, equivale all’antica tirannia. Cambiano i nomi, ma è proprio l’antica distinzione fra padroni e sudditi che tenta di sollevare il capo. Non bisogna avere nessuna simpatia e nessuna pietà verso queste nuove forme di antichi tramontati regimi.

 

 



[1] Con il titolo Verso l’orario delle tre ore nei pubblici uffici? [ndr].

[2] Con il titolo Servizi pubblici e indisciplina di impiegati [ndr].

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